A Music From Saharan Cellphones

Music From Saharan Cellphones

Nel Nord Africa la rivoluzione è iniziata. Egitto, Algeria, Tunisia e Libia vogliono rialzare la testa. Perché quando prendi schiaffi per decenni, basta poco (uno sguardo, un gesto condiviso, una personalità da seguire) per mettersi d'accordo. Quando prendi coscienza del tuo stato di sottomissione, quando il timore di non avere futuro supera quello di perdere il presente, hai solo bisogno di avere qualcuno accanto insieme al quale drizzare schiene e sguardi. Il pensiero che probabilmente non passa attraverso lo schermo del televisore o le pagine dei quotidiani, è che quei ragazzi non sono dei saccheggiatori, dei ladri o dei miliziani. Sono solo ragazzi infelici, stanchi di sforzarsi inutilmente, stanchi di vivere con la consapevolezza che tanto – come sempre – tutto quello che vorranno ottenere nella vita verrà puntualmente sottratto loro da qualche ladrone, da qualche potente, da qualche dittatore, da qualche re con la villa dorata. Ben Ali (dittatore tunisino salito al potere quasi un quarto di secolo fa con l'aiuto della premiata ditta Craxi & Andreotti) girava per le strade di Tunisi su una Ferrari 599 gialla mentre Sidi Bouziz - venditore ambulante laureato - si dava fuoco in segno di protesta. Sinistre analogie che hanno dato vita alla cosiddetta “Rivolta dei Precari” o “Rivolta dei Laureati” (espressioni sinonimiche?) in un paese nel quale “tutto è cominciato con la distruzione del sistema scolastico pubblico”.

A ridosso di questi paesi in fiamme esiste una regione geografica chiamata Sahel. Letteralmente significa “riva del mare”, ma il significato comune è “riva del deserto”, perché segna il confine naturale tra il deserto più grande del mondo e il resto del continente. Anche nel Sahel vivono ragazzi uguali a tutti gli altri ragazzi del mondo, e come tutti gli altri ragazzi del mondo hanno sete di tecnologia, la stessa sete che ha portato i loro coetanei nordafricani a conoscere un mondo diverso da quello nel quale sono nati, e a desiderarlo. Cosa fa il dittatore spaventato dal suo popolo? Chiude le porte al mondo, limita l’accesso alla rete, vieta i social network. Se non sai che esiste la libertà di pensare, non la desidererai mai. Quello che per noi è un gioco da annoiati (orribile – a mio avviso – il motivo di diffusione capillare di Facebook: non ho niente da dire, quindi condivido pensieri altrui; Facebook non è un posto nel quale “si fa”, ma un posto nel quale “si sta”) per quei ragazzi è veicolo di conoscenza, è un mezzo per “esplorare” il mondo esterno e per far conoscere il proprio (le notizie aggiornate dai luoghi di guerra arrivano quasi sempre da Twitter).

In maniera analoga, sebbene traslata da un piano drammatico a un piano “culturale”, i giovani che risiedono nell’Africa sahariana (Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger, Ciad, Sudan) non si separano mai dal loro telefono cellulare, come fossero stressati manager europei. La cosa è curiosa (sebbene nulla escluda aprioristicamente che possano essere stressati e che possano avere bisogno del telefonino per lavoro), ma si spiega prendendo in considerazione il cellulare nella sua funzione di lettore multimediale. Provate a osservare i clienti in un negozio di telefonia (se proprio non avete niente da fare…), e noterete che l’unica cosa che chiedono sempre i giovani originari dell’Africa (marocchini, algerini, tunisini, ma anche nigeriani…) è lei: la scheda di memoria, la micro-sd, la “schida memuar” (come pronunciano elegantemente alcuni mischiando il passato coloniale francese con il presente italiano). La scheda di memoria può contenere foto, ma soprattutto canzoni, mp3. Lo scambio è continuo: quando tornano a casa copiano le canzoni (magari anche italiane) sulle schede dei loro amici e parenti, e tornano con le loro schede cariche di mp3 (e di ricordi del loro paese). Scambio culturale spontaneo e low-cost.

