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R Recensione

7,5/10

Django Django

Glowing in the dark

Una band che, a volerla dire proprio tutta, raramente è stata in grado di provocare disappunto negli ultimi dieci anni, è sicuramente quella dei Django Django. Il gruppo, nato a Londra ormai nel 2009, e formato da David McLean alle percussioni, Vincent Neff alla chitarra e voce, Jimmy Dixon al basso e voce e Tommy Grace al synth, nel 2012 seppe regalarci un meraviglioso album di esordio, l'omonimo Django Django. Dopo Marble Skies, un album per il quale sento personalmente il dovere di allontanarmi dalla maggior parte della critica, che lo ha cassato piuttosto scioccamente come momento di maggese del quartetto art-rock, il gruppo, dicevo, ritorna quest anno con una sorpresa che lascerà interdetti in pochi. Glowing in the dark, titolo che segue, per immagine, un filone tenebroso che è stato già  percorso da gruppi che condividono un certo albero genealogico con i Django Django, ovvero gli MGMT di Little dark age e i Peter Bjorn & John di Darker days, MGTM che peraltro, realizzano un goduriosissimo remix della prima traccia del disco, Spirals.

Chi non ha amato Marble Skies probabilmente non apprezzerà nemmeno questo Glowing in the Dark, perchè la via, pur rimanendo di fatto sostenuta principalmente da David McLean, ha trovato negli anni in Tommy Grace un architetto fondamentale (lo evidenzia la title track, brano quasi esclusivamente elettronico se non addirittura dance, che da l'effetto di un neon pulsante in una stanza buia). Sempre più infatti, dall'esordio del 2012, i Django Django hanno unito al loro carattere art-rock di fondamento innesti che vanno dalla psichedelia, al synth-pop fine Settanta-inizio Ottanta e piùin generale a quel mondo new wave (evidentissimo in Kick the Devil Out o in Hold Fast, che sarebbero benissimo potute uscire nel 1980), con una particolare verve elettronica che adesso rintocca, forse con toni anche meno acerbi che in passato.

La scrittura sempre corale dei Django Django ha visto questo lavoro virare verso l'elettronica come una sorpresa per gli stessi componenti del quartetto, che relegano di fatto la parte acustica, più preponderante nel primo album, a una traccia totalmente folk come The World Will Turn, la quale infatti risulta in Glowing in the dark come un hapax.  E' evidente invece che l'intervento di Grace sia stato per tutto l'album a dir poco pervasivo, fin da Spirals, che mi ha quasi ricordato Audio, video, disco dei Justice, per i suoi prepotenti crescendo e per tutte le funzioni seno e coseno, talvolta velocissime, con cui Grace riesce tramite il synth a creare il suo effetto spirale. Non si abbandona facilmente questa tendenza alla velocità e al ritmo, non almeno nella successiva Right the Wrongs (similmente Headrush), in cui la voce non sembra quella di Midge Ure (spesso, e con un certo grado di verità, i Django Django sono stati paragonati agli Ultravox) ma quella di un cantante surf rock, per poi lasciare spazio a una cornucopia di percussioni e di pelli tese come quelle più bossate di Got me Worried, tra pizzicati accordi di chitarra e mani tamburellanti. Uno dei gioielli del disco e la bellissima Waking Up, in collaborazione niente di meno che con la talentuosa Charlotte Gainsbourg, sempre amata come solista da chi vi scrive sin dai tempi di IRM per la sua versatilità di suono e per la voce calda e trasognata. Il tono ritorna quello dei fondatori di un certo synth pop inizio Ottanta nei pizzicotti dati dal basso e dal synth robotico di Free from Gravity. Ma e un pezzo come The Ark, tutto strumentale, tutto sperimentale, a fare dell'album qualcosa di notevole per lo spazio in cui riesce a muoversi, nel lungo raggio che va dai Kraftwerk all'industrial, anche contemporanea. Movimentatissime le percussioni e il ritmo della più beatlesiana Night of the Buffalo, che per le cadenze ricorda brani come Love's Dart (primo album).

Un album, insomma, luminoso, al di là di ogni darkness residua, che non fa altro che invogliare a chiedere di più, come già fa, per noi, l'ultima traccia del disco.

V Voti

Voto degli utenti: 7/10 in media su 2 voti.
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motek 7,5/10
hotstone 6,5/10

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hotstone (ha votato 6,5 questo disco) alle 21:01 del 24 febbraio 2021 ha scritto:

Lo trovo un pò eccessivo.Non riesco a farmelo piacere . Ogni traccia è fuori posto, non c'è una connessione tra di esse,un mix di generi diversi che rendono il disco un pò caotico a parer mio.Però può darsi che per molti ascoltatori questo intruglio può essere un punto positivo.