R Recensione

6/10

Pet Shop Boys

Yes

Nonostante abbiano da poco ricevuto un Brit-Award alla carriera per il ragguardevole contributo dato alla musica inglese, i Pet Shop Boys, al decimo studio-album in 25 anni di musica, si sentono tutt’altro che al capolinea. Di più: Chris Lowe, 49, e Neil Tennant, 54, si sentono ancora dei giovanotti. Il che costituisce, a ben vedere, il maggior pregio e il maggior difetto del loro nuovo lavoro, “Yes”, ringiovanito dalla produzione di Brian Higgins (alias Xenomania: l’uomo dietro agli ultimi fenomeni pop da classifica d’oltremanica, Girls Aloud in testa) e da testi a tratti ultra-giovanilistici. Appunto, il bene e il male, in un’arte del pop in musica che da loro comunque non può prescindere.

Benissimo, direi, la produzione di Higgins. Non che i Pet Shop Boys non sappiano più prodursi da soli, come spesso hanno fatto, né che Trevor Horn sullo scorso “Fundamental” avesse fatto un brutto lavoro (di certo, però, non memorabile, e troppo datato), ma è innegabile che Xenomania abbia portato una sana boccata di aria fresca, anche a livello compositivo. Già, perché “Love Etc.”, “More Than A Dream” e “The Way It Used To Be”, i tre pezzi in cui Higgins collabora anche nella scrittura, sono, a parere di chi scrive, i migliori del disco: sghembi quanto basta, non modellati sulla canonica forma-canzone, melodicamente subito ficcanti, non troppo sbilanciati verso la dance ma non per questo insipidi. La dimostrazione, insomma, che qua dentro i fan dei Pet Shop Boys possono trovare la stessa quantità di grandi singoli che ogni loro disco ha sempre garantito.

In ogni caso, per chiarirci: “Yes” suona tremendamente Pet Shop Boys. Nulla è snaturato del loro sound e della loro attitudine pop blasé. Il titolo hi-vibe può riportare ai tempi di “Very”, così come certe sonorità festose (spontaneo, ad esempio, un parallelismo tra “Pandemonium”, tipica marching-song PSB, e “One In A Million”), sebbene l’atmosfera colorata non cancelli quel tocco torvo che ha sempre distinto il synth-pop del duo. Tennant e Lowe sogghignano anche qui. E allora sarà “Behavior”, tra i dischi del passato, la sponda più vicina nei passaggi introversi: ascoltando la glabra “King Of Rome”, per dirne una, è impossibile non tornare ai tappeti sinfonici di quell’album, tuttora il più caro ai fan dei Pets.

E altrove, nei brani più lenti, l’amarezza deborda. L’andamento malinconico di “Vulnerable”, sulla dipendenza che lega la star al suo pubblico, affascina, così come l’aria ingrigita che le tastiere di Lowe conferiscono a “The Way It Used To Be” (apice?), nostalgico ricordo dell’amore giovanile cantato da un Tennant scuro che allinea ben sette linee vocali diverse, senza lo sbocco di un vero ritornello, in uno snodarsi labirintico e disorientante che per struttura ricorda poco altro dei Pet Shop Boys.

Ma anche alcuni dei momenti più uptempo non nascondo pieghe accigliate: “Love Etc.” stessa unisce il saltellio bubblegum del beat (un po’ “Can You Forgive Her”) a un gioco di cori e controcori da teatro, con un testo che pencola tra banalità più o meno apparenti e uscite arty tipicamente Tennant You need more than the Gerhard Richter hanging on your wall»). Scura anche “Building A Wall”, in cui Neil (convinto europeista) accusa l’iper-protezionismo britannico coadiuvato dal sostegno vocale di Lowe, il che fa sempre specie.

