A$AP Rocky
Long Live A$AP
Sembra una storia semplice: fai un mixtape con produttori emergenti, ti becchi un consenso pressoché universale e subito belle pronto ti arriva un contratto da 3 milioni di dollari per la RCA Records, con incoronazione a nuova star di New York inclusa. Potrebbe essere lapologia dellhipster diventato famoso. A$AP Rocky ne è lemblema. Del resto lui è solo la punta di diamante di un fenomeno che riguarda sempre più artisti in quel panorama midstream che di fatto sta diventando il nuovo mainstream. Ed è la prova definitiva che per fare il salto della celebrità non servono un background à la Paris Hilton o particolari doti, basta trovarsi al posto giusto al momento giusto. In tutto questo A$AP Rocky cha messo quella arroganza un po snob che non fa che aumentare lacquolina in bocca al pubblico: Long Live A$AP avrebbe dovuto seguire il mixtape Live. Love. A$AP nel 2012, invece Rocky ha iniziato a gigioneggiare, a prender tempo, facendo salire hype e interesse mediatico a livelli impensabili. Aggiungiamoci unestetica che è metà residuo gangsta rap, metà trendy-nigga, ed ecco spiegato il motivo per cui New York guarda a Rocky come al suo nuovo re. In copertina, allora, Rocky si avvolge nella bandiera americana, ma appare un po strano che un tipo del genere possa esprimere sentimenti patriottici; in realtà, statene certi, la scambierebbe volentieri con un cappotto D&G. Ma questa non è solo la storia di un 24-enne di Harlem che fa il suo ingresso nello stardom musicale. E anche la storia di un disco. Cè quindi sostanza dietro questo apparato di lustrini e denti placcati in oro? Risposta: in parte.
Se Long Live A$AP è un disco riuscito a metà non è perché gli manca la profondità spirituale di good kid m.A.A.d. city: sarebbe sbagliato in partenza fare un ascolto comparato con il disco di Lamar. I due contesti sono troppo diversi, troppo diverse le modalità di espressione. In realtà, A$AP Rocky ambisce a diventare una popstar, ed è solo questione di tempo prima che abbia lubiquità di un Jay-Z o di un Lil Wayne. No, questo major-debut delude un poco proprio perché non è abbastanza pop! Il cast in produzione è stellare: Clams Casino, Hit-Boy, Danger Mouse, Skrillex (!) confezionano basi ineccepibili, che cavalcano londa del mixtape ampliandone gli orizzonti. Rocky ha già imparato a perseguire un gusto musicale preciso e a circondarsi della gente più adatta per confezionarlo in modo appetibile. Ma, quando la tavola era ormai apparecchiata per un trionfo di spettacolarità pop-rap, ecco che ci si accorge della mancanza di una cosa fondamentale per un disco di questo genere: gli hook. Questo disco non ha praticamente hook degni di nota. Essi infatti risultano noiosi e trascurabili sia quando è Rocky a cantare (fatto di cui non sentivamo la necessità), sia quando lo fanno le sue guest star, come una sconcludente Santigold (Hell); per non parlare poi dellabuso spropositato della tecnica del chopped & screwed. Per carità, può andare bene una volta, magari per quel fighissimo club banger che è Goldie, ma ho contato almeno CINQUE hook monopolizzati dalla voce chopped & screwed! Cosè, siamo tornati negli anni 90? (In verità, questa tecnica non è mai del tutto scomparsa e recentemente anzi si nota un ritorno di fiamma, ma è inevitabile notare il cattivo gusto di un simile artificio ripetuto ad oltranza).
E un peccato, perché a livello di produzione Long Live A$AP è tra le cose migliori che si possano trovare in giro. Poco o nulla vi è dellestetica East Coast. Rocky sembra piuttosto guardare alla scena Southern (UGK, Three 6 Mafia, Gucci Mane) graziandola con raffinati inserti synth, a tratti quasi debitori di certa hypnagogia virata new-age. E dal lato strumentale che arrivano le migliori intuizioni in termini di melodia. Le esigenze da club sono asservite a un suono curato e scintillante, con microsuoni che pullulano da ogni parte e hi-hat stilosi. Come avviene nella bellissima Fashion Killa, pezzo sulla carta praticamente impensabile (il testo è costituito da unelencazione degli stilisti più in voga) ma che funziona, merito di una base ariosa e celestiale, ricolma di voci filtrate e aspirate. In Phoenix troviamo un Danger Mouse fumoso e malinconico alle prese con un cloud-rap il cui stacco strumentale allaltezza del chorus è semplicemente sublime. 1 Train è invece a mani basse la traccia più East Coast del disco: una trafila di ospiti tra cui Lamar, Big Krit, Danny Brown che si passano il testimone a ogni verso come nelle produzioni targate Wu-tang Clan. Due altre basi molto belle le confeziona Clams Casino, sfortunatamente però sui pezzi più scadenti del disco: i suoni rarefatti di LVL, sogno ipnagogico rovinato da un hook atroce, o gli echi distanti di Hell, la cui magia è interrotta dallingresso di Santigold, rivelano un gusto davvero sopraffino. Allestremo opposto, funziona inaspettatamente quella truzzata da stadio che è Wild for the night, col solito Skrillex sborone, ma questa volta simpatico in versione cartoonish.
Long Live A$AP funzionerà perché Rocky sa come porre se stesso al centro dellattenzione, il disco arriva al momento giusto, e la superficie è patinata. Extraordinary swag and a mouth full of gold, recita Goldie, e limpressione è davvero che oltre allestetica ci sia poco. Viene anche il dubbio che Rocky non senta poi il bisogno di dire quello che dice, come se limportante fosse prima di tutto esporre la propria megalomania. In questo senso i testi non sono affatto interessanti, essendo tutti esclusivamente self-centered. Poi però quel siluro dissonante di Long Live A$AP posto in apertura riparte, e la diffidenza cede il posto a una certa ammirazione: è A$AP Rocky il nuovo re dellhip-hop di New York, e anche se questo titolo non sarà del tutto meritato, lo seguiamo volentieri nel suo victory lap.
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