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R Recensione

7,5/10

The Amazing

Picture You

Gli Svedesi Amazing nascono dalle costole di due gruppi, i Granada e i Dungen, in voga tra la fine degli anni novanta e il primo decennio del duemila; il leader è  Christoffer Gunrup, è lui infatti a scrivere i pezzi oltre a suonare la chitarra e cantare. Poi troviamo Reine Fiske (fondatore della band) e  Fredrik Swahn sempre alla chitarra e alle tastiere, Alexis Benson al basso e Moussa Fadera alla batteria.

Picture you, terzo album dopo l'omonimo del 2009 e "Gentle Stream" del 2011, è un lavoro eclettico e poliedrico, difficile da inquadrare in un genere preciso in quanto spazia tra sonorità prog-rock, dream pop, jazz e psichedeliche anni settanta, anche se quest'ultima definizione non piace molto a Gunrup, il quale in diverse interviste ha tenuto a precisare che la loro musica non guarda troppo al passato ma è un’opera che trova ispirazione soprattutto nel contemporaneo.

Il sound è affascinante e malinconico, le tastiere dipingono scenari dreamy, ma sono le chitarre ad essere le vere protagoniste intrecciandosi tra innumerevoli riff vorticosi. La voce sommessa e a tratti straziante di Gunrup e la contro-voce femminile di Alexis Benson coronano un lavoro particolarmente ispirato.

Le contaminazioni sono davvero tante, dai Woods ai Midlake, per citare band odierne, mentre, per rifarsi al passato, i nostri hanno certamente tratto ispirazione da mostri sacri come Nick Drake e i Pink Floyd; la lista potrebbe essere ancora più lunga.

Si parte con un pezzo dal forte impatto sonoro, in "Broken", che dopo un intro alla Cure di "Bloodflowers"  si assesta su melodie dream pop alla Beach House.

Segue Picture you, poetica ed elegante con le sue chitarrine pop a disegnare scenari visionari, e con una coda strumentale dai tratti folk per un brano dalla durata superiore ai nove minuti.

Dolce e delicata è "Circles", tra i pezzi pi belli dell’album, con la voce di Gunrup che ricorda quella dell'ex leader dei Midalke, Tim Smith.

Un sound armonioso e raffinato alla Papercuts di Fading Parade caratterizza Safe island  mentre più eterea e meditativa, in stile My Bloody Valentine, è To keep it going, dove Gunrup ripete per tutta la durata del pezzo, quasi come un mantra, il titolo “per andare avanti” riuscendo ad evocare l’incedere lento e maestoso di un fiume con il suo carico di vita nascosto all’interno.  

"Picture You" è un lavoro ambizioso e complesso, un perfetto mix di sonorità moderne e retrò. Gli Amazing sono riusciti nell'intento di amalgamare influenze e generi molto diversi tra loro in modo originale ed equilibrato, attraverso un perfetto gioco di pesi e contrappesi sonori.

Stiamo parlando di una band che dimostra di aver raggiunto una maturità e una padronanza dei propri mezzi fuori dal comune. Uno tra i momenti più alti si raggiunge con "In Frishtank" dove i nostri esprimono tutta la loro potenzialità attraverso una maggiore libertà compositiva, simile per molti aspetti a quella dei Tame Impala. Si parte con sprazzi funk per  poi cambiare pelle e virare su musicalità folk e psichedeliche anni settanta e terminare con un assolo notevole di rock progressivo.

Altro momento apicale dell'album si raggiunge con Captured Light che attraverso melodie ariose e solari per la prima parte e più intimiste e  introspettive per la seconda danno vita ad un brano unico per originalità e intensità.

Curioso è  il modo in cui nato il nome della band; durante le loro prime prove il chitarrista Reine Fiske, amante del prog rock anni '70 quasi per scherzo esclamò, "The Amazing, 1969." in quanto aveva immaginato il gruppo che partecipava ad uno di quei festival sconosciuti in voga sopratutto in Inghilterra alla fine degli anni sessanta.