Christopher Kirkley, blogger di Portland trapiantato a Nouakchott (Mauritania), si è inserito in questa catena e, armato di lap-top, ha iniziato a barattare i brani contenuti delle schede di memoria dei passanti con quelle contenute nel suo hard-disk (Townes Van Zandt, John Vanderslice, Elliott Smith). Il risultato di questo lavoro di copia-incolla è stato poi (ri)analogizzato dallo stesso Kirkley in due cassette (intitolate “Music from saharan cellphones vol 1” e “Music from saharan cellphones vol 2”) e (ri)digitalizzato in mp3 sul suo blog.

 

Nota: le seguenti indicazioni sono imprecise, in quanto derivanti dalle (poche) note riportate sulla cassetta, da qualche precisazione “in progress” riportata su www.sahelsounds.com e da una disperata ricerca personale sul web.

 

L’ascolto di queste due cassette schiude un mondo sconosciuto, fatto di generi musicali diversi tra loro ma accomunati dalla compresenza di elementi tipici della tradizione musicale Africana ed elementi di insospettabile modernità. In questi brani convivono riti ancestrali e attitudine pop, cultura folcloristica e pulsioni libertarie. L’esplorazione di questo mondo parte dai territori più noti del desert blues: il primo brano è attribuito sulla cassetta a un certo Denna Bay e si intitola “Tinariwen”. È un brano dalla forza evocativa immensa, basato su chitarre di chiara matrice “Maliana”, una sezione ritmica per metà elettronica e una melodia vocale che può ricordare i Tinariwen. Anzi, sul web e sulla carta stampata di mezzo mondo (compreso – per dirne uno – il Guardian!), viene riportato come un brano dei Tinariwen. Peccato che i Maliani più famosi del mondo non ne sappiano nulla, e infatti il brano è opera di una band Algerina (come ci confermerà lo stesso Kirkley). Stesso dicasi per la seconda traccia (mantra religioso, circolare e assolutamente ipnotico), che il Guardian attribuisce ad Abdahalla, chitarrista dei Tinariwen (ancora?). Neanche per idea, il brano appartiene – con buone probabilità – ad Hasso Akotey, e arriva dal Niger, così come il momento più bizzarro e affascinante dell’intera raccolta, un pezzo intitolato “Emsikta” che sulla cassetta viene indicato semplicemente come “Autotune”. Perché quello è: un breve canto completamente trasfigurato dall’uso massiccio dell’autotune su una base di bassi semplice ma devastante.

Non tutto è sconosciuto o tagliato fuori dal mondo: qualche brano si trova su Myspace, come nel caso del già citato Atokey, di Koudede (che qui troviamo con una sabbiosa versione di “Souveniram”), del maliano Ananar de Kidal (altro bluesman “di razza”) o del rapper “made in BamakoYelli Fuzzo (che ha addirittura una pagina dedicata su Facebook). E – se da un lato dobbiamo ammettere che i suoni del desert blues figlio di Ali Farka Tourè o del Tuareg-rock codificato dai vari Tinariwen e Tamikrest sono quelli più affini ai nostri gusti (probabilmente grazie alla recente diffusione degli artisti citati) – la forza di questa raccolta sta proprio nella mancanza totale di fili conduttori, di riferimenti diversi da quello puramente geografico. Scopriamo così la bellezza rituale dei ritmi gnawa (Hamdawa, Auguste Solo, Aminata Wassidje), la passione per l’uso di filtri vocali del rai marocchino (Cheb Hamza and Cheba Wasila), la diffusione di rapper/dj che sono delle star in Mali (Kabablon Blon, Iba One) o in Costa d’Avorio (Joskar and Flamzy) e l’inspiegabile presenza di ritmi reggae cantati da bambini (Yalah).

Aggiungete a tutto questo alcuni “field recordings” misteriosi ("Noukchott 48 Hours"), un mood generale veramente spiazzante ed eterogeneo (come se qualcuno stesse giocando con la manopola di una vecchia radio trovata nel mezzo del deserto) e la consapevolezza che non ci si trova di fronte ad una erudita selezione di brani estrapolati da vecchi vinili, ma a pezzi di musica letteralmente “popolare” e quotidiana, da usare come sveglia mattutina o come suoneria del cellulare; e avrete la fotografia di questa esperienza d’ascolto imprecisa e amatoriale, ma – e forse proprio per questo - straordinaria.

