New Order
Lost Sirens
Ci sono ricascati. Non paghi di essersi lasciati sedurre dal canto di sirene farlocche ed aver licenziato un disco deboluccio come Waiting For The Siren's Call (2005), Bernard Sumner e soci hanno ben pensato di proporre le tracce escluse da quello che, nelle intenzioni originarie, avrebbe dovuto essere un album doppio (o perlomeno due album pubblicati a brevissima distanza l'uno dall'altro). Songs appartenenti alle medesime session, dunque. Ultimo lascito di Peter Hook con la band prima delle vicissitudini interpersonali che hanno portato alla frattura tra il bassista e i suoi ex compagni (non a caso, la pubblicazione di Lost Sirens giunge dopo interminabili dispute per questioni di copyright), quindi allo scioglimento nel 2007 e alla successiva reunion nel 2011, con Tom Chapman a sostituire il dimissionario Hooky e Gillian Gilbert nuovamente in formazione. A meno di improbabili voltafaccia o riconciliazioni alla C'è Posta Per Te, le otto tracce qui presenti sono perciò l'ultima occasione per ascoltare i New Order insieme a quel barbuto scontroso che, forte di radicali innovazioni di linguaggio (prima la compenetrazione di funzionalità ritmica wave e fraseggio melodico su ottave altissime, poi il totale affrancamento dalla pulsazione base per divenire solista a tutti gli effetti) e suono (quel pedale chorus della Electro-Harmonix ha fatto più proseliti di Giovanni Paolo II), può ben ritenersi promotore di uno stile "nuovo" di suonare il basso.
Purtroppo, lo si diceva in apertura, questo Lost Sirens è per lui un congedo niente affatto degno. Eppure dai mancuniani non ci si aspettavano rivoluzioni copernicane: piuttosto un invecchiare con stile, qualche affondo piazzato con disinvoltura quando nessuno se lo sarebbe aspettato, la tenace riaffermazione dei valori cardine di un sound e di un approccio alla composizione senza i quali il percorso della popular music dell'ultimo trentennio sarebbe stato profondamente diverso. E invece il dato più sconfortante del disco è la tanta, troppa stanchezza percepita fra i solchi. Se Get Ready (2001) era quasi una rinascita dalle proprie ceneri, teca di cristallo dove il suonare alla New Order si sublimava nei suoi tratti archetipici confrontandosi col presente (circuendolo, anzi), arrivando a impastare l'energia della giovinezza ideale (l'irripetibile video dell'irripetibile Crystal) con l'aplomb chirurgico di una verginità ricostruita, Lost Sirens porta a termine il processo di erosione/depotenziamento di quei simboli, lasciando il guscio vuoto di un passato che, fra maldestri tentativi di battere sentieri meno abituali, non ha nemmeno la forza di riaffermare se stesso.
E quindi Hellbent tenta la strada dell'indie-dance primi '90s ma fallisce miseramente, mentre Recoil flirta con chitarre acustiche e pianismi (quasi una parodia della bossanova) risultando decisamente inappetibile. I've Got A Feeling tracima in una dimensione simil-classic rock da FM che si fatica a digerire. California Grass è ballata melodrammatica che si è dimenticata il pathos lungo la strada. I'll Stay With You cerca un appiglio nel rock tecnologico di Crystal, ma se quest'ultima riusciva nel miracolo di conciliare gli estremi (chitarre sporchissime ed elettronica ficcante) ora la sensazione è che ad avere la meglio sia una soluzione mediana, oltretutto carente di appeal melodico. Shake It Up è la classicità che, finalmente, racconta se stessa senza straparlarsi addosso (nei chorus ricorda un po' Rock The Shack con Bobby Gillespie, sempre su "Get Ready"), e anche Sugarcane alza di poco la media con la sua catchiness sigillata dal passo disco. Brano migliore il remake di I Told You So già l'originale era una delle tracce chiave di Waiting For The Siren's Call - dove sprazzi di elettronica s'intrufolano in un rituale alla Venus In Furs (Velvet Underground) con tanto di voce femminile black a strapazzare il mix.
Basta, finito qui. Otto pezzi dei quali soltanto un paio degni di superare la soglia dei due-tre ascolti. Non si sa dove cercare, cosa guardare, da quale angolazione porsi per comprendere (o perlomeno apprezzare) il disegno complessivo. Limite di chi scrive, evidentemente. E dispiace. Tanto. Perchè ai New Order si vuol bene come alla mamma, e per amore si sarebbe disposti a sorvolare su tutto.
Tweet