Live Piano Magic+Telefon Tel Aviv (Roma, 17 Maggio 2007, Circolo Degli Artisti)
Lanno scorso mi trovavo sempre qui, al Circolo degli Artisti, quando i Piano Magic presentarono Disaffected alla città di Roma. Non li avevo mai visti dal vivo e certamente mi colpì il fatto che il concerto fosse incredibilmente più rock rispetto agli album in studio: travolgenti code psichedeliche, crescendo iperdilatati, incandescenti lapilli noise ed intensi muri del suono shoegaziani da edificare e poi abbattere. E fu come sognare e fu il dream pop e i suoi segreti dischiusi dinnanzi ai nostri occhi. Ma alla base di tutto ciò stava una wave solida ed elegantissima, un alt rock schivo ma proprio per questo magnetico. Lunico difetto era forse una certa ripetitività nellandamento dei pezzi presentati e in qualche dinamica: le introduzioni meditative, lo svolgimento più energico, lusuale esplosione verso la fine.
Mi era stato detto che prima avrebbero suonato i Telefon Tel Aviv, invece un arpeggio di chitarra cattura subito la mia attenzione. Mi precipito immediatamente allinterno del locale. I Piano Magic si sono già sistemati, tutti rigorosamente vestiti di scuro. La voce di Glen Johnson, il chitarrista della porta accanto, è più intensa e rotta di come me la ricordavo. Neanche me ne accorgo e i cinque cominciano subito a picchiare sodo (in senso lato). Subito vengono sfoggiate le loro armi migliori grazie alle ritmiche diligenti e alle mirabolanti scie tracciate dalle chitarre nella loro garbata irruenza.
Qualche secondo per ricomporsi e poi si riparte, alla volta del cuore del mondo Piano Magic.
Love & Music , Great Escapes e Teachers Son sono eseguite tutte di fila: un trittico avvincente che ci fa rivivere emozioni però distanti tra di loro, a volte contrastanti, ma in realtà sono solo le stessi immagini messe più o meno a fuoco. Le stesse foto più o meno sbiadite nella memoria. La prima è più potente rispetto alla versione in studio, con il rullante pieno e le magiche scorrazzate della seicorde. Si vede che Glen ci crede in quel testo : All I need is love and music, love and music got me by, love and music till I die. Franck Alba , fedele braccio destro di Johnson e bel tenebroso della band, fa sgorgare rinfrescanti cascate di delay e tremoli e produce trame e fraseggi così celestiali e insieme così rock che sembrano non avere mai fine.
Così, dopo il momento assolutamente epico e fortemente cinematografico di Great Escapes, si tira il freno a mano per una dolce sbandata in curva: si prosegue in discesa grazie alle soffici strimpellate e alle percussioni gentili della placida Teachers Son. Forse a causa di qualche turista straniero un po alticcio e un po maleducato, sembra esserci del malumore tra gli spettatori. Un brusio assordante si leva verso il palco. Che sia una coincidenza buffa o una prova del potere ipnotico di Johnson, fatto sta che quando cominciano ad essere declamati i versi della canzone seguente, ossia Music wont save you from anyhting but silence il pubblico si zittisce quasi dimprovviso. Non solo. Infatti alla fine del brano, dopo che Alba si munisce di due bacchette ausiliarie per dar man forte al batterista Jerome Tcherneyan, tutti gli astanti cominciano a battere le mani insieme a Glen, per un finale da flamenco del diavolo, tutto incentrato su questo esagerato baccanale percussivo.
Ottima la scelta di porre in conclusione della performance due pezzi dal grande mordente come Saints Preserve Us (probabilmente lepisodio più dichiaratamente rockeggiante della serata) e la gemma nera costituita da The Last Engineer, con i suoi sapori cold wave e i suoi tenebrosi manti di tastiera.
Di nuovo un buon live, non tremendamente emozionante, ma innegabilmente coinvolgente.
Della cantante Angéle David-Guillou (ossia voce e mente dell'entità Klima)... si sono perse le tracce, quindi non si esibirà: i motivi rimangono ignoti. Arriva il turno del duo elettronico dei Telefon Tel Aviv. Ad accompagnarli ci sono alcune proiezioni (che già erano state utilizzate per i Piano Magic ma in maniera meno fantasiosa), a dire il vero un po kitsch, sulla parte laterale del locale,. Così un video dei Supergrass si sovrappone alle immagini di Borghezio e Casini (sì proprio i politici!), poi si aggiungono scabrose ballerine animate, motivi floreali-astratti, arabeschi assortiti e tanto altro.
I due alchimisti, forse un po fumati (o timidissimi?) si presentano sul palco con dei sorrisi beffardi stampati in faccia. Una volta messe le mani sullApple, sulla tastiera e sul loro piccolo laboratorio elettronico, le espressioni divengono serie e concentrate. Se gli alti e bassi di Map Of What Is Effortless vi hanno un po disorientato, vi posso dire che i Telefon Tel Aviv hanno offerto una esibizione sostanzialmente buona e meno noiosa di quella che ci si poteva aspettare. I gelidi gelidi? Caldi tappeti tastieristici, le ritmiche spezzate, i glitch e gli effetti impertinenti creano insieme una elettronica comunque mai veramente spigolosa, ma sovente addirittura malinconica. Linedito posto in chiusura, di cui non ci è dato sapere il titolo, è una sorpresa: la voce ora è assoluta protagonista mentre stupende note degne del miglior synth-pop languido fanno rimanere tutti increduli.
Pochi si avvicinano a Glen Johnson, sfoggiante una t-shirt dei Dead Can Dance, che bazzica vicino al bancone dei Cd. Mi avvicino per fargli qualche domanda e farmi fare un autografo sulla mia copia di Disaffected, guarda caso acquistata proprio nella data del 2006. Riconosco quella posatezza tutta inglese (starò ribadendo i soliti stereotipi ma è così) del cantante/chitarrista, che si rivela oltremodo simpatico e cordiale. Thanks, Sir.
I will set my clock by my heart
E voi?
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