R Recensione

6,5/10

Dead Guitars

Shelter

Carlo Van Putten ha collaborato a lungo con Adrian Borland dei Sound, con Marty Willson-Pyper dei Church e con i Chameleons. Pete Brough, Ralf Aussem, Hermann Eugster e Kurt Shmidt provengono dai Twelve Drummers Drumming, seminale band tedesca degli anni ’80, e dalla band di Nina Hagen. Le coordinate dei Dead Guitars, multietnica band con base in Germania, sono tutte qui, e sono sufficienti ad inquadrare una carriera giunta, con “Shelter”, al quarto album: pop rock costruito su un muro elettroacustico di chitarre, ritmica squadrata e la voce ricca di pathos del Van Putten.

Il gioco dei rimandi potrebbe essere molto lungo e comprendere una lista di band e musicisti che dagli anni ‘80 in poi ha popolato le scene mondiali della musica pop rock, con particolare propensione alla scena britannica, dai Simple Minds di Jim Kerr, evocati dalla forte impronta emotiva del cantante, ai Verve di Richard Ashcroft per la propensione alle ballads dilatate. Le undici tracce, attraversate da agrodolci aromi wave (“Heaven seven”, “I Surrender”), brezze di rock radiofonico (“Happy Sad”), leggeri refoli progressive (“Half light/Hangout In Heaven”) o colpi di bora kraut (“Love Rules”), sono accomunate da una costante, quasi spasmodica, ricerca del riff ad effetto, del gancio melodico da conficcare nella memoria dell’ascoltatore. Tentativi che talvolta centrano l’obiettivo, con la lieve ed accattivante “Bullet Proof” ,l’acustica “Wooden Head”, o la conclusiva, floydiana “Traffic Lane”, mentre, in altri casi, si risolvono in innocui dardi sparati nel popolato firmamento del pop melodico

L’approccio, a seconda dei gusti e della predisposizione del momento, può irritare oppure intenerire. Io propendo per la seconda lettura, scorgendo fra le dieci tracce un’onestà di fondo nel tentativo di accostarsi ad epigoni ben più illustri, e  perdonando persino qualche peccato più che veniale (vedi il riff in odore di plagio all’inizio di “Mona Lisa”, da non far ascoltare a The Edge). Se cercate mistero ed inquietudine in questo disco, dovrete accontentarvi di decifrare una sigla sociale che sembra nata per smentire il contenuto delle composizioni. Le chitarre, da queste parti, sono più vive che mai.

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