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R Recensione

6,5/10

Malika Ayane

Naïf

Il pop mainstream italiano d’oggi (mandate a memoria la circoscrizione argomentale, onde evitare sterili polemiche basate sul nulla) non esprime talenti migliori di Malika Ayane e Nina Zilli. Per molti, ne convengo, quest’asserzione è poco meno di una condanna. Eppure, ve lo assicuro, la situazione è lontana dall’essere tragica. Seppur da angolazioni e con fini differenti, la timida chanteuse Malika, sempre borderline tra ampia accessibilità e spinta sperimentale, e l’impavida leonessa Nina, voce graffiante e presenza scenica mozzafiato, hanno saputo stagliarsi su una scenografia di proposte tutte uguali, piano-ballad girls nate sulla falsariga di Elisa (chi ha voluto imboccare altre strade, come L’Aura, è stata dimenticata prima, riassorbita poi) o vetuste, logore rock band da stadio. Entrambe sono dotate vocalmente e strumentalmente: entrambe, cosa sempre più rara, sono abituate a scrivere testi e musiche dei loro brani. Se, tuttavia, Nina dà il meglio di sé come interprete senso strictu, lasciando ancora desiderare come songwriter, Malika è cresciuta moltissimo, di album in album, anche con la penna in mano. Quando affrontiamo “Naïf”, suo quarto lavoro in studio, parliamo di questo. Poco importa, alla fin fine, che nel disco le musiche vengano, per la prima volta, interamente delegate a produttori e compositori terzi: l’impronta della factotum rimane, in ogni caso, fortissima.

Chi saprà accantonare il pregiudizio scoprirà un disco pop solido, coeso, vincente, finanche moderno nei suoni (quelli di “Senza Fare Sul Serio” sono ad un tempo facilmente edibili e non banali: andrebbero benissimo per una come Meg), liricamente ben curato, eterogeneo. Come altro definire un platter che s’invola sui dagherrotipi seppia della grande, crepuscolare canzone italiana, filtrata da un sottile tappeto di beat, cori e scratch da library postmoderna (“Lentissimo”), indugia su filastrocche calypso che, nel ritornello, ricalcano la melodia di “Over The Rainbow” (“Blu”), sale e scende di tono in un brano dalla granulosità cinematografica (coautrice delle musiche di “Ansia Di Felicità (Sonntag Living)” è Rachele Bastreghi), si regala un ritmato levare in penombra (“Cose Che Ho Capito Di Me”), glassa di malinconia una marcetta swing tutt’altro che mesta (“Chiedimi Se”)? Naturalmente, i più accorti di voi potrebbero controbattere: che ne è del muffito mélange pianistico di “Adesso E Qui (Nostalgico Presente)”, di una “Vivere” (originariamente cantata da Vasco Rossi) che ingigantisce le proporzioni di un modesto dramma per violini e violoncelli? Ci sono anche questi, ribatterà chi scrive, com’è normale e fisiologico sul terreno di compromesso che è “Naïf”. Un peccato? Non c’è dubbio: parte del potenziale del disco viene inevitabilmente sacrificato alla popolarità. Lo scorno c’è, ma viene sanato: “Non Detto”, nel suo sottile equilibrio intellettuale, è uno dei pezzi d’autore migliori mai sentiti negli ultimi mesi.

Trattatela come un Fabio Concato al femminile, come la cerchiobottista dedita a Sanremo e al suo violoncello, insultatela, disprezzatela. Comunque la pensiate, Malika Ayane è un personaggio col quale, prima o poi, ci si dovrà confrontare. Ne siamo solo che felici.

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