R Recensione

8/10

Verdena

Requiem

Ci si cominciava a chiedere che fine avessero fatto i Verdena dopo quello splendido Suicidio Del Samurai di tre anni fa che li aveva consacrati definitivamente come una tra le migliori rock-band italiane. E finalmente troviamo la risposta. Per Requiem i Verdena tornano ad essere un power-trio come dio comanda, abbandonando per strada il tastierista Fidel che in effetti non aveva lasciato ricordi indelebili nell’immaginario collettivo.

Le canzoni: quindici. Tante, si direbbe. In realtà almeno quattro sono intermezzi musicali ben caratterizzati: Marty In The Sky apre il disco con lo scoppio di una bomba e il clamore che ne consegue. Fin troppo facile intuire la metafora dell’album che provoca il botto. Meno allegorici gli altri tre “intervalli”: ritmo tribale per Aha, atmosfera cosmica per Opanono, semplice melodia per Faro.

Ma perché continuare a nascondersi dietro a queste inezie che non dicono nulla di rilevante?

E allora diciamolo: che i Verdena se ne sono usciti con un altro ottimo disco, uno di quelli che bastano due-tre ascolti per capire che vale davvero, che non è una bufala del momento. Che canzoni come Non Prendere L’acme, Eugenio, Isacco Nucleare e Il Gulliver non escono tutti i giorni nel depresso panorama musicale italiano.

È vero, i Verdena non hanno inventato nulla, assolutamente nulla. Questo è ormai un dato di fatto inequivocabile. E anche Requiem non offre nuove strade da percorrere alla musica contemporanea, ci mancherebbe. È però sicuramente un bel segnale di vita per il rock nostrano. Soprattutto per il fatto che il gruppo si avventura in territori musicali diversi dal solito, confermando la tendenza già mostrata nel precedente album di abbandonare le semplici canzoncine dai toni eccessivamente morbidi (qui rimane solo la tenera Trovami, un modo semplice per uscirne) e di evolversi verso un rock più sporco, lascivo e distorto.

Hard rock ma non solo, perché aldilà dei riff pesantissimi di Don Callisto e Il Caos Strisciante si rimane soprattutto sorpresi dalle sonorità post-stoner che traspaiono un po’ ovunque. Ascoltando brani come Isacco Nucleare, Canos, Was? e il singolo Muori Delay sembra proprio che Ferrari e compagni si siano fatti una scorpacciata della discografia dei Queens of the Stone Ages e poi abbiano tentato di imitarli. Il confine tra rielaborazione e plagio è molto sottile, e se optiamo per la prima opzione è perché comunque anche in questi brani traspare un’acquisita maturità compositiva e un’attitudine decadente e cupa tipica della band bergamasca.

Stupisce soprattutto il fatto che li avevamo lasciati ancora con l’etichetta di “Nirvana italiani” e li ritroviamo più eclettici, capaci di aumentare le dosi di psichedelia (a sprazzi in mezzo al wall of sound di Non Prendere L’acme Eugenio e nella lunga cavalcata di Sotto Prescrizione Del Dott. Huxley) e di fonderla con impreviste tendenze progressive le quali traspaiono nella splendida semi-ballata Angie e soprattutto nella coraggiosa Il Gulliver: dodici minuti di continui cambi di ritmo e riff devastanti in cui Ferrari alterna lingua italiana e inglese.

Quasi stupisce di trovare anche un brano interamente acustico: un’eccezione in mezzo a un disco possente, cattivo, a tratti incazzato. Una conferma importante. E forse anche qualcosa di più.

V Voti

Voto degli utenti: 7,6/10 in media su 24 voti.
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george 7/10
bargeld 10/10
Lux 6/10
Cas 8/10
motek 7/10

C Commenti

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Marco_Biasio alle 20:22 del 6 aprile 2007 ha scritto:

Requiem for a dream

Lo devo ancora ascoltare, e la tua recensione mi spinge a farlo all'istante... però, non so se l'hai notato, che sul Web ci sono anche altre analisi del disco... non proprio benevole. Tu che ne dici?