Convincono meno i brani arricchiti dagli arrangiamenti di Owen Pallett (già Arcade Fire e The Last Shadow Puppets): “Beautiful People”, acustica sixties stile Dusty Springfield – uno degli idoli dei PSB –, non convince, anche per un testo bolsamente conformista. Da citare solo perché è la prima canzone in cui i Pets usano l’armonica. Suonata, va detto, da Johnny Marr, che strimpella la chitarra in quattro pezzi, seguendo la scia di un’amicizia e una collaborazione ormai lunghe. Noiosetto il finale di “Legacy” (una “My October Symphony” uscita male).

E insomma. I vecchi Pet Shop Boys non perdono un colpo, anzi, lo perdono proprio dove fanno gli adolescenti (“Did You See Me Coming?”, “All Over The World”, con riuso pop di Tchaikovsky). La loro speranza del primo posto nella classifica inglese sembra turbata dal nuovo Ronan Keating. Ci rimarrebbero malissimo, perché hanno sempre dichiarato di tenerci a bissare il loro unico No. 1 (“Very”, appunto, di contro a ben 4 No. 2). Ma, non per portargli sfiga, a noi sono sempre piaciuti in seconda fila, i Pet Shop Boys, con quel ghigno di chi evita i riflettori pur sapendo benissimo di aver lasciato il segno un’altra volta.

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rael 8/10

C Commenti

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tramblogy alle 12:48 del 26 marzo 2009 ha scritto:

me lo bocciate??...nooooo

stavo per prenderlo a scatola chiusa....

dovrei leggere altri commenti...a chi piace tutto fino a VERY?a me....e questo?

ciao

d.

tramblogy alle 12:59 del 26 marzo 2009 ha scritto:

azz...targhetta...ho visto le stelle di actually

forse, forse potrebbe piacermi...forse che fosse...non nel fosso. mi sento fesso...eh?!

ozzy(d) alle 13:06 del 26 marzo 2009 ha scritto:

sempre trovati ammorbanti, pero' la cover di go west era simpatica, molto da "trenino" ah ah ah....

Lezabeth Scott alle 13:12 del 26 marzo 2009 ha scritto:

RE:

Massì dai largo ai giovani. Hanno fatto cose pregevoli trent'anni fa, mòbbasta, non fate come "Rumore". ghghgh. "Go West" mi ricorda Amadeus e Federica Panicucci in un Festivalbar di quando ero piccola. Un ricordo tremendo, altro che trenino.

lev alle 13:14 del 26 marzo 2009 ha scritto:

30 anni?! esagerata!!!

target, autore, alle 13:55 del 26 marzo 2009 ha scritto:

I Pet Shop Boys nel '93 non andarono al Festivalbar ma al Disco per l'estate presentato da Claudio Cecchetto, suonando "Liberation" una sera e "Go west" la successiva. Da quell'esibizione la copertina di "Disco 2". Lezabeth, getta la maschera. Tramblogy: prendilo, sì. E' un buon disco per i loro livelli, certamente a un livello superiore di "Fundamental".

tramblogy alle 14:20 del 26 marzo 2009 ha scritto:

grazie tgt!!

però go west vi posso assicurare che è la più brutta di very.

ascoltate le numero dispari dell'album (cosa strana...). very very 5 stelle. (oddio ho esagerato..)

target, autore, alle 14:29 del 26 marzo 2009 ha scritto:

Sono d'accordo con te: "Go West" (direi con "One and one make five") è la minore di "Very", che resta tra i loro dischi più riusciti dall'inizio alla fine. Come vedi, io le stellette le uso con una certa parsimonia. Diciamo che questo è tra il 6 e il 7. PS: ignorate l'attuale tracklist qui proposta perché è sballata, e sarà presto corretta.

