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R Recensione

7/10

Obituary

Darkest Day

Chiedere ad un gruppo come gli Obituary di cambiare stile è come chiedere a Dracula di bere il pomodoro Cirio anzichè il sangue umano. E non potrebbe essere altrimenti: il gruppo statunitense rientra in quella lista di bands che mantengono intatto il loro stile nel corso del tempo, fregandosene altamente delle mode imperanti e delle nuove tendenze. Qualcuno potrebbe tacciarli di immobilismo sonoro, dal momento che nulla è cambiato dai tempi di "Slowly We Rot" e "Cause of Death"; tuttavia i fans dello storico gruppo death metal si strapperebbero i capelli con il tagliaerba (e sarebbe un bel dilemma, viste le chiome che i metallari sono soliti sfoggiare!) se solo gli Obituary decidessero di variare, anche di una sola virgola, la loro proposta musicale.

E in fondo, poco importa se il gruppo floridiano non si lancerà mai in sperimentazioni ardite o intraprenderà direzioni musicali inedite, dato che al giorno d'oggi sono ben pochi i gruppi metal tradizionali capaci di scrivere grandi canzoni. Per fortuna, gli Obituary ci riescono ancora, e questo "Darkest Day", pubblicato nell'estate 2009, non fa eccezione.

Se siete amanti del gruppo potete quindi immaginarvi cosa troverete lungo le 13 tracce che compongono il cd: un death metal massiccio, grezzo e sulfureo, carico di groove e privo dei tecnicismi tipici della scuola brutal americana (come Suffocation o Cryptopsy, per intenderci). Ritroviamo i classici mid-tempos squadrati e pesanti come in “Fields of Pain” e “Blood to Give”, il thrash indiavolato dell’opener “List of Dead” e “Vioent Dreams” e, ciliegina sulla torta, lo sludge malsano della title-track e della conclusiva “Left to Die” (per quanto riguarda i titoli, una cosa è certa: gli Obituary non si smentiscono mai!).

La struttura dei pezzi è, nel complesso, piuttosto lineare e priva di cambi di tempo repentini, il che rende i brani decisamente orecchiabili e assimilabili. E ciò non è affatto un male: grazie al groove chitarristico sempre efficace e mai noioso e alla durata media delle canzoni mai esagerata (intorno ai 3-4 minuti), il disco risulta davvero godibile e si lascia riascoltare anche dopo diverso tempo. Certo, va anche detto che ci sono alcuni riempitivi di troppo (“Outisde my Head” e “Payback” sono due episodi abbastanza trascurabili), così come si avverte una certa ripetitività di fondo che alla lunga potrebbe stancare, e data la durata complessiva dell’album (ben 52 minuti), qualcuno potrebbe stancarsi anche prima di arrivare alla fine del cd. Ma si tratta di dettagli: “Darkest Day” vanta diversi pezzi davvero memorabili che non possono fare altro che arricchire il repertorio musicale del gruppo. Basta semplicemente ascoltare i primi 3 brani posti in apertura: quante tra le altezzose formazioni odierne è capace di scrivere canzoni così semplici ed efficaci al tempo stesso? A mio avviso, ben poche.

Tirando le somme, “Darkest Day” è un disco che non aggiunge nulla di nuovo nella carriera degli Obituary, ma che li riconferma, ancora una volta, come una delle formazioni più importanti di un intero genere, il death metal, per appunto. E considerando che sono in giro da ben 25 anni, non è cosa da poco, perché hanno ancora molto da insegnare alle nuove generazioni. Unici, come sempre.

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Voto degli utenti: 6/10 in media su 1 voto.
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zagor 6/10

C Commenti

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zagor (ha votato 6 questo disco) alle 18:41 del 22 febbraio 2013 ha scritto:

appena sufficiente