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R Recensione

9/10

Johnny Cash

American IV: The Man Comes Around

Che sia un disco particolare si intuisce già dalla copertina: il volto di Cash, con gli occhi chiusi, inghiottito quasi per intero dal buio, sembra contemplare la propria esistenza nel presagio dell’imminente discesa della fine. Al primo ascolto, quell’intuizione si fa presto una certezza e ci si rende conto di trovarsi di fronte a qualcosa di più di un semplice sforzo artistico, qualcosa di simile a un testamento.

Un alone mistico lo attraversa in ogni singolo brano, dal primo, The Man Comes Around, il cui testo non a caso è tratto dalla bibbia, fino all’ultimo, We’ll Meet Again, dove c’è tutta l’ironia mista all’illusione dell’esperienza di un uomo, prima che di un musicista. Nel mezzo la voce di Cash disegna delle traiettorie di un’intensità a volte quasi insostenibile, come nel brano dei Nine Inch Nails, Hurt, che riesce a trasformare in una confessione a cuore aperto, altre volte tanto cruda da lasciare senza parole, come nella arida I’m So Lonesome I Could Cry dove la sua voce profonda s’intreccia con quella rigida di Nick Cave tra le nude note di una chitarra acustica.

È proprio la voce di Johnny Cash a dare un vigore straordinario ai brani di questo disco: alle sue creazioni originali (Give My Love To Rose, Tear Stained Letter, nonché la già citata title track) e a quelle cover uniche di autori tanto differenti tra loro, ma differenti soprattutto dall’immagine che inevitabilmente il nome di Johnny Cash si porta dietro. Di essa, in questo album, egli riesce meravigliosamente a liberarsi, dimostrando di essere un musicista totale, in grado di partire dal suo country e raggiungere il blues, il rock, il pop, e addirittura l’elettronica fino all’industrial (già parlato dei Nine Inch Nails, non si può evitare di citare la grande interpretazione di Personal Jesus dei Depeche Mode).

All’interno delle note del disco, Cash rivela come la musica invada costantemente la sua esistenza: essa è il suo universo e forse, in qualche modo, è l’espressione attraverso la quale egli riesce a sentire il proprio Dio. Di sicuro è il mezzo con cui, qui, comunica ai suoi simili, a tutti gli uomini, la sua religione autentica: un’armonia unica di sacralità e musica con cui vuole rivelarsi definitivamente, confessarsi profanamente a noi, senza tuttavia attendere alcuna redenzione, come consapevole che non saremmo stati in grado di rifiutargliela di fronte a tanta straziante sincerità.

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Voto degli utenti: 8,6/10 in media su 9 voti.
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nuvole13 10/10

C Commenti

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FrancescoB (ha votato 9 questo disco) alle 13:29 del 30 aprile 2010 ha scritto:

Fra i capolavori irrinunciabili dello scorso decennio. Cash da nonno decrepito dava ancora la paga a tutti, poco da fare.

ozzy(d) (ha votato 7 questo disco) alle 14:07 del 30 aprile 2010 ha scritto:

Oddio, se un disco di cover carino ma niente più è stato tra i capolavori irrinunciabili allora ha ragione chi dice che è stato un decennio di merda lol. Effetto Padre Pio!

FrancescoB (ha votato 9 questo disco) alle 20:46 del 4 maggio 2010 ha scritto:

Ma no, effetto DIO: l'effetto che Cash fa sempre a me.

Questo disco a mio modo di vedere è capolavoro, fra i tanti dello scorso decennio, ed è capolavoro autentico: cover o non cover che siano.