 

 

- Intervista con Christopher Kirkley

 

Prima di tutto, un dubbio: la prima canzone di "Music from saharan cellphones vol 1" è un brano dei Tinariwen (la band del Mali)? Ho notato che nella cassetta "Tinariwen" è indicato come titolo, mentre l'artista è indicato come "Baye (Algeria)". A me non sembra un pezzo dei Tinariwen, eppure tutti (sul web e non solo) danno questa informazione. Chi sbaglia?

La canzone è di un chitarrista chiamato Bay Ag Alhosayani, il suo gruppo si chiama Anmattaf ed è originario di Tamaransett, Algeria. Il titolo della canzone è Tinariwen, il plurale di Tenere, o "deserti" in inglese. E' una parola molto diffusa nella musica Tuareg, naturalmente. Ma il gruppo Tinariwen non è coinvolto in alcun modo nella composizione.

(Bene, la prima soddisfazione ce la siamo tolta, nda)

- Chi sei? Da dove vieni e che cosa ti ha portato a Nouakchott?

Sono un inesperto etnomusicologo che registra suoni nel deserto. Sono originario di Portland, Oregon, una città piovosa nell'angolo nord-ovest degli Stati Uniti. Sono arrivato a Nouakchott due anni fa con una vaga idea di un progetto: ho portato una chitarra e un microfono con l'idea di assemblare un database di registrazioni.

- Descrivici Sahelsounds. Come è nato? Chi ci lavora?

Appena ho iniziato a raccogliere tutte queste registrazioni, ho deciso che avevo bisogno di un posto nel quale condividerle. Il sito nasce come deposito per visualizzare le registrazioni. Ad un certo punto sono tornato a Portland e ho preso contatti con l'etichetta Mississippi Records per realizzare "Ishilan n-Tenere" - una selezione di registrazioni provenienti dal Senegal e del Mali.

- Come è stato assemblato il materiale per "Music from Saharan Cellphones"? Come sei entrato in contatto con le persone a Kidal, e soprattutto con i loro telefoni?

Sono arrivato a Kidal alla fine del 2009, e vissuto lì per circa sei mesi. Ho iniziato a pensare di raccogliere musica dai cellulari, perché sembra quello il prossimo passo logico nella collezione etnografica. Quella musica è un'istantanea della musica popolare, ma al tempo stesso non è venduta nei negozi locali. Un sacco di mp3 arrivano dai telefoni di alcuni miei amici, altri da "trattative" con i bambini delle scuole superiori presso il campo di calcio.

- Cosa pensi delle connessioni tra le nuove tecnologie (pc, internet, cellulari ...) e la diffusione di diversi tipi di musica attraverso il mondo? E cosa pensi dei supporti fisici, visto che usi le cassette per le registrazioni?

L'Africa occidentale sta subendo un drastico cambiamento grazie all'importazione di nuove tecnologie. La possibilità di memorizzare musica digitale sui cellulari, il trasferimento senza fili Bluetooth, e le chiavi USB Internet hanno invaso il mercato. In un sacco di posti c'è stato un salto diretto da analogico a mp3. Solo pochi anni fa, ogni tassista aveva l'autoradio a cassette, ora sono quasi tutti dotati di lettore mp3.

Per i musicisti professionisti questa novita è importante, il problema è come ottenere soldi dalla musica quando non c'è nessun prodotto da vendere. Probabilmente il più strano esempio di questo processo è rappresentato da questi nuovi mercati che vendono mp3 per un prezzo fisso - come una versione fisica di iTunes.

Penso che questa questione della musica digitale abbia scatenato la nostalgia per i prodotti fisici. Lavorare con mezzi come il vinile e le cassette appaga sicuramente questo bisogno di avere qualche associazione tattile con la musica. Forse alla fine succederà qualcosa di simile anche in Africa, ma per ora rimane un bene di lusso.

-Qual è il tuo brano preferito di "Music from Saharan Cellphones" e dove l'hai scoperto?