Chiudo con una divagazione: la mia città in questi giorni è tappezzata di manifesti del tour degli Afterhours “Io so chi sono” (ricordo con nostalgia un concerto nel lontano '96 dell’album “Germi”, e a vederli, in una calda serata di agosto, eravamo al massimo una ventina persone, ma cazzo che concerto!), ebbene ora che sono alla soglia dei fatidici quarant'anni continuo a chiedermi quanto davvero conosca me stesso nel profondo, ancora pieno come sono di dubbi e incertezze. Ebbene "Picture You", così genuino e viscerale, riesce, anche solo per la durata dell'ascolto, a mitigare queste sensazioni e a far dissolvere tutte le ombre interiori.

Ascoltare per credere.

V Voti

Voto degli utenti: 7,4/10 in media su 7 voti.
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Cas 8/10
loson 7,5/10
cnmarcy 6,5/10
B-B-B 7,5/10
Lelling 7,5/10

C Commenti

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Cas (ha votato 8 questo disco) alle 16:56 del 12 luglio 2015 ha scritto:

Disco bellissimo. Un mix tra i Real Estate (nei ricami ariosi e circolari di chitarra) e i Sun Kil Moon (le suite a flusso, le ampie vedute, la malinconia imperante). Bella proposta Marco.

Utente non più registrato alle 18:17 del 12 luglio 2015 ha scritto:

Il chitarrista Reine Fiske oltre ai Dungen, ha dato il suo apporto ad altre Prog band come Landberk, Morte Macabre,

Paatos, nel terzo degli Elephant9 di Ståle Storløkken e recentemente ai Motorpsycho ritrovando Storløkken.

loson (ha votato 7,5 questo disco) alle 20:11 del 12 luglio 2015 ha scritto:

Dei Landberk quale mi consigli, Indian Summer?

Utente non più registrato alle 21:21 del 12 luglio 2015 ha scritto:

Lonely Land, One Man Tell's Another (per me il migliore) e Indian Summer.

loson (ha votato 7,5 questo disco) alle 17:28 del 13 luglio 2015 ha scritto:

Allora mi procuro questi tre, grazie della dritta.

Utente non più registrato alle 13:37 del 15 luglio 2015 ha scritto:

Prego, è un piacere...

loson (ha votato 7,5 questo disco) alle 20:10 del 12 luglio 2015 ha scritto:

Sognante ma non per questo sigillato nel corpo etereo del dream-pop, il suono della band si srotola pigro e dolcissimo, abitando stanze (progressive, psichedelia '80s) non molto frequentate e, in quelle poche occasioni, troppo spesso destinate ad uso improprio. Chiarissimo il discorso fin dall'incipit Broken con la sua apertura di tastiere e lo stupefacente rondò folk-rock a tre chitarre (tra cui un'elettrica col wha-wha ad inspessire la componente hard del tema trainante), fino ai due minuti finali di intrecci vocali alla moviola. A queste canzoni serve tempo per svelarsi, commmuoverci nello stupore della ripetizione (i nove minuti della Title Track, l'angelico girotondo Circles), prendere vita davanti ai nostri occhi con una semplicità che ha del miracoloso (il pastoral-jazz To Keep It Going, cantato con un filo di voce e annesso fiorire di mellotron), impreziosire l'esistenza di ciascuno di noi grazie a una ballata acustica come non se ne sentivano da tempo (The Headless Boy), inondarci di jangle-rock in odor di The Church (Tell Them You Can't Leave). Quando all'orizzonte appare il miraggio di un groove (Fryshusfunk) e ci si trastulla in un gentile dondolìo da soul favolistico e Farfisa spaccacuori, ciò che prima sembrava gioviale sorriso si tramuta, nel finalone, in ghigno malefico. Non che il trucco riesca sempre: la cosa che più assomiglia a una jam (Captured Light) si propone di tratteggiare l'excursus dei Pink Floyd da Careful With That Axe, Eugene a Echoes in otto minuti, ed è un'impresa disperata. Eppure, se c'è un elemento a non difettare mai - neppure nel fallimento - questo è la personalità dei musicisti: l'interplay non è mai statico e così lo svolgersi dei pezzi, raramente avaro di sorprese o soluzioni inaspettate.