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R Recensione

6,5/10

Insooner

Caimani

Se si volesse dare una definizione sonora all’alternative rock, questo disco sarebbe l’ideale: duro, passionalmente strumentale, poco pop, molto rock. Gli Insooner, band varesina formatasi nel 2003, dopo alcuni avvicendamenti, arriva a noi oggi composta da Juan Manuel Di Stefano al microfono e al basso, Matteo Renna ai cori e alle chitarre, e Giamma Gallicchio alla batteria e alle percussioni. Testi rigorosamente in italiano cantati in maniera esemplare, un sound maschio che lascia molto poco al patetismo e una costante contaminazione nei territori della psichedelia e del post-rock. “Caimani”, prodotto da Daniele Landi degli Interno 17, smonta così la gravosa impalcatura pop dell’underground italiano per imprimergli una spinta violentemente rock, incendiaria come quella che imposero anni addietro altre band oggi stimatissime (Verdena, Afterhours, Ministri, Marlene Kuntz, Julie’s Haircut, Bugo ecc.).

Questo secondo album degli Insooner parte da “Alluvioni”, brano ritmato e suggestivo, che traghetta la bella stagione nel grigiore dell’autunno; batterie accalorate e pianofortini in subbuglio sembrano disegnare l’avvento di questa sporca stagione. Con “Caimani infernali” la voce si fa filtrata e la visionarietà della band esplode in tutto il suo esprit de geometrie, in un coinvolgente improperio contro gli indifferenti, gli ignavi, i pigri di ogni risma, quelli che si lasciano trascinare dagli eventi; il rock sa infatti essere dolce ma sprezzante, con un 4/4 suadente che pian piano si sfascia nelle bordate di chitarra elettrica. Il rituale alternative rock si consuma “Sul mare di Okinawa”, con un pezzo che tracima presto nel post, disegnando panorami insulari, soli atomici, navi incagliate, atolli annoiati, amori sgualciti. Non a caso arriva “Giuda”, espressione stereotipata del tradimento, ad ingrassare il discorso nichilistico di “Caimani”: il caos e l’inadeguatezza del nostro tempo diventano allora un controalibi all’invisibilità dell’individuo; il suono è stordente e il ritmo incalzante finché il brano – molto lungo di per sé – si piega ad un certo concettualismo neoclassico, col violino di Nicola Manzan (quello di Bologna Violenta) che sbraita contro un oboe. Poi polvere e sudore con “Icaro nel fango”, traccia arrabbiata e perfettamente alternative, prima di arrivare a “Il panorama dal sole”, unico esperimento veramente radiofonico dell’intero progetto, con una travolgente tablatura che permette al brano di fluire lucido e affabile, lasciando solo intravedere le sue potenzialità pop. “Fionda” riallaccia i fili con l’incipit e, come ogni brano di rock strumentale che si rispetti, è veloce, diretto e aggressivo. “Caimani” si conclude dopo poco più di mezz’ora con “Istantanea della fine”, un pezzo straordinariamente melodico, visto il mood sinora tenuto, con rimbalzi di pianoforte e un levare di batterie che gentilmente accompagnano un testo davvero intimo.

Non so dire quanto irresistibile sia questo “Caimani”, né se riuscirà a sfondare quella nebbiosa cortina di ipocrita leggerezza del sistema radiofonico italiano. Entrare nel giro giusto, mediaticamente e artisticamente, richiede sempre un compromesso col proprio talento, il che non è per forza simbolo di voltagabbanismo. La scelta è ora in mano agli Insooner: ammorbidire il suono, renderlo più estetico, oppure proseguire orgogliosamente nella ricerca di un’alternativa al rock degli accordi in croce. Fatto sta che dopo “Assemblando oceani per annegare in pace”, questa seconda prova di lunga durata piazza definitivamente una nuova band sul palcoscenico musicale italiano. Teniamone conto.

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