R Recensione

8,5/10

Have A Nice Life

Deathconsciousness

È un’aspra immobilità il tratto fondamentale dell’esperienza “Deathconsciousness”. Il desiderio di annientarsi e restare silenti, nella contemplazione della catastrofe. Infine ricostruire pazientemente le simmetrie del cuore e gli ingarbugliati filamenti che tengono assieme i cocci della nostra anima. Solo un reiterato arpeggio d’acustica a danzare nel buio di sintetizzatori funerei (“A Quick One Before The Eternal Worm Eat Connecticut”), una piattaforma sospesa sul nulla da cui fissare, in prima classe, la vita che ci viene tolta. Secondo dopo secondo. Una lacrima al rallentatore.

Le spire del gothic avvolte in un ceruleo manto shoegaze fattosi cinghia di trasmissione per un dolore tanto acuto da confondersi con la sua negazione: brusio del silenzio, vociare indistinto. Un’arte di studio. Gli spazi si aprono e si richiudono, confinati in un’estetica lo-fi che è paradosso, proprio in quanto fin troppo “pensata” e fin troppo palpabile. Ancora esplorazione delle possibilità del suono: filtri buttati, frattaglie di chitarra sparse entro una palude stereo di indicibile corposità (“I Don’t Love”), noise gates come piovesse a cesellare la nettezza di certi timbri e disperdere la voluminosità di altri ("Deep, Deep"); poi lo sfiorire delle voci trattate e le loro combinazioni armoniche, gocciolanti ricami rinascimentali e posatezza liturgica (“Earthmover”). Il tutto preordinato ad incorniciare tredici – superbe – canzoni dal vitreo pallore, meravigliosamente “eccessive” nel cospargersi di quel dolore esistenziale a cui soltanto il tocco dell’artista può conferire credibilità.

Lunghi i riverberi che arieggiano fra gli incastri quasi metallurgici di “Bloodhall”, con la chitarra a ”synthetizzare” lo spleen dei Lycia e le voci ad intonare la coscienza di aver ogni istante regalato, di esistere solo in quanto proiezione dei nostri desideri. Un “utilitarismo delle emozioni” riverberato nel refrain di “The Big Gloom” e nella magnetica desolazione del suo guitar drone ad intermittenza (Kevin Shields è ancora fra noi), mentre le voci si spartiscono lo spettro uditivo con melodie d’estatica commozione: “Please, please, please, release me…” ripetono ad intervalli di terza, prima che una batteria “albiniana” sporca e riprocessata non catapulti tutto in una dimensione ancor più paranoica.

Paranoia che in “Who Would Leave Their Son Out In The Sun” e “There Is No Food” è rosario snocciolato fra l’accartocciarsi di chitarre, vibratile al punto da confondersi col magico abbandono dei Red House Painters. ”Hunter”, da par suo, s’arriccia in serpentine di tonfi, bassi di pianoforte “espansi” fino a tramutarsi in campane a morto e gli alti a disegnare brevi volute di cielo, piccoli squarci di pianto. Quasi una versione algida e “goticheggiante” del trip-hop, intagliata nel medesimo calcedonio onice pur essendo completamente smemore delle sue radici black.

Molteplici (e decisivi) i rimandi alla new wave: il basso metallico come da lezione Killing Joke e il cieco girotondo di tastiere in “The Future”; la grancassa “sintetica” e il fiero rullante di “Telephony”, entrambi impostati sulle metronomie care ai Joy Division; una “Waiting For Black Metal Records To Come In The Mail” che vomita il sangue raggrumato di Sound e Christian Death ormai collisi in un’estetica produttiva volta a distillare universi di sfumature da ogni colpo di drum machine.

E poi c’è il canto assoluto di “Holy Fucking Shit 40.000”: una delle ballate più tristi della storia, eppure luminosa come può esserlo soltanto quel pianoforte lasciato a seminare brevi intarsi di celeste, prima che la malinconia artificiale dei New Order si faccia tutt’uno con le vertigini industrial dei Nine Inch Nails e imploda in un coda di “galleggiante” mostruosità.

