Hauschka
Snowflakes and Carwrecks EP
A meno di un anno di distanza dal sorprendente “Ferndorf”, Volker Bertelmann – in arte Hauschka – torna con un ep di 7 pezzi registrati durante le sessions del suo predecessore. Ne consegue che le sonorità siano le stesse che abbiamo ascoltato e apprezzato l’anno scorso. Vale a dire, minimalismo per piano “preparato” (da intendersi come “modificato” tramite innesti di vario genere tra i tasti o all’interno del pianoforte), ritmi appena accennati e compendio d’archi ad amplificare il senso di nostalgia.
L’obbiettivo non dichiarato di questo emaciato musicista tedesco sembra essere quello di sdoganare presso il pubblico “alternative” certo classicismo di provenienza erudita e raffinata. Con un po’ di impegno (da parte di chi ascolta) potrebbe anche riuscirci: sentite le sovrapposizioni armoniche dell’opener “Ginsterweg”, costruita sull’incastro di più pianoforti che si muovono ciascuno su un tempo ritmico differente rispetto agli altri. L’effetto è straniante ma di sicuro impatto. Le atmosfere si congelano nella successiva “Eisblume”, molto vicina a certi episodi di “Ferndorf” nel suo citare Max Richter o il Philip Glass più introspettivo.
Fulcro dell’ep, le soluzioni ritmiche dal sapore “indietronico” di “Wonder” e il luminoso walzer da camera intitolato “Tanz”, momenti durante i quali Hauschka dimostra di voler proseguire quella strada intrapresa con “Ferndorf” e volta ad una ridefinizione del suono contemporary classical che lo vede tra i migliori esponenti insieme a Balmorhea, Olafur Arnalds e Jòhann Jòhannsson.
Prima che il mondo del cinema si accorga di questo straordinario musicista e inizi a commissionargli centinaia di colonne sonore, chi ama Satie (ma anche Schumann o Debussy) o semplicemente il suono dei tasti d’avorio accarezzati e percossi con classe e gusto (sentire il duetto piano-silenzi di “Kindelsberg”), cerchi una poltrona di velluto e chiuda gli occhi. Chi – come il sottoscritto - ha amato “Ferndorf” avrà probabilmente già provveduto e apprezzato. Chi l’anno scorso era distratto, questa volta non ha più scuse.
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