Tame Impala
Innerspeaker
Il meccanismo della nuova sensazione del panorama musicale alternative è ciclico e ripetitivo.
Dal garage con furore, fuoriesce una delle tante band che popolano il pianeta terra, ormai stanchi delle continue minacce isteriche del vicinato; suonano in giro, la gente mormora, NME li sbatte in copertina come agnellini spaesati in pasto al lupo cattivo delle masse, tizio del famoso gruppo X (in questo caso lo spocchioso Noel Gallagher) dichiara che Y è il suo gruppo preferito del momento, i fan prendono come testo sacro i gusti del proprio idolo capriccioso, e lingranaggio arrugginito sinnesca, mitigando i cigolii con una bella dose di passaggi radiofonici e televisivi.
Ovviamente, i Tame Impala non sfuggono da questo mostro divoratore che utilizza lindie come stuzzicadenti per togliersi i residui di band scialbe fra le gengive.
Questo trio australiano dal nome improponibile, a seguito di un filotto di ottimi EP, esordisce in questi giorni con Innerspeaker, collezione di 11 brani che mescolano rock di matrice 70s, atmosfere venate di elettronica lieve ed ovattata di echi shoegaze, processate al gusto e tatto melodico beatlesiano.
Freschi di una forte originalità composta da intarsi chitarristici di chiara matrice hard rock, immersi nelle acque violacee della psichedelia dimpronta Summer Of Love, e synth che irrompono i cieli variopinti di arcobaleni sonori con sforbiciate di sporcizia e riverbero shoegaze, i tre ragazzini si divertono come bambini (età media 20 anni) al giochino dei rimandi, pur risultando freschi ed innovativi. Come nella trascinante Alter Ego e nei cerchi concentrici e vertiginosi di Make Up Your Mind, in Solitude Is Bliss dove i Beatles si scontrano frontalmente con gli Uriah Heep, o nel viaggio siderale Runway Houses City Clouds con aperture chitarristiche pinkfloydiane che deflagrano su ritmiche sostenute e synth acidi, implodendo in una coda dilatata e narcolettica.
No, non siamo su Pitchfork, e tantomeno in testa campeggiano le tre lettere sacre del fare rock nel nuovo millennio, ma i Tame Impala sono una band da tenere sotto stretto controllo, che lo dica il sottoscritto, Simon Reynolds o Pippo Franco.
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