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R Recensione

7,5/10

Calvino

Gli elefanti

Calvino è uno dei nomi nuovi della musica italiana del 2015, e a breve potremo inserirlo tra quei giovani autori che con eleganza stilistica e leggerezza formale stanno rivitalizzando la più mitologica delle figure musicali italiane: il cantautore. I giovani cui ci riferiamo sono Brunori Sas, Dimartino, Vasco Brondi, Dente, Colapesce, Zen Circus, Nicolò Carnesi e Baustelle su tutti, cui aggiungiamo i più maturi Cesare Basile, Paolo Benvegnù, Mauro Ermanno Giovanardi, Samuele Bersani, Marco Parente, Afterhours e Marlene Kuntz. L’esordio di Niccolò Lavelli, in arte Calvino, si intitola “Gli elefanti” ed è, senza troppi giri di parole, un bel disco, proprio un bel disco.

Gli arrangiamenti sono pieni e molto curati, i testi stagionati e completi, le idee musicali, da un punto di vista generale, risultano innovative e particolarmente gradevoli. Insomma, la stoffa del cantautore – di quello che unisce profondità di scrittura e melodia – c’è tutta. La strumentazione di Calvino è volutamente d’antan, dalle tastiere a transistor Farfisa al piano Rhodes, passando per la Guild Starfire V e il minimoog, fino agli amplificatori Ampeg; persino la consolle per il missaggio è analogica, una SSL 4000G+, relegando  Pro Tools «a mero nastro digitale», con riferimento al re dei software di produzione audio. Il risultato finale è dunque in linea con quella nuova ondata di cantautori succitati, anche se Lavelli si ritaglia un angolino tutto suo poiché unisce alla melodia colapesciana e ai temi brondiani una personalissima impronta kafkiana, come se nel trambusto e nel degrado quotidiani delle nostre città vedessimo passeggiare elefanti senza domatore.

Il disco consta di otto pezzi, tutti godibilissimi e tutti costruiti in forma strofica di ballata classica. Giusto per dare un’idea dei testi Lavelliani citeremo: «E cosa potrò mai far per te / oltre che stringerti il collo?» (“La perdita del controllo”), «Penso di aver visto gli elefanti / dentro a un buco che era il culo delle cose» (“Gli elefanti”) e «Il mio divano ha preso la forma di un guscio d’uomo / e la mia unica fuga è quella nel tuo utero vuoto» (“Gli astronauti”). Un nome pesante quello di Calvino, di cui ci piacciono le inesattezze vocali come pure le forzature nella metrica. Qualora perfezionasse queste trascurabili inesattezze, potremmo allora parlare di un artista compiuto del nuovo cantautorato italiano. Per Calvino, personalmente, sono pronto a mettere la mano sul fuoco!

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