Alessandro Pascale, autore, (ha votato 8 questo disco) alle 23:10 del 11 aprile 2007 ha scritto:

Mi scuso per il ritardo

Cmq penso che la domanda da fare sia: perchè? Perchè così tante critiche a un gruppo come i Verdena? I detrattori spingono sul fatto che il gruppo non sia originale e che la qualità complessiva sia mediocre. In realtà dei quattro album che hanno fatto io non ne vedo uno sbagliato. Forse i primi più ingenui ma non per questo meno genuini e vitali. Sul fatto che siano molto poco originali non c'è niente da dire. Il punto è che in giro di gruppi rock che non hanno inventato nulla ce n'è ovunque. E spesso con successi di critica e di commercio ben maggiori. A me sembra proprio che alla base di ogni critica ci sia una certa invidia o più che altro l'incapacità di comprendere che ci possa essere un gruppo rock italiano capace di suonare ugualmente bene di altre band inglesi o americane che magari godono di più attenzione da noi solo perchè hanno l'ormai famoso "the" davanti al nome. In realtà Verdena, Giardini di Mirò, Julie's Haircut, Afterhours, Marlene Kuntz, Lacuna Coil e tanti altri sono realtà musicali nostrane su cui si dovrebbe investire. Non vedo motivi per cui non possano trovare mercato all'estero. Non so penso che il grosso problema dell'Italia in generale sia l'incapacità di credere nei propri mezzi culturali e artistici. Oddio dovevo solo giustificare una rece positiva e ho fatto un'analisi sociologica dell'Italia. Vabbè cmq il disco è davvero buono fidatevi. Certo solo se vi basta un'oretta di rock fatto come si deve senza troppe pretese innovative eh. Altrimenti andatevi a cercare i Liars e gli Oneida

Marco_Biasio alle 13:51 del 13 aprile 2007 ha scritto:

Clap clap

Quoto tutto quello che hai detto tu. E aggiungo, ai gruppi italiani su cui puntare per il futuro, gli Amari e gli Yuppie Flu. Ahimè, invece, dissento sui Lacuna Coil: grande gruppo, certo... ma solo prima della release di "Karmacode", passo falso clamoroso... comunque, fondamentalmente mi trovi d'accordo. Ora proverò ad ascoltarlo: certo che sono meglio i Verdena dell'ennesima band di brit-pop/rock di cui tutti parleranno per due, tre mesi al massimo, e che poi finirà inevitabilmente nel cassetto dei dimenticati.

Cas (ha votato 8 questo disco) alle 9:16 del 6 agosto 2007 ha scritto:

io sono l'hippy che fuma i giorni tuoi...

mai un passo falso questi verdena! è incredibile poi come sia evidente nei loro quattro album, un' incessante e consapevole maturazione, giunta al suo culmine proprio in requiem. grande luca ferrari

Lux (ha votato 6 questo disco) alle 16:44 del 10 aprile 2008 ha scritto:

Accettabile

Penso sia il mio preferito dei Verdena.

ThirdEye (ha votato 5 questo disco) alle 1:41 del 8 agosto 2008 ha scritto:

Leggermente meglio degli altri,ma niente di che

Brian Storm (ha votato 8 questo disco) alle 17:27 del 10 novembre 2008 ha scritto:

mh

Sinceramente preferisco di piu il suicido del samurai

bargeld (ha votato 10 questo disco) alle 11:55 del 27 gennaio 2009 ha scritto:

pochi in italia hanno questa violenza, e pochi suonano così psichedelici... derivativi o no, fanno (e suonano) grande musica. bravi [voto 8.5]

ozzy(d) (ha votato 7 questo disco) alle 20:02 del 31 gennaio 2009 ha scritto:

riascoltato oggi. Alla fine è un buon disco dai, forse il loro migliore. Nonostante l'originalità non sia proprio di casa.

