Kisses
Kids in L.A.
Buttato dopo il debutto The Heart of the Nightlife nel calderone glo-fi, il duo losangelino composto da Jesse Kivel e Zinzi Edmundson fa capire che la propria, in realtà, è una passione filologica per i suoni del synth pop anni 80, e poco conta la nostalgia. Conta, piuttosto, lomaggio ai propri idoli.
Kids In L.A. è un concept sulla noia altoborghese di certe giovinezze californiane. Quella dei telefilm che hanno mandato in vacca ciò che rimaneva di MTV qualche anno fa. Immagini patinate, palme, gnocca, macchine, surf. E lhorror vacui, così, per un tocco esistenzialista (guardate il video qua sopra). Fallito piuttosto miseramente nel suo obiettivo sociologico, resta da vedere se il disco regge a livello musicale. E lo fa. Anzitutto perché produce Pete Wiggs (Saint Etienne), che sa bene come maneggiare e costruire canzoni pop. E poi perché la sostanza melodica, come già aveva dimostrato lesordio, cè: un pezzo electro-pop come The Hardest Part ha tutto a posto per essere, comè, dirompente, con quel ritornello che tira giù tutto come nei migliori Pet Shop Boys dannata.
E poi, certo, cè il solito mucchio di eredità neworderiane, sviluppate soprattutto negli attacchi alti di basso (Having Friends Over) e nelle chitarre che moltiplicano i sostegni melodici (Huddle). Sviluppate, più in generale, nellatmosfera vagamente torbida, che non riflette mai il sole accecante di L.A., se non nellimmediatezza lounge di Funny Heartbeat. Il resto dellalbum si muove tra ombre e grigiori tra Cold Cave e Neon Neon (Air Conditioning), anche grazie alla voce acciaiosa e de-sensibilizzata di Kivel. Motivo per cui suona liberatoria, in coda, linterpretazione della Edmundson in Adjust Glasses sopra una base da electro mid-90 che Wiggs avrà ricreato a propria immagine.
Duo da due impressioni, i Kisses. La prima è che il revival che portano avanti abbia già detto quanto aveva da dire. La seconda è che, in altre vesti, la loro vena pop possa dare ancora frutti, pure migliori di questi.
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