Melody's Echo Chamber
Melody's Echo Chamber
Inserita da Stereogum, Melody Prochet, in un listone orientativo comprendente i migliori (quaranta artisti) emergenti dell’anno in corso. Recentemente Vogue la "consacra" Artist of the Week, e Pitchfork è stato da par suo accomodante, pur senza innesco eccessivo, nel lanciarla. Tour coi Raveonettes che sta per concludersi, plauso di Flying Lotus via social network; e Kevin Parker (<<I just needed someone to destroy my roots and put it back together>>) dei Tame Impala sinceramente impressionato della bella francese (di stanza a Parigi), catapultata negli studi australiani, presso Perth, per la produzione di un primo disco, a nome Melody’s Echo Chamber.
Cresciuta ed educata musicalmente (gli studi classici, e il tessuto familiare) in Provenza, l’ultima promessa della Fat Possum offre, in buona sostanza, un dream pop atipico, fluido nello smarcarsi, ipnotico, da una categorizzazione precisa. Pop nel tratto, lisergico per fughe psichedeliche (Red Krayola) su strutture stratificate e reiterate, via beats/ritmiche cromatiche a corredo di scintillanti effetti in riverbero e fuzz (Superfurry Animals nelle rincorse spaziali, e Stereolab); su bordi shoegaze, insomma. E a volte oltre.
Sicché c'è del Flaming Lips ad aleggiare, benché sia un sagace, quanto fortemente estetico impianto indie pop (dei giorni nostri) a garantirne la resa easy listening; e poi, per la Prophet, “Innerspeaker” dal quale attingere in libertà in fase compositiva, ovviamente, ma anche pesca a piene mani entro certo psych folk-rock etnico (turco, nel caso: Selda Bağcan).
Alone nostalgico/ipnagogico ad avvolgere per intero le melodie, e una voce come velluto ad arricchire lo spettro sensibile. “I Follow You”, assieme a “Cristalized” è apertura radiosa, tanto nel crespo, e ovattato insieme, armonizzarsi pop, quanto per maturità melodica esposta; "Bisou Magique" sta al gioco electro pop nell’inceppo policromatico dei synth (ascoltate “Quand Vas Tu Rentrer?” a questo proposito). Gli Spiritualized (non dell’"album pop", “Sweet Heart Sweet Light”) comunicano a distanza attraverso certi approdi di space liquido, veicolati su ritmica sghemba (“Mount Hopeless”, “Snowcapped Andes Crash”), sostenuta, e nelle rifiniture di un basso rotondo, ad esaltare il lavoro sulle keyboards (“Endless Shore”, davvero 80s). Riff di chitarra graffiante, melodia con sfuggenti ammiccamenti orientali, ritmica (il duo basso batteria) cadenzata - perché no, gli echi post punk: “Some Time Alone, Alone” spicca in questo primo Lp del progetto Melody’s Echo Chamber.
Poco a perdersi nelle pieghe del superfluo (giusto le bizzarrie in reverse tape di “Is That What You Said”): col risultato di un lavoro già rilevante per sound messo in luce. Buona la prima, Melody.
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