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R Recensione

7,5/10

Francobeat

Radici

«La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla. Il manicomio ha qui la sua ragion d’essere». Queste eran le parole di Franco Basaglia, il neurologo italiano che ispirò la discussa legge 180/1978. Per quanto riguarda la musica, sono diversi gli artisti che han tentato di dare una chance ai matti: alla memoria sovviene Daniel Johnston, o Simone Cristicchi col suo bellissimo “Dall’altra parte del cancello” (2007), e ancor più l’etichetta belga Sub Rosa con le due compilation “Musics in the margin”. Ora arriva questo Francobeat (all’anagrafe Franco Naddini) che ai matti dà voce per davvero, tanto che nel suo disco sono parolieri nonché cantanti.

 

Radici” prende il nome dalla struttura di residenza per disabili mentali Le Radici di San Savino, sulle colline di Riccione, dove il Francobeat è stato coinvolto, dapprima per gioco, nella costruzione di un progetto di collaborazione con gli ospiti della struttura. E questi ultimi si sono scatenati, sciorinando universi paralleli, declamando amori e desideri, farfugliando idee, scarabocchiando il mondo e facendolo diventare molto più poetico di quanto sia in realtà. Niente buonismo qui: non ce n’è bisogno. I matti sono creature davvero fantastiche e nei loro gesti e nelle loro parole sprigionano il potere dell’immaginazione allo stato puro, in perfetta comunione con un’altra genìa di creature, quella dei bambini. “Radici” proviene dunque dalla grandissima verve pedagogica di Gianni Rodari, ma potrebbe anche esser figlio dell’“adorabile” di Arthur Rimbaud.

 

Le canzoni presentate da Francobeat utilizzano la forma-canzone tradizionale del pop, dalla ballata romantica al fraseggio rap, passando per momenti più rockettari, elettronici o jazz. Ma è forse la dimensione autorale quella che interessa maggiormente. Infatti c’è il pazzo che scrive: «I matti guariscono e vanno in pizzeria, / i medici che non hanno più da guarir nessuno / vanno a bere un drink a Belluno» oppure quello che afferma: «Mi è riscresciuto il testicolo destro». In uno dei pezzi migliori del disco, “Io ero bellissima”, per contrabbasso e pianoforte, col featuring di Giacomo Toni e Santo Barbaro, la matta scrive: «Io sono una ragazza tutta bella / che ha un carattere docile e malleabile, / non una puttanella. / Io sono un’istriona / ma la genialità è ancora buona, / ma non è compito mio pregare Iddio».

 

E poi ancora in “È bella la pioggia”, gli ospiti della residenza, in un impeto di solidarietà palesano: «È bella la pioggia per chi una casa ce l’ha / ma per chi sente ogni notte un freddo polare / noi fortunati, che saltelliamo qua e là, / quando possiamo, un pensiero e una coperta dobbiamo regalare». Echi di bossa nova elettrificata in “Camminare”, che vede la collaborazione di Moro e Giuseppe Righini, follie sperimentali ne “Il pupazzo di neve”, fino ad arrivare alla dichiarazione d’amore in stile sixties di “Carmencita” (feat. Sacri Cuori) in cui il matto di turno afferma: «Sei brava a cucinare, / oh Carmencita ti porto a ballare / e a nuotare tra i pesciolini / del nostro grande mare». Il CD si chiude con “Che cambino le cose”, dove Francobeat si fa aiutare dal grande John De Leo, per un pezzo tanto memorabile quanto languido e stralunato.

 

Radici” è un disco che utilizza la musica come pretesto, perché in fondo questo è un libro, una testimonianza, un documentario. Ma, più di tutto, “Radici” è un’opera d’arte, un’opera scritta e firmata da persone irresponsabili, incoscienti, illogiche, che qui dimostrano di essere responsabili, sensibili e creative. Speriamo davvero, come dice uno dei tanti matti: «che cambino le cose / in meravigliose».

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