Fantomas
Delirium Cordia
Nel variegato mondo della musica contemporanea capita molto spesso di ascoltare opere che vengono definite “avanguardistiche”. Lavori che fuoriescono dai rigidi canoni del formato canzone basato sul sistema “inizio-strofa-ritornello-strofa-ritornello-ponte-ritornello-fine”, che si spingono oltre il normale concetto di “musica”, che mirano a stupire attraverso ogni mezzo a disposizione l’ascoltatore attraverso le armi della sregolatezza, della genialità, dell’assoluta mancanza di qualsivoglia legame logico tra i vari ingredienti che compongono i brani.
Frequenti sono le commistioni tra i generi più disparati, come frequente è l’utilizzo di oggetti inusuali per dar vita a composizioni “avant-garde”: trapani, campane, frullatori, seghe di metallo, voci di qualunque tipo, dialoghi tratti da film, colonne sonore perversamente storpiate, pianti di bambini ecc. Dischi da 100 canzoni compresse in 20 minuti (è questo il caso di “Altered States of America” degli Agoraphobic Nosebleed), oppure brani di quasi mezz’ora basati sulla ripetizione di pochi riffs suonati ad una lentezza sconsiderata, sormontati da tonnellate di rumorismo e ambient isolazionista (e chi ha ascoltato gente come Boris e Sunn O))) capirà).
Roba, insomma, che i critici d’ogni dove, così come gli appassionati di musica underground o alternativa, bollano come “per pochi, colti, raffinati, inadatta alla massa ignorante che si esalta seguendo MTV o che si droga del famigerato tunz-tunz discotecaro tanto amato-odiato”. Benchè si tratti di opere ambiziose, molte di queste rischiano di essere eccessivamente ostiche per chi ascolta, a causa della loro ostentata ricerca dell’originalità a tutti i costi, ma anche presuntuose e fini a se stesse, con la scusa che “sono dischi volutamente non-sense”.
Mike Patton, noto ai più per aver cantato nei Faith No More e nei Mr. Bungle e per aver collaborato con molti artisti noti della scena avant-garde, ha fatto del suo eclettismo, della sua follia e genialità la propria arma vincente. Ma i numerosissimi progetti a cui l’artista americano ha dato vita negli ultimi 8-9 anni hanno riscosso successi alterni, tra ottimi lavori ed altri di dubbio valore. Tra i suoi side-projects più noti non si possono omettere i Fantômas. L’ensemble, nato nel 1998 da Trevor Dunn (già bassista nei defunti Mr. Bungle), Buzz Osborne (chitarrista nei Melvins) e Dave Lombardo (batterista degli Slayer) e appunto Patton alla voce, ha rilasciato nel 2004 il suo terzo album, “Delirium Cordia”, che ha suscitato pareri contrastanti.
“Delirium Cordia” è composto da un’unica traccia di ben 74 minuti, il cui tema principale che sta alla base è quello della chirurgia senza anestesia. In questa lunga sessione musicale s’alternano momenti di vuoto assoluto ad altri impregnati di rumorismo, suoni quasi impercettibili di oggetti che vengono spostati lasciano il posto ad improvvisi sconquassi sonori, voci appena sussurrate si accompagnano a cori ecclesiastici o gemiti di qualunque tipo, il tutto relegato in un’atmosfera dark/ambient intenta a sottolineare l’angoscia, l’inquietudine e il caos che regolano la vita moderna.
La componente tradizionale chitarra-basso-batteria è ridotta al minimo sindacale: non ci sono progressioni, armonie, e nemmeno un susseguirsi coerente di note musicali… insomma, nulla che possa essere ricondotto al concetto tradizionale di “musica”. Ogni tanto fanno capolino in quà e in là, tra i solchi bui di questo lavoro, brevi sfuriate metal che durano al massimo 10 secondi, per poi ripiombare in un vuoto definibile “cosmico”. Il problema principale di “Delirium Cordia” è che tutti questi ingredienti, che possono sembrare gustosi agli occhi di chi legge, sono mescolati alla rinfusa: l’assoluta mancanza di un “collante” a tenere ben salda la struttura di base fa sì che i numerosi spunti che si riscontrano girando in lungo e in largo tra i meandri di quest’opera siano campati in aria, cozzando tra di loro e rendendo l’ascolto prolisso, irritante e privo di ogni utilità.
Il colpo di grazia viene dato nell’ultima parte del disco: gli ultimi 20 minuti del cd sono stati riempiti inserendo il rumore della puntina che gira sul disco. Presa per i fondelli bella e buona, che mostra un’assoluta mancanza d’idee mascherata da genialità e sregolatezza sbandierata ad ogni piè sospinto.
Certamente un album di simili fattezze è composto appositamente per dividere il gruppo: da una parte, gli adulatori di Patton gridano al miracolo, dall’altra i detrattori (o forse quelli senza paraocchi?) avranno motivi ben validi per criticare l’eclettico musicista, il quale comincia a stare antipatico a molti, in quanto si sta cimentando sempre più in dischi senza capo né coda, vere e proprie cataste di niente che vengono incensate come “capolavori, troppo avanti, troppo fighi, di cui solo gli illuminati possono cogliere il senso celato”.
C’è a chi ste evoluzioni (?) musicali piacciono, ma secondo il parere di chi scrive, “Delirium Cordia” non è né una genialata, né tantomeno un’allucinata rappresentazione dell’angoscia e dell’inquietudine dell’uomo moderno. Sono semplicemente 74 minuti di aria fritta.
Ora scusatemi ma torno a sintonizzarmi su MTV che c’è l’ultimo video di Gabriella Cilmi…
Tweet