Peppe Voltarelli
Distratto ma però
Spesso e volentieri, per un musicista il passaggio dalla carriera all'interno di un gruppo abbastanza conosciuto alla produzione da solista è significato un regresso più o meno lento verso la banalità e, talvolta, anche verso l'anonimato. Ecco, Peppe Voltarelli è l'eccezione che conferma questa regola.
L'artista calabrese, senza dubbio "nato" musicalmente all'interno del Parto delle Nuvole Pesanti dove ha prodotto buoni album e ottime sonorità figlie della cultura calabrese, ha deciso di staccarsi dagli amici di un tempo per proseguire sulla sua strada; la strada di una carriera che con quest'album si dimostra ancora viva e vegeta.
Distratto ma però è un album per certi versi crudo, ruvido, in cui il sentimento dell’artista viene fuori in tutta la sua maestosità; una grande verve che in alcuni brani diventa soffice e dolce ma senza, per questo, perdere la sua vena di originalità e carica emotiva.
Nel suo primo album da solista, Peppe Voltarelli ha la possibilità di ospitare personaggi di rilievo del panorama artistico italiano, fra cui Alessandro Finazzo in arte Finaz, chitarrista della Bandabardò, Paolo Bruni detto Pau, frontman dei Negrita, Sergio Cammariere, famoso cantautore conterraneo di Peppe Voltarelli, Roy Paci, Giancarlo Cauteruccio, attore e regista.
I ritmi incalzanti ed i testi mai banali sono la caratteristica principale di Distratto ma però. Da quel che si può sentire in quest’album, Voltarelli in alcuni punti si lascia andare e ci racconta quello che aveva dentro da tempo ma che probabilmente non poteva esprimere all’interno del Pnp a causa dello stile del gruppo molto distante da questa vena ispirativa del cantante nato in provincia di Cosenza. Peppe sembra volere e in un certo senso mantenere un filo conduttore col passato continuando a scrivere testi dialettali ed utilizzando ancora gli strumenti tipicamente folk, su tutti la sua inseparabile fisarmonica. Allo stesso tempo, però, Peppe fa capire al pubblico che ha ancora delle idee in testa, probabilmente le migliori della sua vita artistica, fa capire che ha ancora molto da dire e da raccontare e che da solo può farlo molto meglio.
In alcuni tratti si sente un senso di rabbia, un grido istintivo, come nella title-track dell’album; è uno sfogo contro tutti e tutto, una voglia primitiva di urlare quello che si ha dentro. Al contrario, in altri punti si sente la dolcezza, la tenerezza delle ballate soavi come L’anima è vulata. Proseguendo nell’ascolto, mai noioso o banale, Peppe ci racconta i disagi e le disavventure della sua terra, l’emigrazione, le usanze e le tradizioni calabresi e, più generalmente, italiane. Un ulteriore tratto somatico dell’album è il tono di scherzo e di ironia presente in altre parti del disco.
Insomma, un ottimo lavoro di Peppe Voltarelli, capace di emozionare ancora il suo pubblico e di andare a fare concerti in giro per l’Italia senza il bisogno di dover riprendere le canzoni del Pnp per esaltare tutti coloro che lo vanno ad ascoltare. Se anche i primi tempi la gente gli chiedeva i classici del passato, lui imperterrito continuava a raccontare degli Italiani superstar o del Turismo in quantità e, così facendo, ha fatto sì che il pubblico apprezzasse le sue composizioni e non che si andasse ai suoi concerti per un semplice “senso di riconoscenza”. Ed è giusto così, perché la sua musica merita le giuste attenzioni.
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