Modest Mouse
No One s First and You re Next
Dopo che “We Were Dead Before The Ship Even Sank” raggiunse due anni fa la numero uno negli Stati Uniti, i Modest Mouse hanno dovuto fermarsi e ripensarsi, quasi sbalorditi da un evento che dieci anni prima, quando lottavano con i fantasmi dei Pixies e del culto sotterraneo, sfornando dischi dai titoli mediamente chilometrici, non poteva neppure essere immaginato. La recente svolta maggiormente radiofonica, innegabile, non ha comunque tolto autenticità e freschezza a una band che ha saputo rinnovarsi senza rinnegarsi, passando indenne attraverso cambi di line-up e inglobamenti scomodi (Johnny Marr su tutti, provenienza Oasis).
Questo Ep di 8 tracce e 33 minuti dal titolo consuetamente lungo e beffardo vale come una sorta di breve retrospettiva, dal momento che raccoglie materiale composto ai tempi di “Good News For People Who Love Bad News” e “We Were Dead Before The Ship Even Sank” ma poi rimasto fuori dai dischi. Per quanto molto spesso esibiscano i lati più sperimentali ed esplorativi di una band, non sempre i ripescaggi e le raccolte di out-takes sono dotate del dono della necessarietà: questo, per fortuna, sì. L’insieme risulta molto gradevole e non troppo disomogeneo, sebbene faccia convivere episodi memori dei primi lavori degli anni ‘90, più secchi e sfocati, con pezzi rock diretti parenti delle indie-sponenze spastiche di una “Dashboard”. “Satellite Skin”, qui, e le sbrodolature vocali di Isaac Brock sopra le chitarre funk-friendly di “Guilty Cocker Spaniels” prendono a braccetto l’ascoltatore uscito dai Modest Mouse più recenti per poi immergerlo in un altro beccheggiante viaggio marinaresco.
Subito una caccia alla balena in “The Whale Song”, maggiore contatto con le vecchie sonorità della band di Issaquah: i versi di una chitarra metallica e selvatica ricordano quelli di una furiosa Moby Dick (o, meno icasticamente, di un pavone in calore), durante una lunga fase strumentale di lento vapore umidiccio, dopo la quale Brock squarcia la cortina di chitarre nebbiose intonando una sorta di salmo, presto moltiplicato in sovrapposizioni e overdubbing furiosi, per annegare poi in una coda tra shoegaze e space rock. Pezzo centrale dell’Ep e suo perno.
La caccia alla balena, poi, si ribalta. Perché i Modest Mouse ci tengono alla sua salvaguardia, così come ci teneva Heath Ledger. L’attore, pochi mesi prima della morte, aveva incontrato Isaac Brock proponendogli un’idea di video per “King Rat”: le balene che cacciano gli uomini, in un rovesciamento dei ruoli tragicamente spettacolare. L’animazione, cruda e spietata, è stata recentemente resa pubblica (potete vederla nel Myspace dei topi modesti: cfr. più sotto), assieme alla dichiarazione che i proventi dei download saranno devoluti alla Sea Sheperd Conservation Society, che si batte contro la caccia ai grossi mammiferi. La canzone, nel suo indie-rock intrecciato a dixieland bandistico, appare maestosa soprattutto quando assume un incedere teatralmente funerario alla Marilyn Manson (nientepopodimenoché!), dopo aver aperto con le sue trombe da caffé concerto e i suoi cambi di ritmo cabarettistici scenari da caleidoscopio d’antan. Esercizio di intarsio carneval-mortuario da eccellenza, anche nell’interpretazione tremendamente sopra le righe di Brock.
Il dixieland torna in “Perpetual Motion Machine”, complice la Dirty Dozen Brass Band (già in “Horn Intro” e “This Devil’s Workday” da “Good News For People...”), e se il viaggio incontra tappe più ordinarie (“History Sticks To Your Feet”, “I’ve Got It All”) è per distendersi nell’elegia di “Autumn Beds”: banjo e coralità canadese, tamburi profondi e idillio folk con kazoo per una perla ottobrina.
Che i gatti continuino a mancare, perciò, perché i topi ballano che è un piacere.
LINK
Sito ufficiale: www.modestmousemusic.com/
Myspace: www.myspace.com/modestmouse
VIDEO
"Satellite Skin": www.youtube.com/watch
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