Shearwater
Jet Plane and Oxbow
Sensibilità ed emotività lontane dal materialismo americano, quelle di Jonathan Meiburg. In questo senso, la trilogia Palo Santo, Rook, The Golden Archipelago degli Shearwater rappresentava un elogio alla natura e al sentimento; dischi di climax spirituali, simbolismo e scontro con la società e le sue patologie. È stato, il trittico, uno dei momenti più alti per lindie (folk, rock?) americano anni 0.
Animal Joy, 2012, variava l'assetto entro i solchi di un rock distinto, sempre prossimo allessenza: natura e vita selvaggia, anche lì; con risultati, però, meno significativi.
Oggi, con più consapevolezza di questo scarto, rilasciano Jet Plane and Oxbow. Ed è subito critica (Its definitely a protest record, but its not a bleak one): Quiet Americans, di beat in 4/4, effettaggi e scintille electro, cascate cromatiche di contrappunto al buio dominante. È un crescendo, nel ritornello, da brividi (all calling on their own tonight / filling the remaining hours / the only sound are the bells upon the hill / the only light are the lanterns in the wind / the only sight skims the rust off the rails). Considerando la opener Prime e, appunto, Quiet Americans si potrebbe pensare al disco quale svolta electro degli Shearwater. In realtà i texani provano a dire le stesse cose di sempre, però arricchendo il sound dinfluenze non solo synth pop, ma anche pop rock '80s, psichedeliche (Wildfire in America, so The War On Drugs) e di derivazione indie rock su bordi mainstream A Long Time Away, Arcade Fire altezza "The Suburbs"; la ballata (in odore arena) Only Child.
Oltre a replicare, in parte, limpatto nel sound (i groove di basso/batteria di Filaments; Glass Bones) proprio di Animal Joy gli Shearwater scelgono di dettagliare ancor di più i brani rispetto al passato, sia per arrangiamento sia per produzione. Una produzione volutamente 80s, nelle intenzioni di Meiburg: pre-digitale, quindi, sebbene non priva di ancoraggi alla contemporaneità. A scapito, va detto, di quella spontaneità estetica degli esordi ai limiti della commozione.
La sensazione, almeno nella sezione centrale, è di girare parecchio a vuoto Filaments, Pale Kings, Glass Bones. Il tutto è controbilanciato sufficientemente da gemme sparse qua e là (Quiet Americans", lo sbocciare della chitarra in Backchannels, i pattern kraut di Radio Silence), è da un Meiburg in stato di grazia (Backchannels, su tutte) in alcune occasioni.
Maturi, potenzialmente, i tempi per un disco di questi suoni e tematiche, gli Shearwater sembrano aver perso la bussola e il tratto che stagliava la loro proposta. Appagante, sicuramente, in alcuni momenti sparsi, "Jet Plane and Oxbow" non fa che accrescere una certa nostalgia per i tempi della loro trilogia.
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