“Earthmover” chiude le danze a passo di ciclope: prima salmo per voci e chitarra strapazzata, poi coro a cappella folk e cromatismi di voci bianche, infine tornado di gioia (?) post-Sisters Of Mercy che ri-plasma la vita per chi verrà dopo di noi. Undici minuti di quasi ultraterrena consonanza a far da camera di decompressione. Cappa di feedback tramutati in angelica poltiglia di nuvole. Qui però non c’è aria, nè sole: solo la sua immagine annerita. (Non voglio più soffrire così. Non voglio.)

Gli Have A Nice Life sono Dan Barret e Tim Macuga. Un duo di Middletown, Connecticut. “Deathconsciousness” è il loro doppio album d’esordio, frutto di quasi cinque anni di registrazioni. “Deathconsciousness” è anche il libro (l’autore è un loro professore universitario) che accompagna il cd, la cui simbologia religiosa ha fornito ispirazione per questo lungo tragitto sonoro. “Deathconsciousness” è, soprattutto, uno dei dischi più “potenti” da dieci anni a questa parte. Troppo presto per definirlo album dell’anno, ma poco ci manca. Un monumento senza tempo, raro disco “della” e “sulla” vita. La vita di chiunque. Anche di chi non lo gradirà.

(Il cd si può ordinare mandando una mail all’indirizzo dan@enemieslist.net al prezzo di 10 dollari più spese di spedizione.)

C Commenti

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simone coacci (ha votato 8 questo disco) alle 22:35 del 24 marzo 2008 ha scritto:

è un disco incredibile. Incredibile. Non riesco ancora quantificarne la portata, ad isolare ogni singolo carato, a presentare un saldo della complessita delle emozioni (e degli spunti musicali) che veicola.

Ho ancora necessità d'un tot di ascolti reiterati, prima di formulare il giudizio finale e suggellare il voto. E, comunque, non sarei in grado di aggiungere niente di più icastico, evocativo e persuasivo a quanto vergato dal mio illustre collega qua sopra.

Del resto, temo proprio che dovrete ascoltarlo!

P.S: Anche le tempeste siderali dei Black tape for a blu girl, si rovesciano qua e là, a zaffate, dalla loro urna tenebrosa.

TheManMachine alle 0:24 del 25 marzo 2008 ha scritto:

Matteo, scrivi da brividi lungo la schiena. Eccezionale, tu. Il disco devo ascoltarlo, a questo punto. Ma... perché tutta questa preoccupazione di individuare fin d'ora, quando siamo appena a fine marzo, il disco dell'Anno 2008?... Ancora complimenti! A presto!

Marco_Biasio (ha votato 6 questo disco) alle 12:06 del 25 marzo 2008 ha scritto:

Mistero

Credo di essere uno dei pochi che non è riuscito ad apprezzare il disco, forse perchè troppo poco addentro alla scena gothic o forse perchè l'ho trovato troppo pesante (la stessa cosa è successa con un altro illustre doppio da me recensito, "01011001" di Ayreon). Scaricato una prima volta ed ascoltato con la massima attenzione, mi ha sopraffatto e non sono riuscito a farmelo piacere per nulla. Ho ritentato anche una seconda volta, ma il risultato è stato appena appena migliore. Eppure tutti continuano ad incensarlo come se fosse già scontata la palma di disco dell'anno. Sarà un problema mio? Non lo so. Per ora preferisco non votare (anche perchè saremmo sul 5.5) e farò un ultimo tentativo. Nel frattempo non mi resta altro da fare che inchinarmi di fronte a questa sublime recensione.

Neu! (ha votato 6 questo disco) alle 21:58 del 25 marzo 2008 ha scritto:

ascoltare questo disco mi ha dato fastidio... sono anni che ogni 3/4 mesi sembra uscito il più grande disco di tutti i tempi che poi in realtà è un lavoro di poco superiore alla media... troppo pesante? si, ma per mancanza di idee...

Neu! (ha votato 6 questo disco) alle 22:00 del 25 marzo 2008 ha scritto:

stavo per mettere 5, ma sarebbe stato un voto dettato sulla rabbia del momento...

