Wymond Miles
Cut Yourself Free
Dopo un debutto di pop psichedelico e un po' jangle dal sapore '80 Wymond Miles torna con un disco, ehm, degli Interpol. Sempre per Sacred Bones, il chitarrista dei The Fresh & Onlys gioca con lo sconfinato repertorio post punk in coloriture nere e attitudini teatrali, cadendo, tra qualche buon pezzo, nel difetto di suonare non solo come molti altri (pazienza), ma esattamente come molti altri. E così Passion Plays, singolo di traino, sarebbe pure un buon brano se qualcuno non lo avesse già registrato dieci anni fa con il titolo Obstacle 1. Non uninezia.
Di suo Miles ci mette una propensione vocale quasi glam, spesso sopra le righe. A tratti riemerge Billy MacKenzie (The Ascension, pure molto Interpol, "Love Will Rise"), a tratti lo spessore dark wave delle tastiere, unito a questo goticismo da dramma, deborda in un sentimentalismo sfacciato, come nelle scale melodiche di Night Drives. Ma sono sempre gli intrecci in stile Banks/Kessler a tornare prepotenti, qua meglio (Anniversary Song), là peggio (Why Are You Afraid).
Dove esplora altri territori il disco appare molto tirato via, con pezzi che sembrano rimasti alla versione demo (White Nights) o con strumentali sconclusionati (Bronze Patina). A sé, in mezzo, la ballata di Vacant Eyes, come un blues desertico virato dark, a dare limpressione che una sua strada Wymond Miles potrà trovarla. Until then.
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