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R Recensione

6/10

Slobber Pup

Black Aces

Se vi imbattete in Cristiano Ronaldo, chiedetegli di recitare a memoria i primi dieci articoli della Costituzione Italiana. La sua parte aggressiva sarà tentata di prendervi a schiaffi, quella più lenta di bloccarsi e mettersi a ridere: anyway, si giungerebbe ad un nulla di fatto. Questo perché, fondamentalmente, qualora ci si imbattesse in Cristiano Ronaldo non sarebbe per una tavola rotonda sugli equilibri sociopolitici, ma per il puro piacere dello spettacolo. Del divertimento. Dello straniamento. Da Cristiano Ronaldo ci si aspettano magie con un pallone, senza prendere in considerazione tutto il contorno. Egli è fuoriclasse e come tale forgiato su pilastri irrinunciabili: la vanagloria, la supremazia, l'esibizionismo e, correlato ad esso, l'edonismo. Il talento sfocia in ognuna di queste bocche con flussi di portata differente, mutevole. Difficile discorrere di Musil e Turgenev con Cristiano Ronaldo: ma provate a chiedergli una veronica, un doppio passo, uno stop a seguire volante o una palombella da fuori area, e capirete che l'ignoranza non ha limiti di forma, età e materia.

Quando quattro musicisti come gli Slobber Pup decidono di unire – al solito, temporaneamente? – le forze, è per chiara e manifesta volontà di dominio. Per segnare goal di tacco da trenta metri. Per concludere una triangolazione (un quadrato, in questo caso) da un lato all'altro del campo in cinque secondi netti. Nulla di più. Poi si torna negli spogliatoi, si ride, si beve e ciascuno, dalla mattina dopo, riprende a giocare un'altra partita. Si contano sulle case della periferia di Città del Messico i match che Jamie Saft, Joe Morris, Trevor Dunn e Balasz Pandi hanno ingaggiato, nel corso di una vita artistica quantomeno funambolica e consacrata al dinamismo puro. Cercate di ricostruire ogni minimo movimento di ciascuno di questi nomi, negli ultimi cinque anni, e tornate poi a leggere l'articolo quando vi sentirete come Laura Dern in INLAND EMPIRE. Il “pup” che troneggia sulla copertina di “Black Aces” non ha nulla del cucciolo bavoso idealizzato ad un primo colpo: è un cerbero macilento, abissale, maleodorante, putrescente.

Non potrebbe essere altrimenti per un disco che, di fatto, impegna ogni sua energia in una pruriginosa, dispendiosissima tenzone impro di un'ora e passa, arbitrariamente ripartita in cinque frazioni, e priva di reali punti di riferimento. Detta in altri termini: il flusso sonoro di “Black Aces” è imponderabile e inarrestabile, di devastante – a tratti persino insano – impatto fisico, il fiorire del grottesco su un cadavere ritmico ai limiti del grind, continuamente stimolato da incursioni strumentali all'arma bianca. Saft è il Ray Manzarek della situazione, l'elemento realmente stupefacente del quartetto, che insuffla bolle di soul pervertito nell'anima anarco-insurrezionalista della sei corde di Morris (a tal proposito, da incorniciare la notevolissima “Balalt” e la ricerca decostruttivista di una nuova musica modale). Dunn è la vecchia volpe del crossover che si danna anima e cervello per ribattere, colpo su colpo, al demonio Pandi, già ampiamente apprezzato negli Obake: un tornado di colpi, una gragnola di battiti in perpetua espansione, la frattura metal riverniciata di sontuose movenze jazz e sparata, tortile, nel nulla assoluto. Impossibile, anche dopo molti ascolti, venire realmente a capo del chi e del cosa: “Accuser” si snoda in ventisette sferraglianti minuti di sovrapposizione e affondo, “Taint Of Satan” per dieci e passa satura completamente lo spettro sonoro in una bolgia amorfa realmente mefistofelica, la title-track proietta fantasmi dark su uno schermo di estrema malleabilità strumentale, mentre alti si levano i tormenti, sullo sfondo.

Il problema di Cristiano Ronaldo, detta in soldoni, è che per quanti incantesimi riesca a propinare, il tutto si riduce a nulla se il fine supremo – la rete, lo score – non viene concretizzato. La pirotecnia, pura, non fa vincere le dispute. “Black Aces” è la storia di quattro campioni che si divertono a fare melina, perché consapevoli di poterlo fare. Ora, se il feeling reggerà al tempo, ci aspettiamo anche qualche goal a porta vuota, qualche tap-in. Un disco di canzoni, ad esempio.

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