V Video

R Recensione

8/10

Franco Battiato

Pollution

«Pianeta Terra: le nuove metamorfosi, frontiere della mente. Ami, se mancherà. [Ahlam, se punk era]». Queste sono le uniche criptiche parole, invertite, tradotte e decifrate, che si riescono ad estrarre dal brano centrale “Areknames”, uno dei più strampalati esempi di visionarietà battiatiana contenuti in “Pollution: gesto sonoro in sette atti”, il secondo LP della sua lunga discografia, eccentricamente focalizzato sull’inquinamento e dunque dedicato al Centro Internazionale Studi Magnetici. All’interno del booklet Battiato riporta l’avviso del suddetto CISM di Imola riguardante un folle piano: in data da destinarsi 18.000 persone si spargeranno su tutto il suolo italiano e con apparecchiature magnetiche eseguiranno concordemente fra di loro l’esperimento di bloccare per 24 ore tutti i veicoli a motore a scoppio e diesel circolanti in Italia. Questo esperimento aveva l’obiettivo di far conoscere, riflettere e far prendere in considerazione il principio del ritmo magnetico Sole-Terra, e poter così deviare l’umanità dalla catastrofe.

Insomma, “Pollution” è un disco sul 2000, sul millennio che sarebbe presto arrivato e, con esso, la tanto paventata distruzione umana. Non a caso si parte da “Il silenzio del rumore”, sulle note del valzer di Strauss, per entrare subito nel vivo del discorso musicale, decisamente più rock e meno elettronico che nel precedente “Fetus”. Un’esplosione in data 31/12/1999 spiana la strada ad “Areknames”, il brano surreale di cui abbiamo parlato in apertura.

 Il rock progressivo che Battiato decide di mettere in campo è principalmente melodico, con sferzanti filtraggi di VCS2 su pianoforte, chitarra (anche quella a dodici corde) e basso. Il brano successivo, mitologico anch’esso, è “Beta”, seconda lettera dell’alfabeto greco molto utilizzata in fisica, fonetica, matematica, informatica e finanza, una parola che proviene dal fenicio “beth” e che significa “casa”. Inizialmente il brano è un divertissement elettronico nel quale Battiato gioca con i fattori e le frequenze; pian piano però tutto si trasforma in un’angelica nenia tra vocalizzi femminili e lacrime di piano, con basso a batteria ad accompagnare e intervallare questo lungo corteggiamento di onde sonore. È proprio in “Beta” che erompe tutta la mistica futura dell’artista siciliano: «Dentro di me vivono la mia identica vita dei microrganismi che non sanno di appartenere al mio corpo. Io a quale corpo appartengo?».

Seppur con tonalità più acide, è altrettanto dolce l’incipit di “Plancton”, esperimento sottomarino di vita artificiale in cui l’arista si immagina dentro ad un banco di krill, unità vitale per il funzionamento globale del sistema Terra. Giungiamo quindi alla title-track, una suite progressiva nella quale Franco Battiato si improvvisa studioso di fluidodinamica per cantare la formula fisica della portata: «La portata di un condotto / è il volume liquido / che passa in una sua sezione / nell'unità di tempo / e si ottiene moltiplicando / la sezione perpendicolare / per la velocità che avrai del liquido. / A regime permanente / la portata è costante / attraverso una sezione del condotto». Dopo mezz’ora “Pollution” va a concludersi nella meravigliosa coda di “Ti sei mai chiesto quale funzione hai?”, un’avanguardistica composizione di sovraincisioni elettroniche e pianti umanoidi.

In “Pollution” non c’è la spiazzante carica rivoluzionaria degli esordi ma è scritto e registrato in maniera più matura del suo predecessore. Arrivato dopo il singolo “La convenzione” in cui l’autore ripostese aveva già denunciato le nevrastenie del progresso alle porte del 2000, è solo qui che il pensiero battiatiano sull’unità del mondo comincia a diventare più chiaro e diafano: seppur venata di ecologismo, la filosofia di Battiato, da “Pollution” in poi, diventerà qualcosa di assolutamente indivisibile dalle partiture. E, mentre il progressive esplode e fa il suo corso, Battiato decide ancora una volta di cambiar strada tanto che, accantonandolo, licenzierà l’anno successivo quello che alcuni considerano il suo capolavoro: “Sulle corde di Aries”.

V Voti

Voto degli utenti: 8/10 in media su 14 voti.
10
9,5
9
8,5
8
7,5
7
6,5
6
5,5
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
Suicida 10/10
Lepo 8,5/10
B-B-B 9/10
Cas 8/10
Vito 8/10

C Commenti

Ci sono 3 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.

Utente non più registrat (ha votato 7,5 questo disco) alle 22:32 del 26 marzo 2018 ha scritto:

In realtà Pollution è tra i massimi dischi di prog italiano, spesso è ingiustamente dimenticato

Utente non più registrat (ha votato 7,5 questo disco) alle 14:11 del 11 maggio 2019 ha scritto:

Non hai forza per tentare di cambiare il tuo avvenire

per paura di scoprire libertà che non vuoi avere...

Ti sei mai chiesto

quale funzione hai?

Anche sul piano lirico Battiato è migliorato molto. Qui il suo genio musicale è messo a fuoco per la prima volta. Fetus era il caos, Pollution è l'ordine; Fetus era la frammentarietà, la dispersione, Pollution è la scorrevolezza, il buon gusto, la narrativa musicale. Uno dei pochi album del prog italiano autenticamente originali, e fra i più compiuti, un capolavoro da riscoprire. Ci metto la mano sul fuoco: questo è il miglior album di Franco Battiato.

Vito (ha votato 8 questo disco) alle 22:27 del 16 febbraio 2020 ha scritto:

Un disco fuori dal tempo e dallo spazio. Un ufo negli anni 70 italiani ,già di per sé avventurosi. Solo camisasca con la finestra dentro e i pierrot lunaire di gudrun riusciranno a spingersi cosi avanti.