Lezabeth Scott alle 14:43 del 26 marzo 2009 ha scritto:

Miiiii, ma senti... statti calmo, avrò avuto 7/8 anni, comunque facevano schifo.

fabfabfab alle 15:18 del 26 marzo 2009 ha scritto:

RE:

Quoto Lezabeth. Anche a me non sono mai piaciuti. Anche se conosco poco della loro discografia. Ci proverò solo perchè mi fido del Targhetta. Per me, ad esempio, ascoltare "Go West" è come ricevere uno schiaffo a mano aperta su un orecchio...

target, autore, alle 15:29 del 26 marzo 2009 ha scritto:

Eh eh. Mi sa che questa è la volta che perderò miserabilmente la tua fiducia! No, seriamente, se vuoi cominciare un approfondimento, non partire da qua, ma casomai da "Behavior" (1990). Mi perdoni Lezabeth, che pensavo essere fake.

DonJunio alle 15:51 del 26 marzo 2009 ha scritto:

sempre il solito discorso,target. l'ironia e l'understatement rendono meno delle personal jesus poses...eheheh. Questo non l' ho ancora ascoltato, ma a parte l'ultimo, non mi

hanno mai deluso, pop di gran classe fino a "release".

TheManMachine alle 17:06 del 26 marzo 2009 ha scritto:

I Pet Shop Boys li ho visti nascere, discograficamente s'intende, al tempo li ho ascoltati molto, anche se mi hanno sempre suscitato molte perplessità. Da una parte mi rendevo conto che c'era stoffa pregiata di raffinatissimi synth-poppers, dall'altra erano capaci di imbarazzantissime cadute di stile, una delle quali è stata pluricitata in questi commenti ("Go West", davvero raccapricciante, e altre, come "What Have You Done for Me Lately", per es.), ma brani come "West End Girls" e "Love Come Comes Quickly" mi sembrano perfetti gioielli pop dance ancor oggi, e infatti mi capita di riascoltarli, di tanto in tanto. Un album di rilievo nella loro discografia oltre a quelli già citati è sicuramente il debutto "Please" (1986). Questo album lo ascolterò, forse...

TheManMachine alle 17:19 del 26 marzo 2009 ha scritto:

Ho cannato di brutto scusatemi, il brano da segno meno che volevo segnalare era "What Have I Done to Deserve This", cantato con la partecipazione di una voce femminile, quella di Dusty Springfield. Qui i PSB scaddero nel poppettino da sagra paesana più trito e banale, purtroppo ciò capiterà sempre più frequentemente coll'aumentare del loro successo mondiale.

target, autore, alle 21:05 del 26 marzo 2009 ha scritto:

Non si può dire che il successo mondiale li abbia musicalmente cambiati, perché lo hanno avuto da subito: "West End Girls", nell'85, loro debutto vero e proprio, arrivò prima in USA, UK, Canada e altri paesi europei. Anzi, si può dire che il loro successo dall'87 in poi sia progressivamente diminuito, col solo picco di "Very". Bella Junio, questo è meglio di "Fundamental", assured.

TheManMachine alle 21:47 del 26 marzo 2009 ha scritto:

Il successo, più che cambiarli, li ha peggiorati. E' fisiologico, uno trova la chiave del successo e progressivamente si adagia, diventa refrattario ai cambiamenti, teme di perdere consensi tentando percorsi creativi inediti per lui e soprattutto per il suo pubblico. E va a finire che album dopo album ripropone sempre la stessa formula stilistica, rimaneggiandola, casomai, più o meno furbescamente. Succede praticamente a tutte le rock e le popstar, è successo anche ai PSB. E' normale e non c'è di che stupirsi. Anche se loro sono sempre stati dei buoni compositori, molto competenti nel loro mestiere, e hanno sempre saputo tenersi a galla. Con alti e bassi però, come ho già cercato di dire. Del resto, un buon 70% del loro potenziale secondo me l'avevano già espresso nel debut album, anche se è vero che il loro acmè artistico è generalmente ritenuto quel "Behaviour" da te citato. Poi non ti ho detto Francesco che la tua recensione mi è molto piaciuta, te lo dico adesso, complimenti!

target, autore, alle 22:04 del 26 marzo 2009 ha scritto:

Non sono d'accordo. "Release", ad esempio, anno 2002, è un disco essenzialmente acustico (tanto che ne seguì un tour con vera band al seguito, Tennant che suonava chitarra e piano, e batterista in carne e ossa), il che non fu un cambiamento da poco per un gruppo che viaggiava da vent'anni tra synth-pop e dance. E resta uno dei loro dischi più intensi.