Uno dei miei brani preferiti è quello di Cheb Hamza e Cheba Wassila - due bambini che cantano questa pazza musica Rai "autotuned". Non sono stato in grado di rintracciarli, ma sono abbastanza certo che provengano dalla regione Rif del Marocco.

- Dove e come possiamo comprare "Music from Saharan Cellphones"?

Ci sono alcune copie della cassetta in giro, per lo più a Portland (e un bel po' in Africa, ora). Si parla anche di realizzare una raccolta in vinile di una selezione di brani, ma il tutto è condizionato dalla capacità di rintracciare questi artisti dal loro tag ID3.

Per approfondire: http://sahelsounds.com/

C Commenti

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Marco_Biasio alle 22:44 del 8 aprile 2011 ha scritto:

La massima e più profonda stima per un lavoro del genere. Davvero, mi genufletto. Grande Fabio.

target alle 11:47 del 9 aprile 2011 ha scritto:

Che bella cosa, che cosa importante, che hai scritto, Fab. Genuflessione anche mia, ovviamente pure per il lavoro di questo americano pazzo.

loson alle 11:51 del 9 aprile 2011 ha scritto:

Qualche nome lo conosco, e lo apprezzo con mooolta moderazione. Però l'articolo-intervista, nel suo complesso, è veramente lodevole.

fabfabfab, autore, alle 0:16 del 11 aprile 2011 ha scritto:

RE:

@los: ma davvero conosci qualche nome di questi? Ma hai vissuto in Libia all corte di Gheddafi ??

@ Marco (sopratutto) : occhio che sopra ci sono i link per scaricare tutto aggratìs. Abbiamo il placet dell'autore!

loson alle 12:02 del 12 aprile 2011 ha scritto:

RE: RE:

Più che altro mi riferivo a nomi come Tinariwen, Tamikrest, o anche Imaran, Group Inerane... L'ABC del Tuareg, insomma. Artisti che, mi pare di capire, abbiano influenzato parecchio la musica raccolta da Kirkley. Dei veri protagonisti di queste raccolte non so assolutamente nulla, ma visto che posso scaricarli senza incorrere in violazioni della legge ci farò un pensierino.

loson alle 12:03 del 12 aprile 2011 ha scritto:

RE: RE: RE:

Touareg con la o, naturalmente.

fabfabfab, autore, alle 12:26 del 12 aprile 2011 ha scritto:

RE: RE: RE: RE:

No no Tuareg senza la "O" è giusto, anzi ormai Touareg mi sa che è un'esclusiva Wolkswagen...

loson alle 12:35 del 12 aprile 2011 ha scritto:

RE: RE: RE: RE: RE:

Ho proprio cercato disperatamente la figura di merda...

fabfabfab, autore, alle 13:50 del 12 aprile 2011 ha scritto:

RE: RE: RE: RE: RE: RE:

ahaha puoi capire, se le figure di merda son queste... piuttosto facciamoci dare qualcosa dalla Wolkswagen! (e son due...)

paolo gazzola alle 14:05 del 12 aprile 2011 ha scritto:

RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE:

Aehm, Volkswagen, con la V...

fabfabfab, autore, alle 14:09 del 12 aprile 2011 ha scritto:

RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE:

Maledetto non vale...

paolo gazzola alle 14:22 del 12 aprile 2011 ha scritto:

RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE:

Ahahah, perdonami, ho sangue tedesco.

Emiliano alle 12:20 del 9 aprile 2011 ha scritto:

Questo l'ho letto con vero piacere e sincero interesse, una storia che andava raccontata. Fab, ormai sei il Ryszard Kapuscinski di SdM, i complimenti sono quasi superflui.

fabfabfab, autore, alle 15:38 del 9 aprile 2011 ha scritto:

Ryszard Kapuscinski

Ma tu mi conosci?? "Ebano" è il libro della mia vita! Mamma mia, questo è un bel complimento!

Grazie a tutti davvero, faticaccia ripagata.

paolo gazzola alle 10:41 del 13 aprile 2011 ha scritto:

Ah, già che ci sono faccio anch'io i complimenti per il lavoro, ottimo - al solito, ma un po' di più - e particolarmente illuminante per me (che dell'Africa qui raccontata ho sfiorato solo Tinariwen, Tourè e - grazie a Brokaw - Tamikrest).