Pet Shop Boys
Electric
Palinodia del recensore imprevidente. Appena dieci mesi fa avevo scritto che, avessero messo da parte il giovanilismo, i Pet Shop Boys avrebbero potuto scrivere un capolavoro della vecchiaia. E invece loro, andando proprio in quella direzione, se non un capolavoro, hanno dato alle stampe il miglior album dai tempi di Very.
Qualcosa, certo, era andato storto con Elysium (lo si era detto: il loro punto più basso). Ma era difficile prevedere, soprattutto considerando i tempi ormai dilatati con cui Tennant & Lowe avevano preso labitudine di pubblicare dischi, un nuovo lavoro a così stretto giro di posta, e per giunta sotto nuova etichetta (x2, personale distaccamento della Kobalt). Inizialmente il proposito era di fare un Disco 5 (o una specie di "Relentless"), ma poi i due si devono essere accorti che il progetto a cui stavano lavorando era uno studio album vero e proprio. Ecco allora lidea di coinvolgere per la produzione Stuart Price: pop e dance senza remore.
Electric è Pet Shop Boys allennesima potenza. E' ciò che sanno fare meglio, e finalmente prodotto come si deve, con una scrupolosità persino nerd: i pezzi sono disposti in ordine alfabetico (Love Is A Bourgeois Construct si chiamava Bourgeoisie), nella sequenza in cui sono stati prodotti. La lunghezza media tra i 5 e i 6 minuti e la scaletta ridotta rimandano persino a Introspective, ma rimane Very il disco più vicino, al netto delle ballate (manco una, qua). E allora è tutta uninfilata di ritmi alti, house a palla, autocitazioni elettroniche, synth sgargianti, colori a fiotti. Tutto un repertorio sfoggiato nel suo vestito migliore.
Dal massimalismo Hi-NRG da ascoltare a volume altissimo per godere la sua invasione mega-loud di synth rétro di Axis (omaggio al Patrick Cowley di Menergy) alla house con piano primi 90 di Bolshy, dal trattore disco un po tamarro di Shouting in the Evening alla mescidanza con il rap di Thursday (ossia una West End Girls reloaded, con un flow dellinglese Example): tutto suona potente. Spettacolo i synth abrasivi di Fluorescent, su un ritornello che lancia nello spazio sapendo di 80 come non mai (aleggia la b-side Jack The Lad) sopra un tessuto house notturno che brucia di sensualismo e atmosfere sudaticce, placate poi nei New Order con campanelli e tastiere ariose di Inside A Dream.
Nulla abbassa ritmo ed energia. Love Is A Bourgeois Construct è una cavalcata camp in pieno stile Pet Shop Boys, che unisce lanima disco di Lowe a quella classica di Tennant. La costruzione melodica è ripresa da un pezzo del compositore Michael Nyman (Chasing Sheep in Best Left To Shepherds), mentre il testo intreccia Marx, la noia della middle-class e accenni alla politica inglese. Una specie di nuova Shameless, con tanto di rinnovati cori maschili era-Very. Il che sembra stonare tremendamente con una cover di Bruce Springsteen (!), ma più un pezzo è lontano dallimmaginario PSB, più a loro piace rifarlo. The Last To Die (da Magic del 2007), con il piglio anthemico springsteeniano piegato alla disco, fa un figurone, mentre il riff della chitarra viene genialmente trasformato in un ipnotico refrain vocale quasi trance. Vocal, in chiusura, rilancia con ironia la necessità di una linea vocale nei pezzi dance («Every track has a vocal and that makes the change»), alla fine di un disco che si apre con un brano strumentale. E suona già, nella sua petshopboysiana contraddizione, come un loro nuovo classico, ibizenco e primi 90 da svenirci (e su cui ballare il prima possibile).
Tennant, 59 anni appena compiuti, promette che Electric sarà il primo atto di una trilogia con Stuart Price. Questi annunci a me hanno sempre dato limpressione della minaccia. Ma se la nuova giovinezza è questa, ben venga anche la tetralogia.
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