TheManMachine alle 2:07 del 27 marzo 2009 ha scritto:

E io invece sono d'accordo quasi su tutto, tranne sul fatto che "Release" sia "un disco essenzialmente acustico". Si può dire di quest'album che sia più ripiegato sul versante intimista-malinconico rispetto ai precedenti lavori del duo, per il resto il fatto che si sentano qua e là degli arpeggi di chitarra non basta a definirlo acustico. E' synth pop anche questo, al 100%, altrochè, facciamo al 90 per via della chitarra acustica, via. Per il resto, tastiere computerizzate a go go, drum machine, voce effettata di Tennant in "London", bridgione di synth in "Birthday Boy", "Here" è un brano alla Jean-Michel Jarre, saturo di tastiere programmate. Poi son d'accordo con te che il disco è molto gradevole, diciamo 7/10, anche 7,5. Ma infatti io parlavo di alti e bassi. Questo è un esempio di opera della maturità artistica dei psb riuscita particolarmente bene, ma nulla di straordinariamente innovativo nemmeno relativamente all'economia del catalogo della band.

target, autore, alle 15:22 del 27 marzo 2009 ha scritto:

Vabbeh, così non vale. In "Release" ci sono anche "I get along", "Love is a catastrophe", "You choose". Che non sono "arpeggi di chitarra qua e là", ma pezzi costruiti sulla chitarra. Nulla di straordinariamente innovativo, vabbeh, ma neppure "refrattarietà ai cambiamenti". C'è una via di mezzo, ed è la loro: qualche cambiamento, anche coraggioso, in un impasto e in uno stile essenzialmente costanti (ma, insomma, che dovevano fare? hardrock, trance, musica concreta?).

TheManMachine alle 16:05 del 27 marzo 2009 ha scritto:

Allora qua dobbiamo metterci d'accordo sui termini. "Acustico" secondo me è quando di elettrificato ci sono solamente microfoni e amplificatori. Gli strumenti elettrici ed elettronici, se presenti, hanno un ruolo del tutto secondario e vengono utilizzati soltanto per brevi inserzioni in un brano. Mentre in "Release" di elettrificato c'è tutto, ma proprio tutto l'armamentario tipicamente synth-pop. E il fatto che qui i psb abbiano aggiunto una chitarra acustica, o che anche abbiano costruito interi brani sulla partitura della chitarra acustica, è la classica rondine che non fa primavera. Per me si tratta sempre di variazioni sul tema, rispetto a una formula subito riconoscibile per chi proviene dall'ascolto anche del solo debut album. Tu mi parli invece di "cambiamento non da poco". Io non ce lo vedo. Nonostante questo, il disco è indubbiamente bello, con momenti molto intensi, con brani pop estremamente accattivanti. Quindi alla fine, per un artista pop, conta non tanto il tasso di innovazione apportata in un disco, quanto la capacità di rimescolare le tessere del mosaico in modo da ottenere un'immagine nuova, anche se gli elementi usati per formarla sono sempre gli stessi (con contenutissime variazioni ed aggiunte). E poi insomma target è chiaro che tu sei un estimatore dei psb, diciamo pure un fun. A me i psb piacciono ma non sono mai stato un loro fun, quindi ho sempre mantenuto quella distanza critica che mi consente forse di valutare più a sangue freddo punti di forza e punti deboli della loro opera in musica. E' chiaro che dalla tua posizione tenderai sempre a difenderli ad oltranza, per quanto tu non ti sforzi di essere obiettivo. Io rispetto questa tua posizione. E' molto bello avere una passione e può fare addirittura male quando questa tua passione non viene capita, quando qualcuno ti dà contro o, peggio, fa del sarcasmo. E quindi il mio punto di vista in sintesi è: Pet Shop Boys artisti molto raffinati, hanno prodotto dischi molto significativi per la storia non solo del synth pop ma della popular music tutta. Nella loro discografia non mancano opere trascurabili e risultati mediocri. Non sono mai stati grandi innovatori ma eleganti e intelligenti creatori di ottimi brani pop e disco pop, questo sì, senza dubbio.

