Saluti Da Saturno
Shaloma locomotiva
A mendo di un anno di distanza dal precedente Dancing Polonia, i Saluti Da Saturno son tornati con un disco partorito nel Laboratorio Bologna Mellotron (Labotron) per la collana di musica libera Shaloma locomotiva. La band romagnola formata da Mirco Mariani, ex batterista di Enrico Rava e Vinicio Capossela, coadiuvato da Marcello Monduzzi, ha messo su un baraccone itinerante con carillon, pianobar e balli di coppia. Dopo aver trascorso molto tempo a ricercare, con perizia filologica, strumenti desueti o addirittura dimenticati, Mariani ha deciso di rinvigorire le qualità del folclore di Romagna, a partire dalleterno amore nei confronti del ballo liscio di Secondo Casadei, maestro orchestrale che affermava che «la musica romagnola non tramonterà mai, finché ci sarà una sola persona che avrà voglia di ballare».
La Shaloma locomotiva, che rimanda subito ad un immaginario fatto di viaggi e di pace, è un disco di cover più o meno profane. Si comincia con La rosa bianca di Sergio Endrigo, bellissima traduzione del cantautore istriano di Cultivo una rosa blanca del poeta cubano José Martí. Si prosegue con Baciami tanto (traduzione del classico Besame mucho di Consuelo Velázquez), che adesso diventa dissonante, elettrica ed elettronica. Quella che sembra una canzone ideale per il pianobar di mezzestate, nei fatti si dimostra un pezzo assoluto, passibile di qualsivoglia interpretazione e rivisitazione. È la volta di Ciao mare di Raoul Casadei, una vera propria hit del boom del liscio (1973), con i Saluti Da Saturno che spolverano celeste, optigan, dulciton, clavicembali e armonium.
Dopo che una Geloso depoca trasmette per laere la lontana risonanza de Il tango delle capinere (di Cesare Andrea Bixio, quello di Parlami damore Mariù), i nostri confezionano il primo gioiellino del disco, Sassi di Gino Paoli, per loccasione trasformata in unavvincente canzone indie rock con tanto di distorsori e FX elettronici. Il sapiente utilizzo di arcaici sintetizzatori come lOndioline, il clavioline e il Solovox, producono effetti stranianti e allucinogeni in Romagna mia e una filastrocca ne La paloma azul, famoso standard brubeckiano. Il disco si chiude con un altro gioiellino, Io vorrei non vorrei ma se vuoi di Lucio Battisti, mutato in un dolce incubo synthpop con tramezzi orchestrali e noise, e con Io che amo solo te, altro brano endrighiano di illimitata portata, uno di quei capolavori della musica italiana che nella spiazzante semplicità trova la sua vibrante ed imperitura forza.
Nei Saluti Da Saturno cè dunque la lucida follia del jazz, la scanzonata sottigliezza dei nuovi cantautori italiani (Brunori Sas, Colapesce, Ex-Otago, DiMartino ecc.), la cocciuta ricerca delloriginalità, laltrettanto orgoglioso legame con la tradizione e il gusto vintage per i sintetizzatori malandati. Tutto ciò concorre a rendere quello dei Saluti Da Saturno uno dei progetti più interessanti del panorama italiano e, se è vero che Shaloma locomotiva va considerata una tappa intermedia o un esercizio di stile o un omaggio ai padri, altrettanto vero è che Mirco Mariani ha davvero qualcosa da dire, e i modi che utilizza ci piacciono assai.
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