Afterhours
Hai Paura Del Buio?
Non pochi miei conoscenti sostengono che la musica sia morta, mentre vedono quella italiana giostrarsi tra il nulla e la compagnia di Ramazzotti, cui indirizzano odio profondo.
Gli Afterhours riescono invece a piazzarsi in quel vuoto fra i poli che è la buona musica.
Non tanto per le capacità tecniche, che non mancano neanche in gruppi discutibili, ma per la freschezza con cui portano proprie idee (l’elemento novità passa quindi in secondo piano rispetto alla personalità).
Il nome non è di certo un inedito musicale, tanto da annoverare sotto le sue effigie, giusto per citarne un paio, un disco di Gary Moore (1992) e uno di Linda Perry (1999). In realtà non è un mistero che il gruppo renda omaggio all’omonima canzone dei Velvet Undergound. Da qui inizia la serie di gruppi e cantautori ai quali gli Afterhours renderanno il loro personale riconoscimento (dai Joy Division a Ivano Fossati).
Dopo un primo periodo anglofono arriva la svolta verso il cantato in italiano, che premia il gruppo a livello di critica e pubblico. Germi (1995) e Hai paura del buio? (1997) sono difatti ritenuti tutt’oggi le pietre miliari del gruppo ideato originariamente da Manuel Agnelli (voce, chitarra, tastiere nonché unico punto fermo delle varie formazioni). Siamo ancora lontani dal successo di pubblico che li abbraccerà tra il 2002 e il 2005, ma è da questo momento che diventeranno il nuovo punto di riferimento della musica rock alternativa (italiana ovviamente).
L’ottimo mix di punk, hardcore (Dea su tutte), pop-rock e post grunge (Male di miele strizza entrambi gli occhi ai fan dei Nirvana) fa da ideale cornice a testi decisamente ironici e affatto innocui (siamo ancora lontani dai toni desolati e intimistici dei lavori di nuovo millennio); sabato in barca a vela lunedì al leonkavallo l’alternativo è il tuo papà (Sui giovani d’oggi ci scatarro su), forse non è proprio legale sai, ma sei bella vestita di lividi (Lasciami leccare l’adrenalina).
Tra cavalieri sieropositivi e l’indie rock di 1.9.9.6. c’è solo da proferirsi in un profondo inchino per un lavoro degno della miglior tradizione italica, anche se non si ripetono gli albori luccicanti di Area e CCCP.
Rispetto ai tempi attuali il gruppo non aveva né fiati né violini ma era una semplice triade d’impatto. Ritornelli accattivanti, aggressività, angoscia e ironia sono le fondamenta di un disco che secondo alcuni avvicinò la Penisola all’alternative rock yankee.
L’album ebbe forti difficoltà a trovare un’etichetta disposta ad appoggiare il progetto, tanto da precipitare Agnelli in un dirupo di debiti, inducendolo a vedere Hai paura del buio? come una sorta di dipartita musicale in armi. Che sia la Schiffer ad aver convinto il gruppo ad andare avanti?
La chitarra con ricadute noise e indie di Xabier Iriondo (che abbandonerà il gruppo nel 2001) resta uno degli elementi portanti a livello musicale e di composizione ma il tutto risulta quasi vano.
Per ritornare all’incipit della recensione gli sprazzi di buona musica, parlando di Italia, restano sempre molto isolati. Il primo posto in classifica dei CSI il secondo degli stessi Afterhours non sembrano scuotere l’andamento generale della musica e dell’ipocrisia morale che tanta arte riesce a ispirare (indignando).
E voglio un’altra stronza rivoluzione […] Non so chi colpire perciò non posso agire Io sento su di me la mia libertà ha un cuore bianco come eroina.
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