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R Recensione

8/10

Piano Magic

Part Monster

Due anni fa Disaffected dei Piano Magic era riuscito a guadagnarsi rispetto, dedizione e molti adepti nel nostro paese. Il disco fu salutato come una delle migliori release dell’anno, da allora il cartellone degli show del gruppo in Italia è sempre stato ricco di date lungo tutta la penisola. Ora, addirittura, per l’ultima fatica full lenght in studio della band inglese, l’Italia sarà l’unico paese ad avere in licenza i diritti di pubblicazione grazie alla etichetta bolognese Homesleep -mentre il resto del mondo dovrà rivolgersi alla Green Ufos e il nord America alla Important Records- : la scintilla Piano Magic/Italia è scoccata.

Un po’ di timore ha preceduto l’ascolto del nuovissimo Part Monster, proprio per chi come me ha amato senza riserve Disaffected … timori subito fugati, è bene dirlo: la band è in stato di forma eccellente, pur scostandosi lievemente dalle sonorità precedenti, ed anche senza nessun clamoroso evoluto passo in avanti, riesce a mantenere uno standard qualitativo elevato e preserva intatto l’appeal che da sempre la contraddistingue. Scompaiono quasi del tutto i moderati tappeti d’elettronica per un album più suonato, più vigoroso, più algidamente sudato: i Piano Magic, per farla breve, disegnano il perimetro del quadrato magico all’interno del quale si materializzano le coordinate della wave progressiva.

L’album, come è stato da più parti sottolineato, offre quelle deflagrazioni chitarristiche che furono parte della fortuna dei My Bloody Valentine, e probabilmente non è un caso che a produrre questo lavoro sia stato scelto Guy Fixsen, già in cabina di regia con Slowdive, Lush, figura di rilievo della crew che collaborò a Loveless dei succitati MBV.

Non si spaventi però chi mal sopporta i rumorismi chitarristici eccessivi: un missaggio accuratamente equilibrato smussa con gusto le frequenze più aspre, ed ecco che The Last Engineer e The King Cannot Be Found si riconducono ad alcune trame dei Porcupine Tree di fine anni ‘90 con tanto di svolazzi di piano e synth eighties in tinta Japan, cosi come la strumentale Great Escapes, energica ma emotivamente dolorosa, sorretta dal drumming eclettico di Jerome Tchemeyan, e Cities & Factories che sconfina in territorio 4AD.

La delicata, splendida, Halfway Through resa adorna dalla tromba special guest del veterano Terry Edwards e l’ironia amara di England’s Always Better -un downtempo narcolettico- sono tra i picchi assoluti dell’album. Le due tracce in cui spicca la female voice di Angèle David-Guillou (ormai quasi membro aggiunto dei Piano Magic) sono invece, semplicemente ottime: Incurable è la reprise di un brano edito con altro arrangiamento in un ep di qualche mese fa, in questa nuova veste se non fosse per un chorus tendente al crepuscolare sarebbe un ballabilissimo wave-hit di spessore, Soldier Song offre vibrazioni eteree di era atavica a là Dead Can Dance, corde pizzicate con mistica saggezza su tappeto percussivo ripetitivo ed elementare. Conclude la titletrack, baciata da un arpeggio acustico che ricorda I Must Leave London del precedente Disaffected.

Piano Magic mostrano i bicipiti, una buona prova di forza a conferma della consistenza artistica espressa in passato : quel goffo omino di Glen Johnson fa sul serio…

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Voto degli utenti: 7,6/10 in media su 15 voti.

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fdrulovic (ha votato 9 questo disco) alle 12:41 del 5 giugno 2007 ha scritto:

Bellissimo

Come al solito I Piano MAgic sfornano solo capolavori.E questo mi piace un bel po' perchè piu' suonato e piu' sulle righe rispetto ai precedenti.Bello

rael (ha votato 8 questo disco) alle 16:27 del 5 settembre 2007 ha scritto:

anche questo bellissimo album, i piano magic sono garanzia di continuità!

4AS (ha votato 8 questo disco) alle 13:02 del 14 giugno 2010 ha scritto:

Secondo me è il loro migliore (però non ho sentito l'ultimo, quindi potrei smentirmi) finalmente hanno dato una bella sterzata al loro sound. Disco più immediato e tirato rispetto agli altri, più "new wave". Lei dovrebbe cantare più spesso, lui non è male però è un pò limitato...