Babalot
Dormi o Mordi
È buffo Babalot, proprio non lo si capisce. Sembrava essere sparito, dopo Un segno di vita (2006), e invece nel 2011 è tornato allimprovviso con un mini-album (Non sei più), come ad annusare laria (cè ancora, là fuori, spazio per me?). E alcuni segnali positivi cerano stati: Babalot era bello che tornasse. Però ci ha messo un crowdfunding e quattro anni, Sebastiano Pupillo, per tornare davvero. E lo fa con un disco ancora meno inquadrabile e a fuoco dei precedenti.
Non ci sono, in realtà, in Dormi o Mordi, autentiche svolte rispetto a quanto ci si aspetta da un disco di Babalot, se non l'impressione di un album più "suonato" dei precedenti: i pezzi continuano a essere storti, i testi onirici ma zeppi di riferimenti quotidiani, gli arrangiamenti fantasiosi e sgangherati, in costante bilico tra rimandi colti e indie pop a buon mercato, con i clarinetti che si intrecciano alle chitarre più straccione. Le potenzialità sono, dunque, sempre straordinarie: dove vengono sfruttate fino in fondo, come nelle trame cabarettistiche stralunate di Ottantaquattro o nelle fisarmoniche corali di Un Ragazzo, Babalot resta un unicum della scena italiana di fronte a cui pare di essere sempre pronti a gridare al genio, come un nuovo Rino Gaetano chiuso in una cameretta dopo una dose di Beat Happening.
Il fatto è che, soprattutto rispetto ai tempi di Che succede quando uno muore, è calata lefficacia melodica, la capacità di azzeccare il pezzo pop davvero, nel suo piccolo, perfetto (forse 21 marzo, qua dentro, è ciò che gli si avvicina di più, ancor più della filastroccante Riccardo, con ukulele), e così alcuni brani si sfanno o in una incompiutezza non più programmatica come ai tempi di Un segno di vita (anche se Evasore, puro coro, ma tagliente, e il bluegrass da cartone animato di Briciole lì non avrebbero affatto stonato) o in un vagabondaggio un po' troppo scentrato (Come stai, Pranzo) o nell'incertezza fatale - eternamente babalotiana - tra pop e punk (Liberarsi, Macchina). Detto questo, l'ascolto resta divertente, sia dove gli arrangiamenti sono più prevedibili ma la scrittura spicca ("Nido"), sia dove l'estro della coloratissima cricca di cui Pupillo si circonda dà vita a circhi sonori pieni di sorprese (vd. il bandismo di "La gente").
Non si dorme, ma neppure si morde.
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