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R Recensione

7/10

Outer Limits Recordings

Foxy Baby

Perché ascoltarsi un disco di Sam Meringue? Uno che neppure si sa se esista davvero, tanto che in molti credono sia un alter ego dello sfuggevole James Ferraro. Uno che mira a superare certo trashume perverso di Ariel Pink. Uno che pubblica sempre con nomi diversi (Matrix Metals, Yoga, Flashback Repository, ora questo Outer Limits Recordings) e che in realtà è (se è) un ex membro dei disastrati Test Icicles. I quali, per inciso, visti dal vivo, nel 2006, una settimana prima del loro scioglimento, furono talmente penosi da convincermi a privarli in eterno di qualsiasi chance per rifarsi (e penso anche al fighetto Devon Hynes, ora Lightspeed Champion). No, dico: perché ascoltare un disco di Sam Meringue?

Un disco come questo, poi: un concept sull’incontro in una Berlino sfatta tra un artista fancazzista e un’affascinante e misteriosa ‘foxy baby’, inseguita tra le discoteche sbrilluccicanti e i rumori acciaiosi della metropoli. Un disco di pop ipnagogico spinto il più possibile verso il cattivo gusto: suoni glammosi e plasticati coperti di echi appiccicosi e presi a prestito dal peggiore pop rock radiofonico tra anni '70 e '80, duetti sfigurati lui/lei che neppure Nick Kamen con Samantha Fox (“Foxy Baby”), chitarroni con la permanente in stile sigla di telefilm per adolescenti scaccolosi (“Smoke Opera”), synth ovattati e lanciati verso l’iperspazio, beat sommersi di riverberi e di gel, effetti da sale giochi di periferia in serate invernali (“Dancin’”), incubi atomico-industriali risolti con tastierine giocattolo (“Backstage Pass”) e verniciati di un cobalto kosmiche. Tutto stravolto in registrazioni orride. Perché?

L’incontro con la foxy baby sfocia in una sigaretta fumata in una notte da invasione dei Visitors (“1000 Ciggies”), ma la magia svanisce in una nuova perdita e in un'eterea smaterializzazione: in “LA Skyline” e “Driving At Night”, tra rombi di motori e allucinazioni fosforescenti, in un ritorno tra le palme e i grattacieli rosati di una California materna, Meringue, scostandosi dal pattume dei jingle eighties e tuffandosi in una psichedelia dreamy aerea e sfumata, tocca i propri vertici (così come nella iper-evocativa “Tanning Salon” come Matrix Metals: per me, finora, il suo zenit). Un mondo di Lamborghini, belle ragazze ossigenate, abbronzature posticce, cocktail fruttati e ammiccamenti funky tornerà in superficie, impiastricciato nelle sue pacchianerie, rimescolato come un drink nel suo rimosso più sordido (e interessante?).

La Not Not Fun fa uscire il disco di Meringue/Outer Limits Recordings in 500 copie di vinile rosa shocking contenuto in una busta zebrata. Il kitsch è sbattuto in faccia, fino a diventare, come la musica, quasi disturbante. Ecco, allora, perché ascoltare il nuovo disco di Sam Meringue. Perché fa schifo. Non è una ragione più che sufficiente?

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Alessandro Pascale alle 11:44 del 20 agosto 2010 ha scritto:

meraviglioso target

ovviamente mi riferisco al finale della rece, perchè il disco fa veramente schifo. Cioè più che altro mi chiedo quanto ci sia di volontario in questa registrazione così talmente scabrosa e lo-fi da suonare peggio di una delle prime cassettine di Robert Johnson trasferita su cd senza ridigitalizzazione. Ed è pure un peccato perchè a sentire i primi pezzi le musiche non sono neanche così male, nonostante l'approccio terribilmente kistch, che vabbè, basta saperlo e premunirsi

target, autore, alle 14:34 del 20 agosto 2010 ha scritto:

Mah, credo che di volontario ci sia molto, come nel primo Ariel Pink, coscientissimo di quello che faceva. Meringue ci mette meno pop e più psichedelia, o meglio, annacqua il pop più trash tra '70 e '80 nella psichedelia, via lo-fi. Storpia talmente tanto il mainstream peggiore di quegli anni da farlo diventare visionario e ipnotico. Dà spessore alla merda. Perciò i livelli di lettura di un disco così sono molteplici (e comprendono anche la presa per il culo), sicché il voto avrebbe potuto essere un 2 come un 8. Ho scelto 7 almeno per "L.A. Skyline" e "Driving at night", belle davvero.

Alessandro Pascale alle 14:48 del 20 agosto 2010 ha scritto:

no ma infatti a livello musicale a me piace abbastanza. Solo non mi spiego davvero una produzione che invece di essere lo-fi mi sembra solo un casereccio veramente indigesto che a fine disco mi ha procurato un certo mal di testa. la domanda è: perchè? Il clima psichedelico (al limite del krauto) che ne viene fuori è in realtà un quasi purissimo loop rumoroso, ed a mio avviso è un peccato perchè le musiche che stanno sottofondo sono notevoli. Difficile giudicare un disco così cmq, è vero

fabfabfab alle 14:52 del 20 agosto 2010 ha scritto:

beh dai, vista la "ripulita" che si è recentemente dato Ariel Pink, questo disco arriva nel momento giusto....

target, autore, alle 15:15 del 20 agosto 2010 ha scritto:

Ah, sì, nel momento in cui altri sono arrivati a fare compagnia ad Ariel Pink, lui si è spostato più in là, togliendosi la maschera lo-fi (e non so ancora se così mi piace o no). Che poi Meringue non ha i suoi hook, e fa un'operazione in parte diversa, ripescando, più che dall'FM più bieco, dai jingle, dalle sigle, dagli stacchetti, dalla spazzatura della spazzatura, ma senza le rifiniture giocose e calde (e tutto sommato pop) di un Neon Indian. Il perché di tutto ciò, per me, Ale, può essere solo uno: Meringue vuole fare schifo. E ci riesce benissimo (e non è così facile, soprattutto oggi, quando tutti sono bravini a fare qualcosa anche senza volerlo).