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6/10

Classica Orchestra Afrobeat

Shrine On You: Fela Goes Classical

 

Siccome tra non molto la vita sul Pianeta Terra cesserà (perchè mica penserete di poter campare senza lavoro, senza soldi, senza assistenza sanitaria, senza acqua, senza ossigeno e senza dignità?...), tanto vale farsi un po' di nemici nuovi rispolverando la sana e vecchia sincerità. A meno che non sia coinvolto uno tra Ennio Morricone, Gil Evans e Charlie Haden, quando leggo le parole “orchestra”, “rilettura per orchestra” o “collaborazione con orchestra” mi vengono i brividi. Nella mia mente si aprono scenari apocalittici: i Metallica – sempre loro - che suonano “Enter sandman” con l'orchestra di Michael Kamen, i quartetti d'archi che eseguono cover pop sostituendo la voce con il flauto, i Deep Purple al “Pavarotti & friends, o magari un abominio del genere.

 

Se poi la parola “orchestra” salta fuori in territorio italico, addio: l'Orchestra Casadei, Renzo Arbore, il maestro Mazza. E quel che è peggio è che quando si parla di orchestra, in Italia si pensa subito alla musica classica. Ah, l’orchestra classica. L’inattaccabile, invincibile, sempiterna orchestra classica. Non ho mai sentito qualcuno dire “Quell’orchestra classica è un po’ scarsina”. Mai. Son tutte formidabili, 'ste orchestre classiche. Tutti seduti, precisi, composti, perfetti. E poi suonano musica classica, che ne capisci tu, che ascolti i Black Sabbath? L’hanno mai fatto un concerto con l’orchestra classica, i Black Sabbath?

 

La pregiudiziale (e snobistica) accusa di snobismo scaturisce dal nome scelto da questi ragazzi: Classica Orchestra Afrobeat. Appena un anno dopo aver esultato per il sorprendente afrobeat canadese, ecco che “the italian way of Afrobeat”  fa presagire tempi afro sotterrati da quintali di archi pomposi, etnicismi caraibici arrangiati per pianoforte e melassa, e tutta quella serie di cliché che da buon indie-snob riesci ad immaginare.

 

Bene, adesso fate un bel falò di tutti questi sciocchi pregiudizi semantici (non dimenticate che scrivete e leggete di musica su un sito che si chiama Storia della Musica) e godetevi questi otto appassionati omaggi alla figura di Fela Kuti registrati al teatro comunale di Russi (RA) da un' ottima orchestra tutta italiana diretta dal batterista Marco Zanotti. Il compito è arduo: si tratta non solo di conciliare i ritmi Afrobeat del Presidente Nero con l'eleganza e la (presunta) “aulicità” della strumentazione classica (violino, flauto, clarinetto... ma compaiono anche un clavicembalo ed una viola da gamba), ma anche di riadattare il congenito perfezionismo degli orchestrali alle forme aperte e libere della musica africana, derogando ad alcuni “istinti” in favore del rispetto delle partiture originali.

 

No Agreement” rompe il ghiaccio in punta di piedi, stemperando la fisicità dell'originale Kutiano in una struttura melodica ricamata da oboe e violini. A seguire, “Mr Follow Follow” ristabilisce i ponti con l'Africa grazie ad una resa finale molto affine all'originale ed all'intervento vocale di Kologbo (chitarrista ma anche assistente personale di Fela lungo tutti gli anni'70) in grado di rendere alla perfezione uno dei migliori “call & response” della storia della musica africana. Kologbo interviene anche (alle congas) nella successiva “Shenshema”, ma dà il meglio di se nella finale “Water No Get Enemy”, quando inserisce la sua chitarra nelle trame della splendida rilettura dell'Orchestra, intessuta di fiati, violini che riproducono le frasi originali del sax e un insospettabile clavicembalo.

Il vero e proprio climax di questo “Shrine and You” lo troviamo però laddove gli originali non consentono margini di errore: “Go Slow” sembra scritta per orchestra, dimostrando che le qualità compositive di Fela Kuti non erano inferiori al suo carisma personale. L'Orchestra la esegue aggiungendo un tono drammatico ed alcune improvvisazioni davvero sorprendenti. “Trouble Sleep Yanga Wake Am” riesce a conservare tutta la sua forza nonostante l'azzardo di sostituire le parti vocali con il suono dell'ocarina suonata da Elide Melchioni, mentre per il classico “Zombie” le parti vocali sono state registrate a Laos dall'unico al mondo in grado di rendere giustizia all'originale: Seun Kuti.

 

Un tributo inaspettato, originale, sentito e ottimamente eseguito. Se passano dalle vostre parti, lasciate a casa i pregiudizi e correte a comprare il biglietto.

 

 

 

 

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