MisterMusic alle 0:10 del 27 maggio 2009 ha scritto:

Muori delay da incorniciare

come da titolo, per me muori delay è eccezzionale. un disco tutto a quel livello è saremo di fronte a un balordo capolavoro

Mr. Wave (ha votato 8 questo disco) alle 13:43 del 27 maggio 2009 ha scritto:

[mi ripeto...] Sciaguratamente sottovalutato, minimizzato e trascurato da gran parte della critica. Per me, rimane un'opera ambiziosa, multiorganica (per svariati richiami a stili e generi musicali), compatta e vigorosa. Azzarderei col dire, che per certe intuizioni e spunti creativi, è superiore a ''Il Suicidio dei Samurai'', quotato ed eletto a più riprese come il capolavoro della band. Perfettamente concorde con la recensione di Pascale

MisterMusic alle 18:49 del 31 maggio 2009 ha scritto:

Sono abbastanza d'accordo con Mr Wave. Credo che Requiem sia un disco molto affascinante, con momenti davvero notevoli (Don Calisto, Muori Delay, . Forse un minutaggio, Trovami un Modo Semplice Per Uscirne, ecc). Un minutaggio più ridotto l'avrebbe reso migliore (personalmente non mi piace tantissimo Il Gulliver, per me inutilmente lunga). E' duro a morire il pregiudizio nei loro confronti dopo Valvonauta. Ce l'avevo anch'io, prima di vederli dal vivo nel 2003 a Torino: concerto bellissimo e il Suicidio del Samurai ottimo album

hiperwlt (ha votato 8 questo disco) alle 10:46 del 20 dicembre 2009 ha scritto:

insieme al suicidio, il mio preferito dei verdena

qualcuno sa dove sono finiti?se esce qualcosa a breve o altro?

icominto alle 16:32 del 26 giugno 2010 ha scritto:

sembra che verso fine anno esca l' ultimo lavoro... e che si chiamera' "WOW".

Liuk Pottis alle 11:02 del 16 novembre 2010 ha scritto:

Mi schiero dalla parte di coloro che reputano "Requiem" un bel disco. Mi è sembrato tale fin dal primo ascolto e non mi sono mosso da tale giudizio. Meno incisivo de "Il suicidio dei Samurai", ma più ambizioso e ricercato. Anche i testi, stavolta, sono più validi.

Simone Giorgio (ha votato 8,5 questo disco) alle 16:17 del 7 novembre 2013 ha scritto:

Monolitico e al tempo stesso vario. Nulla di nuovo, vero, ma la capacità di unire vari spunti in un'opera così compatta non può non colpire. Assieme ai Baustelle, l'unico gruppo italiano che meriterebbe una dimensione europea

FrancescoB (ha votato 6,5 questo disco) alle 20:29 del 13 febbraio 2015 ha scritto:

Rivalutato con il tempo, anche se non tutto mi convince in pieno. A parte il pezzone di Eugenio, i miei preferiti sono quelli più fuori contesto: "Trovami un modo semplice per uscirne" (forse il mio preferito assoluto della band) e la stonesiana "Angie". Oggi correggerei il voto in un 7, senza dubbio.

tramblogy alle 21:01 del 9 agosto 2015 ha scritto:

bel disco. suonatissimo.

Robinist (ha votato 8 questo disco) alle 2:36 del 22 dicembre 2017 ha scritto:

Dottore! Ridammi euforia.

Nelle interviste dicono spesso di ispirarsi alla musica anglosassone o americana più che a quella nostrana, e a mio avviso si sente! Tanto dalla parte strumentale quanto soprattutto dal modo di scrivere i testi. " Ho sempre apprezzato chi riesce a scrivere per immagini piuttosto che quelli che ti raccontano le cose per filo e per segno " ha affermato il cantante a questo proposito.

È un gran peccato che gruppi estremamente simili a loro riscontrino in Italia molto più successo solo perché cantano in inglese.

Con loro non ho bisogno di nessun dottore che mi dia euforia...