Alessandro Pascale (ha votato 9 questo disco) alle 11:52 del 26 marzo 2008 ha scritto:

un disco che rappresenta un incredibile riassunto di tutta l'esperienza dark-gothic dei 80s mischiata con ambient-drone apocalittica e noise-shoegaze primordiale (Kevin Shields docet come giustamente ricorda Losi). La cosa incredibile è che questo è un disco doppio che è pure l'esordio di questo duo. 5 anni per creare un'opera forse poco originale ma straordinariamente eterogenea che ha come unico difetto quello di essere talmente colossale da spaventare per la dimensione quantitativa (un'ora e venti complessive circa) e contenutistica (è un miracolo se a fine disco non vi tagliate le vene). Tutto sommato penso che il voto non sia così esagerato come potrebbe sembrare. Recensione davvero splendida, ma si sa che il Losi non scherza mai

DonJunio alle 10:07 del 27 marzo 2008 ha scritto:

perbacco!

Il Losi che affibia un 5 stelle con la consueta maestosità della sua penna impone la mobilitazione del cerca anime....

loson, autore, alle 10:18 del 31 marzo 2008 ha scritto:

A Simone, Uomo-Macchina, Marco, Peasy e DonJunio: grazie mille ragazzi, siete troppo buoni.

Una considerazione sull'intervento di Marco: non credo che il tuo scarso apprezzamento del disco sia condizionato dall'essere "poco addentro la scena gothic". Anzi, il grande merito dell'opera mi sembra sia proprio quello di saper "parlare" a una categoria di ascoltatori piuttosto eterogenea, anche a coloro che non hanno mai avuto una particolare predilezione per il genere. Insomma, può darsi che il tuo giudizio basso (rispettabilissimo, eh) sia semplicemente dovuto al tuo gusto personale verso l'opera presa singolarmente.

simone coacci (ha votato 8 questo disco) alle 17:37 del 9 aprile 2008 ha scritto:

E giunsero così al fatidico momento del voto: disco inattaccabile da tutti i punti di vista, concettuale, tecnico, musicale ecc. ecc. Con un solo, più o meno trascurabile, limite, a livello personale: non riesco mai ad ascoltarlo senza un lungo break fra i due "tempi". Estenuante. Tenuto conto di ciò e del fatto che di solito do 9 solo ai dischi che hanno già un po' di storia (e di influenza o di splendido isolamento) alle loro spalle, facciamo così...

Cas (ha votato 8 questo disco) alle 21:08 del 24 aprile 2008 ha scritto:

concordo pienamente con simone...disco davvero impegnativo. però questo è un otto tondo tondo (e forse anche qualcosina di più), ottimo lavoro!

fabfabfab (ha votato 5 questo disco) alle 15:30 del 7 giugno 2008 ha scritto:

Come le ferrovie

Mi stupisco di come gli amanti del metal o di ciò che possa assomigliargli arrivino sempre in ritardo. Boris, Jesu, Sunn o)) ed ora questi Have a nice life. Signori, è post-rock. I Piano Magic, per citarne uno solo, queste cose le fanno da 10 anni. E meglio.

Marco_Biasio (ha votato 6 questo disco) alle 17:45 del 13 giugno 2008 ha scritto:

E vabbè, ascoltato e cestinato altre due volte, mi sono finalmente arreso, convincendomi che non fa per me. 6 politico.

ivanluprano (ha votato 8 questo disco) alle 21:43 del 19 giugno 2008 ha scritto:

ciao è da molto

ivanluprano (ha votato 8 questo disco) alle 21:56 del 19 giugno 2008 ha scritto:

ciao è da molto

questo 2008 fin ora non mi ha lasciato gran che!!!

questo disco .....potrei dire che a volte sembra geniale e a volte rimane fermo sul classico 80...pero quel che ne viene fuori quando sdraiato sul letto pensi a quel che sei e a quel che hai fatto,nel frattempo ,mmmm..cè cè---

intanto un 4 stelle ci sta bene...(ne approfitto.)(ma una recensione all'ultimo lavoro degli ISLANDS ossia ARMS WAY a nessuno è venuta in mente di farla....no giusto per dirlo..SCUSATEMI)

REBBY (ha votato 7 questo disco) alle 8:38 del 17 luglio 2008 ha scritto:

Bloodhail nel primo disco (The plow that broke the

plains) e la tripletta iniziale del secondo (The

future) mi piacciono molto e saranno sicuramente

nella mia playlist definitiva di questo 2008.

