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R Recensione

6/10

Zita Swoon Group

Wait For Me

Siccome ho uno zio elettricista, e in un paio di occasioni l'ho visto anche all'opera, qualcosa di impianti, circuiti e cavi elettrici ci capirò, no? E poichè sono nato e cresciuto a cento metri da una delle più grandi fabbriche di automobili del mondo, qualcosa di motori avrò imparato, no? E se domani decidessi di prendere un aereo per il Mississipi insieme alla mia vecchia imitazione Gibson-Les Paul, mi trasformerei in un bluesman di razza, no?

Ecco, no. Ma proprio no. E questo valga come avvertimento generale. Prima che europei e americani in cerca di ispirazione e in lotta perenne contro l'apatia imperante invadano il sud del mondo rischiando - ancora una volta - di "fare nostro ciò che nostro non è", fermiamoli. O almeno mettiamo dei paletti, prima che causino un anschluss culturale irreversibile. Che va bene il meticciato e lo scambio di tradizioni, ma il timore - conoscendo il concetto distorto di "scambio" tra nord e sud del mondo - è che tra qualche anno rischiamo di ritrovarci indie-bands chiuse in cantina a trafficare con 'ngoni e balafon e musicisti africani ridotti a coristi in abiti multicolore.

Per mettere in atto operazioni culturali di questo tipo sono necessarie caratteristiche che nell'uomo moderno sono sempre più rare: discrezione, intelligenza, umiltà, apertura mentale, disponibilità, rispetto. Si tratta di smettere di "andare a prendere" e anche di "andare a portare", e magari cominciare ad instaurare un rapporto di scambio equo. Equo e basta, possibilmente, anche perchè nessuno ha mai saputo spiegarmi come possa un commercio essere "solidale" e "equo" allo stesso tempo. La beneficenza e gli aiuti sono solidali, il commercio è sufficente che sia equo. E se fosse stato equo fin dall'inizio adesso non ci sarebbe bisogno di tutta questa "solidarietà" sciacqua-coscienze.

Negli ultimi anni gli scambi musicali tra Africa e "mondo occidentale" sono diventati sempre più intensi: abbiamo "conquistato" il Mali, ci siamo inventati l'afro-pop, abbiamo ascoltato porcherie tipo Vampire Weekend e seguito con apprensione le infatuazioni world di Damon Albarn. Abbiamo anche scoperto - però - che l'Africa ha una storia musicale eterogenea e interessante, e un presente fatto di vecchi leoni come di giovani promesse. Per questo motivo quando arrivano suoni da quella parte del mondo è sempre bene tendere le orecchie. Ultimo (o quasi) esempio in ordine cronologico è quello che vede Stef Kamil Carlens (co-fondatore dei dEUS e leader degli indie-rockers belgi Zita Swoon) sulle orme di Damon Albarn (o dello Hugo Race di qualche anno fa, o ancora della recente visita di Bertrand Cantat in casa Amadou & Mariam): Carlens ha trascorso un lungo periodo in Burkina Faso a stretto contatto con i musicisti Awa Démé (cantante) e Mamadou Diabaté Kibié (balafonista), e il risultato di questo "scambio" e questo diario di viaggio intitolato "Wait for Me".

Nonostante la resa finale sia piacevole nei momenti di sovrapposizione del cantato rock di Carlens sulle basi percussive di Diabaté ("Sababu", "Tasuma Ji") e in qualche passaggio strumentale ("Ko Benna Waati"), l'impressione è che il suo creatore abbia tentato di calcare la mano sull'elemento "etnico", generando alcuni momenti thelionsleepstonight che sanno di post-colonialismo ("A Sera, A Waara") e un senso generale di superficialità ("Taamala Fisa", "Sia Slide"). E' difficile stabilire se questa sensazione (la stessa provata - sebbene in quantità inferiore - ascoltando il progetto Dirtmusic qualche anno fa) sia data da una fretta/carenza compositiva o semplicemente dalla matrice pop che fa da collante tra i vari elementi, ma tant'è. E dispiace, perchè dal vivo il risultato sembrerebbe di gran lunga migliore, e la voce di Awa Démé alle prese con i ritmi simil-Manu Chao di "Taare" o con le forme libere di "Ala Lon Man Di" è semplicemente spaventosa per intensità, forza e bellezza.

Ok dai: prendiamoci la voce della Démé in volo su "A Ni Baara" e torniamocene subito a casa, come al solito.

