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R Recensione

9/10

Wire

154

154” è considerato, a ragione, una delle pietre miliari della new-wave tutta di fine anni ’70. Con questo terzo disco in studio, il gruppo britannico, capitanato da Colin Newman, porta il punk-rock di Sex Pistols, Buzzcocks, Ramones e compagnia ad un livello più elevato, sperimentando con generi come l’elettronica, il noise, la psichedelia e certo rumorismo industrial. Un punk-rock evoluto e futurista, geneticamente modificato, avanguardistico e che ha esercitato un’enorme influenza in tutto il rock a seguire.

Il risultato è un disco piuttosto frammentario ed eterogeneo, che spazia in diversi campi musicali del tutto estranei al punk, il che rende l’ascolto forse poco immediato e un po’ difficile da digerire appieno. Rispetto ai precedenti “Pink Flag” e “Chairs Missing”, “154” (il cui titolo indica il numero dei concerti tenuti dai Wire fino a quel periodo) richiede maggiore attenzione, in modo da poter cogliere tutte le sfumature presenti in ciascuna traccia.

É davvero incredibile il modo in cui i nostri riescano a unire generi così diversi tra loro, prendendo come punto di partenza un genere così elementare come il punk, in canzoni che viaggiano in media sui 2-3 minuti di durata (esclusi i quasi 7 minuti dell’ipnotica “A Touching Display”). Schegge impazzite e acuminate, come le velocissime “Two People in a Room” e “On Returning”, che anticipano il noise-rock dei maestri Sonic Youth; mentre l’iniziale “I Should have known Better”, “The 15th” e “Single K.O.” sono venate di un’elettronica fredda e minimale di cui gruppi come i Killing Joke faranno tesoro.

Tutti i brani sono impregnati di un’atmosfera futuristica, robotica e glaciale; la degna rappresentazione di un mondo sempre più votato al progresso tecnologico che sostituisce in misura sempre più massiccia l’uomo. I suoni, così come la voce di Newman, sono freddi e taglienti, dai quali non traspare la minima emozione umana. I Wire dipingono una generazione apatica di persone tutte uguali che fanno le stesse identiche cose, che hanno bandito ogni sentimento umano, scordandosi di avere una propria personalità e dei propri pensieri.

Un disco che si potrebbe definire fantascientifico e al tempo stesso vicinissimo a noi, degna testimonianza, insieme a “The Modern Dance” dei Pere Ubu, dell’angoscia e della de-umanizzazione della civiltà industriale dei giorni nostri. Un album non di facile ascolto ma che vi affascinerà sin dalle prime note. Essenziale.

V Voti

Voto degli utenti: 9,2/10 in media su 28 voti.
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target 9/10
joy09 10/10
giank 9/10
REBBY 10/10
Monk 9,5/10
NDP88 8,5/10

C Commenti

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benoitbrisefer (ha votato 10 questo disco) alle 12:30 del primo febbraio 2010 ha scritto:

Uno dei dischi nodali della wave britannica, pietra miliare del rock. Difficile sempre l'analisi critica di fronte ad un tale monumento dove ipnotico romanticismo e liquide geometrie, ghiaccio e fuoco, cultura popolare e cultura alta si incontrano. Uno dei dischi più affascinanti e sfuggenti mai pensati...

benoitbrisefer (ha votato 10 questo disco) alle 12:30 del primo febbraio 2010 ha scritto:

oops il vot.o...

Cas (ha votato 9 questo disco) alle 12:40 del primo febbraio 2010 ha scritto:

Condivido in pieno, sfuggente...Non si lascia catturare o catalogare questo disco, ogni ascolto lascia impressioni diverse. Per questo è grandioso!

4AS (ha votato 10 questo disco) alle 13:32 del primo febbraio 2010 ha scritto:

C'è di tutto dentro a questo disco...Un'opera completa e irripetibile!

target (ha votato 9 questo disco) alle 14:43 del primo febbraio 2010 ha scritto:

Spettacolo. "The 15th" è la madre di una quantità di canzoni incalcolabile. "Chairs Missing", per me, però, sta mezzo gradino sopra.

Emiliano (ha votato 9 questo disco) alle 16:39 del primo febbraio 2010 ha scritto:

Una classe infinita.

PandoFightSound (ha votato 9 questo disco) alle 17:45 del primo febbraio 2010 ha scritto:

A 22 anni di distanza suona ancora come se fosse uscito ieri.

Luca Minutolo (ha votato 8 questo disco) alle 8:58 del 2 febbraio 2010 ha scritto:

I Wire hanno scarnificato il punk, portandolo alla sua forma primordiale...Solamente gli Altro sono riusciti, oltre a loro, sono riusciti in questo intento con risultati ottimi, declinando il punk al minimo sindacale...Aldilà dei paragoni, questo rimane uno dei cardini della new wave, anche se personalmente preferisco Pink Flag.

FrancescoB (ha votato 9 questo disco) alle 19:45 del 3 febbraio 2010 ha scritto:

Capolavoro, poco da ridire. Il punk si apre a mille nuove possibilità, sorretto da un'ispirazione unica.

joy09 (ha votato 10 questo disco) alle 22:34 del 3 febbraio 2010 ha scritto:

capolavoro immenso,un viaggio interdimensionale che apre nuove e inimmaginabili frontiere dello spirito ad ogni ascolto..immortale...un consiglio, visto che colin ed i suoi negli ultimi anni anno deliziato il nostro paese con dei live ipersonici se dovessero tornare non perdeteli!!

skyreader (ha votato 10 questo disco) alle 16:30 del 16 febbraio 2010 ha scritto:

Assoluto patrimonio dell'umanità, anche se il grosso dell'umanità farà a meno di loro. Non si può amare la Musica, senza succhiare il midollo di questo disco. W il post-punk, per sempre. W QUESTO post-punk. W QUESTO disco. Capitale come "This Heat" e "Deceit" dei This Heat. In ugual misura.

ThirdEye (ha votato 8 questo disco) alle 6:05 del 25 giugno 2010 ha scritto:

Beh..

Indubbiamente ottimo, ma personalmente considero i loro capolavori Pink Flag e Chairs Missing, che ancora conservavano l'urto chitarristico e la grezzezza punk, pur essendo avant...Qui mi suonan troppo macchinosi e gotici..

Hexenductionhour (ha votato 10 questo disco) alle 12:48 del 19 gennaio 2011 ha scritto:

Arte in musica

un album pieno di idee e spunti innovativi,un miscuglio di generi che verrà definito New wave o post/punk quest'album è come un opera d'arte che rimarrà impressa nel tempo,è il simbolo di un epoca piena di idee e innovazioni.

a mio parere anche tra 20 anni quest'album avrà ancora tanto da "dire"

capolavoro

NathanAdler77 (ha votato 10 questo disco) alle 18:54 del 12 marzo 2011 ha scritto:

Single K.O.

Dopo aver inventato il post-punk praticamente quando usciva "Nevermind The Bollocks" ("Pink Flag", 1977), Newman e soci completano la svolta wave cominciata da "Chairs Missing" con questo capolavoro: vero astrattismo rock in anticipo sul futuro (il noise dei SY in "A Touching Display", il post-rock atmosferico di "40 Versions", il pop cibernetico della grande "The 15th", il Syd Barrett industrial di "A Mutual Friend"...). Indimenticabile "I Should Have Known Better", eterni loro.

shadowplay72 alle 0:56 del 27 novembre 2017 ha scritto:

Uno dei migliori dischi post punk.originalissimo!