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R Recensione

7/10

Ebo Taylor

Love and Death

Lo spauracchio del futuro è un insospettabile, e si chiama “sovraesposizione”. Una volta faceva paura solo ai fotografi mentre oggi spaventa tutti, anche chi vive esponendosi per professione. I politici così come i personaggi dello spettacolo vivono col terrore della sovraesposizione. Come se il problema fosse tutto lì. Ma – dico io – se piaci, che paura hai? Il problema è che se hai una faccia molle come quella di Sandro Bondi o un sorriso falso come quello di Carlo Conti probabilmente non piaci, anzi rompi i coglioni fin dal primo minuto, altro che sovraesposizione. Il problema è l’esposizione, punto. Il problema è che non ti ritiri a vita privata.  

I “sovresposti” veri siamo noi, e con noi intendo “tutti”: siamo sovresposti alle continue esternazioni di personaggi estremi(sti), siamo sovresposti alle informazioni, alla pubblicità, alle ideologie più disparate, al sesso. Il trenta per cento dei siti internet esistenti è a carattere sessuale. Quasi uno su tre. Questo sì che è un problema, altro che la sovraesposizione mediatica di Antonella Clerici. Perché? Perché se guardi donne nude riprese in tutte le posizioni immaginabili per metà della giornata, quando poi arrivi a casa la sera avrai un problema con tua moglie (a meno che non abbiate sposato Jenna Jameson) e questo porterà altri problemi che richiederanno soluzioni sempre più complesse, alla ricerca di una intimità che non ha più niente di esclusivo, di privato, di speciale. E allora c’è chi sente il bisogno di chiedere al proprio compagno o alla propria compagna sempre di più, fino al gesto estremo, all’atto finale, alla morte dell’amore, al seppuku dell’erotismo: lo sbiancamento anale. Mi fa schifo persino scriverlo, ma sappiate che esiste ed è uno degli interventi di chirurgia estetica più richiesti. Praticamente è una moda. Cercate su Google e traete le vostre conclusioni.  

Chi non teme la sovraesposione è uno come Ebo Taylor. Ecco, consigliamo a certi personaggi “in odor di sovraesposizione” un bell’esilio forzato come quello di Ebo Taylor, o come quello di Victor Demè, o di Mulatu Astatke. Venti o trent’anni di dimenticatoio e poi si vedrà. Chi lo merita verrà ripescato. E ha fatto benissimo la Strut Record a ripescare questo signore, 74 anni suonati (leggasi “trascorsi suonando”) e una storia ricca di punti di contatto con altri grandi personaggi della storia della musica africana, a cominciare da quel Fela Kuti con il quale condivise spesso il palco durante i rispettivi viaggi di studio a Londra. Tornato in Ghana, Ebo Taylor sfruttò la cultura jazz acquisita in Europa e la mise al servizio dei suoni highlife e afrobeat, creando un ibrido che riscosse molto successo in patria fino alla fine degli anni ’70. Poi l’oblio degli anni ’80 (che coinvolse tutta la musica Africana, travolta dal fenomeno della world music) e un lungo silenzio che arriva fino ai giorni nostri.  

Primo disco dopo vent’anni dunque, e il rammarico è tanto, soprattutto se si pensa a quanto questa musica sia fresca e vitale, carica di vibrazioni jazz e funk che uniscono alcune composizioni storiche di Taylor a brani scritti apposta per l’occasione. “Love and Death” parte dritto allo stomaco con devastanti ritmiche afrobeat (l’iniziale “‘Nga nga” e la successiva “African Woman”) e raggiunge il suo apice nella title track (riedizione di un brano del 1980), una danza composta e orgogliosa condotta da una batteria semplicemente divina (ma chi è, Tony Allen?).

Due parole devono essere spese anche per segnalare l’ottimo lavoro svolto dalla “backing band” di Ebo, ovvero gli Afrobeat Academy, novelli Heliocentrics in grado di ridare lustro a vecchi classici di Taylor come “Victory” (qualcosa di molto vicino a quanto fatto ascoltare quest’ anno dai The Souljazz Orchestra) o di spingere l’acceleratore su sonorità funk degne di un James Brown d’Africa. “Love and Death” arriva così fino alla fine, (ri)dando giustizia e voce ad un artista in grado di portare con fierezza (“Kwane” è una dedica a Kwame Nkrumah, pan-Africanista e fondatore politico del Ghana) le storie d’amore e di morte del suo paese in giro per il mondo. Nel mondo di quelli che hanno sempre più paura di esporre la loro faccia pallida ma fanno la fila dal chirurgo per sbiancarsi il buco del culo.    

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Voto degli utenti: 6,8/10 in media su 3 voti.
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C Commenti

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Emiliano (ha votato 7 questo disco) alle 19:16 del 10 dicembre 2010 ha scritto:

Come al solito inappuntabile nel tenere le redini delle tue digressioni, Fab. Il disco lo cercherò di sicuro, e vista anche l'alta media qualitativa delle uscite Strut penso non mi deluderà.

Per rimanere in tema hai provato a sentire l'ultimo di Cheikh Lo?

fabfabfab, autore, alle 10:40 del 12 dicembre 2010 ha scritto:

Grazie Emiliano... Cheikh Lo è in lista d'attesa ...

Emiliano (ha votato 7 questo disco) alle 12:06 del 21 dicembre 2010 ha scritto:

Ripasso per il voto: gran bel lavoro, anche se alcuni passaggi (Vedi l'opener) non mi convincono appieno. Comunque ottimo lavoro.