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Emiliano alle 19:06 del 16 aprile 2012 ha scritto:

Più che una segnalazione il tuo sembra un grido d'allarme. Quello dell'eccessiva semplificazione è un rischio molto concreto in questo tipo di operazioni, e penso che l'unico modo di scongiurarlo sia quello di suonare tutti con testa libera e orecchie aperte. Servono musicisti molto bravi però. Non so se lo ascolterò, magari qualcosa sul tubo...ah, grazie per la Diawara.

fabfabfab, autore, alle 23:54 del 16 aprile 2012 ha scritto:

eccessiva semplificazione

Bravo il rischio secondo me è proprio quello: "sciacquaimo i panni del Niger così spezziamo la monotonia". Il confine tra curiosità/interesse culturale e moda-chic è labile. Sabato sera al concerto dei Tinariwen c'erano bande di signore di mezza età con lo scialle di seta al collo, gli occhi socchiusi e il pernsiero rivolto a "quella splendida vacanza a Sharm..." ... i Tinariwen stavano al gioco, chè nella vita due o tre cose le hanno vissute, e prendevano applausi... adesso il rischio è che diventi un modo per conquistare questa nuova fetta di pubblico... Anche al concerto di Fatoumata ho avuto la stessa impressione, appena mediata dalla presenza di un pubblico meno numeroso e in parte "specializzato" ...

Randolph_Carter alle 9:35 del 17 aprile 2012 ha scritto:

Non concordo molto con l'idea di fondo della recensione... Un risultato può essere più o meno buono, un esperimento può riuscire o fallire, ma non si può condannare il tentativo stesso di cercare commistioni fra generi musicali!!!

Tu stesso, Fabio, ci hai regalato recensioni di "ibridi" stupendi (Bombino); noi tutti possiamo apprezzare della musica che viene da così lontano solo grazie a case discografiche e produttori internazionali...

C'è spazio per tutti al mondo, non sarà né Shakira che canta Waka Waka né le signore coi foulard di seta ad uccidere la musica tradizionale africana...

fabfabfab, autore, alle 9:43 del 17 aprile 2012 ha scritto:

RE:

E lo dici a me? Sono costantemente alla ricerca di "ibridi" musicali, e sono fermamente convinto che non si possa "condannare il tentativo stesso di cercare commistioni fra generi musicali". Io qui ravviso il rischio di "banalizzazione" di questo concetto, proprio perchè lo ritengo prezioso! Ascolta il disco di Bombino e poi questo, e capirai immediatamente a cosa mi riferisco...

Emiliano alle 14:08 del 17 aprile 2012 ha scritto:

Quindi tu temi che, al fine di aumentare il proprio seguito presso i "non iniziati" siano gli stessi artisti (che di solito non navigano nell'oro)a semplificare il proprio sound in vista di succeso e allori. Beh, prima o poi tocca a tutti confrontarsi col quarto d'ora di celebrità; meglio così, sarà più facile scremare le stronzate dai dischi veri e onesti (anche se a volte delle ruffianate dichiaratissime si rivelano capolavori). Comunque sta già succedendo. Bombino su pitchfork. sciure ai concerti. Ma non vorrei che ci stessimo comportando come quei black metaller duri e puri "che da quando i Mayhem non lanciano più teste di porco sul pubblico non sono più loro. Stiamo attenti, un critico che si sente tradito è capace delle peggiori nefandezze.

fabfabfab, autore, alle 16:20 del 17 aprile 2012 ha scritto:

RE:

No il rischio di "chiusura" non c'è, almeno non da parte mia. Il disco di Fatoumata Diawara è quasi più "francese/europeo" che africano, ma la riuscita finale è omogenea, "coerente". Qui sembra proprio che gli elementi "afro" siano stati inseriti in maniere forzata o quantomeno frettolosa, superficiale. Il mio timore è semplicemente questo, che si cerchi a tutti i costi "l'Africa in giardino" per spezzare la monotonia... il disco è carino comunque eh, per me 6 non è una stroncatura...

Randolph_Carter alle 16:22 del 17 aprile 2012 ha scritto:

RE: RE:

ecco, adesso ti quoto al 100%!!!

(poi se qualcuno è uscito dal tunnel della dipendenza dalla Diawara è pregato di dirmelo!)

fabfabfab, autore, alle 16:47 del 17 aprile 2012 ha scritto:

RE: RE: RE:

@Randolph: non sono il più indicato ad indicarti come uscirne.. ascolto il CD da sei mesi e un paio di settimane fa sono andato a vederla dal vivo (concerto meraviglioso) e poi l'ho aspettata mezz'ora come una fan dei Take That per farmi autografare il disco...

@Target: sono curioso di sapere cosa ne pensi...

target alle 14:49 del 17 aprile 2012 ha scritto:

Oh che bello, gli Zita Swoon su storia. Loro in Belgio sono star assolute, e hanno fatto alcuni dischi davvero meritevoli ("A song about a girls" su tutti). Giusta l'osservazione sul live: visti sia lì che in Italia, posso dire che è senz'altro l'ambito in cui danno il meglio ("A band in a box" del 2005 lo dimostra - peraltro già in quegli anni si sentivano influenze ritmiche afro). Bello ritrovarli proprio ora in queste vesti dopo la mia prima escursione africana. Ascolterò!