Il resto lo trovo talvolta interessante, ma altre

noioso (sensazioni che provo insieme ascoltando

ogni singolo altro brano).

Impenitente (ha votato 8 questo disco) alle 11:26 del 24 luglio 2008 ha scritto:

A me piace molto: per adesso è il miglior disco del 2008.

Mr. Wave (ha votato 9 questo disco) alle 13:02 del 23 ottobre 2008 ha scritto:

Uno straordinario concept-album: agghiacciante colosso di inquietudine, mal di vivere e dolore lancinante. Un travolgente vortice d'emozioni e suggestioni che si rincorrono continuamente e versi che si squarciano nella più cruda cupezza esistenziale. Meraviglioso mosaico...

Verdi (ha votato 8 questo disco) alle 16:58 del 27 ottobre 2008 ha scritto:

Ottimo

appena finito di ascoltarlo.

perfetto per questa giornata nebbiosa e autunnale

si fa ascoltare che è un piacere.

Potrebbe portarvi in qualche direzione un po obliqua, ma se riuscite a resistere, riuscirete a cogliere alcune stupende sfumature darkgothice.

Il mio voto è Molto Buono.

buzzy alle 15:55 del 13 novembre 2008 ha scritto:

non l'ho ancora ascoltato ma... la recensione mi incita a farlo e... tra l'altro in copertina vedo uno scorcio del quadro "la morte di marat" di davìd!!!

modulo_c (ha votato 8 questo disco) alle 11:48 del 13 aprile 2009 ha scritto:

gran disco

pur non essendo appassionato del genere (shoegaze?), non posso negare che questo disco mi sia piaciuto alquanto. A me non e' neanche sembrato cosi cupo, forse a tratti malinconico, introspettivo, ma si lascia ascoltare alla grande. Riusciro' mai ad avere il CD vero e proprio? Su Enemieslist e' da tempo che e' disponibile solo il download digitale. Continuo a rimanere in speranzosa attesa.

neroskesko (ha votato 8 questo disco) alle 17:26 del 20 maggio 2009 ha scritto:

Have a nice life? Seminali.

Lobo alle 17:41 del 20 maggio 2009 ha scritto:

RE:

Seee mo' ... e chi hanno inseminato?

Tizio (ha votato 10 questo disco) alle 20:08 del 7 ottobre 2009 ha scritto:

Questo disco è un capolavoro. Cosi Nero e Cupo da essere sfavillante. C

babaz (ha votato 10 questo disco) alle 10:53 del 8 ottobre 2009 ha scritto:

CAPOLAVORO.

BeAfraid (ha votato 9 questo disco) alle 12:59 del 15 novembre 2009 ha scritto:

un lungo e tortuoso viaggio

verso la rinasciata

Filippo Maradei (ha votato 10 questo disco) alle 21:58 del 30 aprile 2010 ha scritto:

Carne e ferro. Li adoro.

Filippo Maradei (ha votato 10 questo disco) alle 21:37 del 6 maggio 2010 ha scritto:

Recensione superba; dopo questa e quella di "Seek Magic" sei diventato ufficialmente uno dei miei miti di SdM. Fanculo il miele: ti voglio già bene.

Roberto (ha votato 9 questo disco) alle 22:51 del 28 novembre 2011 ha scritto:

Tre anni per votarlo; tre anni per comprenderlo a fondo. E dopo averlo ascoltato in qualsiasi modo e stato d' animo possibile (persino sbronzo marcio!) posso affermare che per il sottoscritto quest' opera è un capolavoro.

FloydBeefheartRadiohead alle 1:12 del 26 giugno 2018 ha scritto:

Imprescindibile, insieme a Crack The Skye dei Mastodon, Lateralus dei Tool, A Promise degli Xiu Xiu e ( ) dei Sigur Rós il miglior disco degli anni 2000