Il Parto delle Nuvole Pesanti
Che Aria Tira
Sono ormai quasi venti gli anni di carriera per la band calabro emiliana, venti anni fatti non solo di musica, ma anche di teatro e di cinema (con tanto di nomination al David di Donatello per il brano Onda Calabra, presente nella colonna sonora del film Qualunquemente di Antonio Albanese). E soprattutto fatti di concerti in giro per il mondo, di incontri, di scambi culturali e di contaminazioni, materia prima di cui vive la musica de Il Parto delle Nuvole Pesanti (Salvatore De Siena voce e chitarra, Amerigo Sirianni chitarre, mandolino e voci, Mimmo Crudo basso, Antonio Rimedio fisarmonica e fiati).
Ed anche in questo nuovo lavoro, in uscita il 26 marzo, ritroviamo la voglia di contaminare linguaggi tradizionali e popolari, di raccontare popoli che si incontrano, come nella storia di Alì Ochalì (condottiero ottomano di origine calabrese che combatté per liberare la Calabria dalla dominazione spagnola) un brano dal ritmo incalzante sostenuto da fiati e chitarre, che passa dal folk ad un vago sapore di jazz manuche, in cui spicca la voce della cantante turca Canceli Basak. Culture che si contaminano, mischiando parole, lingue e suoni.
Sempre attenti a quanto succede nel mondo, e con una spiccata sensibilità ambientalista, anche questa volta i ragazzi de Il Parto delle Nuvole Pesanti raccontano quelli che si possono considerare veri e propri crimini contro lambiente, e quindi contro chi in quellambiente ci vive. Così La nave dei veleni (ispirato dal libro Navi a perdere di Carlo Lucarelli) denuncia come le mafie siano riuscite a trarre profitto anche dai rifiuti inquinando e devastando lambiente. Un brano tra folk e canzone dautore dalla costruzione perfetta, che si chiude con unaria di derivazione folk greca. LItalia dei veleni è poi dipinta con lucidità e ironia, e senza retorica, in Crotone, una filastrocca ambientalista che ci ricorda quanto anche lindustria abbia distrutto lambiente, dallamianto di Casale Monferrato allacciaio di Taranto, da Bagnoli a Crotone, facendosi spesso scudo col ricatto lavoro contro salute. Arrivando quindi anche al tema della sicurezza sul lavoro trattato in Ho visto gente lavorare, dove viene evocato lincendio in fabbrica della ThyssenKrupp (sette corpi che bruciano). Un tema, quello della sicurezza sul lavoro, spesso dimenticato, come pure quello della condizione carceraria, trattato con grande delicatezza in Vita detenuta, una ballata cantautorale su un tema irrisolto e spesso rimosso del nostro paese (sono un semplice rifiuto, siamo in troppi, qui la pena è già linferno, condannati al carcere in eterno) la cui unica soluzione appare spesso il suicidio.
Ma larma vincente del Parto come sempre è lironia dei testi accoppiata allallegria contagiosa della musica. Esempi evidenti in tal senso, i due brani più riusciti del disco: Che aria tira, un folk scatenato in cui si rincorrono fatti, nomi, cose e personaggi della nostra società (crisi economica e spread, Monti e Balotelli, decupage e ipod, viagra e cocaina, mafia e ndrangheta,) e La poltrona, un folk tradizionale suonato come se si fosse in una festa di paese, e un testo ironico sulla mala politica fatta di trasformismo e attaccamento al potere e alla poltrona, in contrasto alla poltrona dei lavoratori, oggi più che mai mobile e instabile.
Una band con le radici ben salde nella tradizione (splendido il folk di Vento di scirocco con le sue fisarmoniche e tamburelli) ma che non ha paura di aprirsi al nuovo, cercando di unire ai suoni di matrice folk la musica elettronica. Ci riesce molto bene in almeno due brani, il già citato Crotone, filastrocca elettro folk, e Qualcuno mi ha detto, dove su una base elettronica troviamo un cantato quasi slow rap. Una musica infine sempre gioiosa fatta di fisarmoniche, chitarre, tamburelli, mandolini e fiati, allegra, vivace e coinvolgente, con testi che sanno trattare temi forti senza banalità e retorica.
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