tramblogy alle 17:52 del 27 marzo 2009 ha scritto:

ho capito me lo "PROCURO"

ozzy(d) alle 14:39 del 28 marzo 2009 ha scritto:

boh, tutto questo parlare per un gruppo che ha fatto "domino dancing" e "paninaro".....mi sembra sprecato, eh....

Bender Rodriguez alle 23:05 del 13 luglio 2010 ha scritto:

RE:

Chissà a quale vette di musica sei abituato? Disco un pò troppo commercial, il precedente (Fundamental) era due passi avanti.

target, autore, alle 14:45 del 28 marzo 2009 ha scritto:

Infatti noi adoriamo sprecare tempo e parole! tu no?

ozzy(d) alle 15:00 del 28 marzo 2009 ha scritto:

si, ma per le cose che mi piacciono eheheh......de gustibus!!!

loson alle 15:05 del 28 marzo 2009 ha scritto:

Bravo Target! Questo me lo ascolterò senza pretese, come è d'obbligo in casi di questo genere. Io però i Pet Shop Boys li adoro - a parte qualche caduta di stile, vedi "Paninaro" - per cui troverò senza dubbio qualcosina a cui affezionarmi anche qui. E preciso che il loro capolavoro assoluto - imo - non è "Behaviour" ma "Introspective" dell'88, techno-pop già votato house dal quoziente di creatività oserei dire mostruoso: 6 pezzi che si assestano in media sugli 8 minuti di durata, con arditezze formali così kitsch (in senso buono, come quando fanno copulare Debussy e gli ABC nella mega-orgia di "Left To My Own Devices") da causare dipendenza vera. I nove minuti e passa di "It's Alright" è il loro più grande inno (gospel, house,synth-pop e soul tutti assieme), nove e passa minuti fra i più commoventi mai uditi.

Mr. Wave alle 15:15 del 28 marzo 2009 ha scritto:

RE: loson

"...il loro capolavoro assoluto, non è "Behaviour" ma "Introspective" dell'88, techno-pop già votato house dal quoziente di creatività oserei dire mostruoso..." ...concordo. Anche per il sottoscritto "Introspective" rappresenta il lavoro più riuscito della discografia dei Pet Shop Boys.

Totalblamblam alle 15:36 del 28 marzo 2009 ha scritto:

RE:

a cane hill ti porterei aahhahahahahah

qualche giorno fa si sono esibiti al koko ex camden palace, ci sei andato loson?

a me non sono mai piaciuti troppo leccati e plasticosi, scusate ma è così quel sound non ci sono altri aggettivi più appropriati

questo non lo ascolterò ma potrei votarlo alla cieca to boost my reputation (gli altri li conosco e rivenduti tutti in fretta a simone coacci, tanto qua li prendi ad un pound)

tramblogy alle 15:44 del 28 marzo 2009 ha scritto:

w - i'm not scared - w introspective...

ozzy(d) alle 15:55 del 28 marzo 2009 ha scritto:

stokerilla, abbiamo capito anche senza bisogno di replicare i commenti ghghgh

Totalblamblam alle 16:48 del 28 marzo 2009 ha scritto:

RE:

LOL non era voluta davvero è andata in loop la connessione...English weather gghhg

cancellate eh

synth_charmer (ha votato 6 questo disco) alle 15:39 del 5 maggio 2010 ha scritto:

Si, invecchiano bene. Sono ancora in grado di sfornare hit di buon livello.