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R Recensione

6,5/10

The War on Drugs

A Deeper Understanding

Pochi dischi hanno messo d’accordo tutti negli ultimi anni come Lost In The Dream dei War On Drugs del 2014. Un plebiscito di consensi che non si registrava da tempo, per un lavoro capace di accontentare sia gli inguaribili aficionados del rock-con-le-chitarre, sia chi predilige sonorità più in linea coi tempi. Tale lavoro infatti dava linfa nuova al classico roots-rock americano (Dylan, Tom Petty, Springsteen i numi tutelari), dilatandone le atmosfere con iniezioni di synth, neo-psichedelia e persino certi sax alla Destroyer.

Adam Granduciel si è cosi preso una grande rivincita, dopo essere stato piantato in asso a suo tempo dal vecchio sodale Kurt Vile, trovando come unica nota dolente gli strali del sempre più misogino Mark Kozelek, che ha dedicato alla sua band un chiacchieratissimo dissing, degno più dei giovani virgulti rap che di uno dei massimi cantautori in attività.

Parafrasando il motto calcistico “Sound che vince non si tocca”, il sosia americano di Rosario Muniz si ripresenta a tre anni di distanza, forte di un sontuoso contratto coi tipi dell’Atlantic. Giusto per dare ragione all’alacre Kozelek, che ironizzò anche su quanto fossero parchi i WOD nelle loro uscite discografiche, con un lavoro che riprende in pieno il discorso del disco precedente; dunque, la consueta miscellanea di heart-land rock vibrante ed evocativo e ballate atmosferiche intrise di sognanti echi eighties. Più numerosi i secondi episodi a dirla tutta, anche se in tale esercizio solo “Strangest Thing” ci pare all’altezza della fama del suo autore. Le varie “Knocked Down”, “Clean Living” e la conclusiva “You Don’t Have To Go” ci appaiono un po’ troppo melense per lasciare davvero il segno.

Chi invece di “Lost In The Dream” aveva apprezzato gli episodi più spiccatamente rock non avrà trovato quei traccianti alla “Red Eyes o “Burning che illuminavano il disco precedente. “In Chains e “Up All Night  ammiccano un po’ troppo al canovaccio da stadio di marca U2-Coldplay, mentre Nothing To Find” perfeziona il connubio Springsteen-Petty: ritmo e tastiere alla E-Street Band del primo, chitarre squillanti e voce languida del secondo.

Il cuore di “A Deeper Understanding” dovrebbe essere rappresentato dall’estenuante tour de force di “Thinking Of A Place”, undici minuti di saliscendi emotivi, tra impennate chitarristiche e stasi dreamy, che provano a canonizzare una volta per tutte lo stile della band, senza però toccare le vette della magistrale Under The Pressure”. L’apice della raccolta ci pare invece la meno magniloquente Pain”, inframmezzata da alcuni assoli narcolettici che ricordano quelli della “Like A Hurricane” di Neil Young, non a caso suonata dalla band in un recente concerto a Toronto per omaggiare il vecchio leone dell’Ontario. Chissà che ne pensa Mark Kozelek, che in ogni disco infila sempre un paio di neilyoungate…

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Voto degli utenti: 6,8/10 in media su 4 voti.
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C Commenti

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Cas (ha votato 6 questo disco) alle 19:41 del 22 dicembre 2017 ha scritto:

Peccato, per me è noia...

FrancescoB (ha votato 7 questo disco) alle 8:53 del 23 dicembre 2017 ha scritto:

A me piace molto invece, anche se risulta un filo più monotono e meno brillante rispetto alle opere precedenti. Ma ecco qualche brano vale abbondantemente il prezzo del biglietto.

nebraska82 (ha votato 7 questo disco) alle 13:42 del 23 dicembre 2017 ha scritto:

Anche per me è sostanzialmente promosso. E' il disco con cui si sono dovuti un po' sistemare, confermando e ampliando il consenso di "LOID" e sono andati sul sicuro. "Thinking of a place" è stupenda.