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R Recensione

8/10

Bombino

Agadez

La storia di Oumara Moctar (nato Goumar Almoctar, noto anche come Omar Moctar o Omara Mochtar) è comune a quella di molti Tuareg, ribelli del deserto perennemente in fuga dalle repressioni dei governi locali. Oumara nasce nel 1980 a cento chilometri da Agadez, grande città del Niger, ma è subito costretto a fuggire in Algeria a causa delle violente reazioni dei governi di Niger e Mali alle ribellioni Tuareg del 1990. In Algeria alcuni parenti di Oumara avevano portato delle chitarre, vere e proprie armi della rivoluzione Tamashek. Oumara imparerà in esilio i primi rudimenti musicali, e - tornato ad Agadez nel 1997 - riceverà in dono una chitarra da uno zio pittore ed entrerà a far parte della band del chitarrista Haja Bebe. Oumara era il più giovane della band, e da quel momento per tutti divenne "Bambino".  

La leggenda di "Bambino" comincia così, come quella di tanti altri musicisti del Sahara (Tinariwen, Tamikrest,Tartit...), e prosegue attraverso viaggi in Libia, Algeria e Mali (sostenuti per sfuggire alle dure opposizioni del padre che non voleva per suo figlio un futuro da musicista nomade) durante i quali "Bambino" si appassiona alla musica di grandi chitarristi come Ali Farka Tourè, John Lee Hooker, Mark Knopfler e Jimi Hendrix. La passione per la chitarra spinge Oumara fino in California, dove inciderà una versione di "Hey Negrita" insieme a Keith Richards e Charlie Watts.  

Nel 2007 la lungimirante sublime frequencies pubblicherà alcune registrazioni live della band di Oumara (Group Bombino) e Bambino si imporrà definitivamente come astro nascente del desert blues. Ma le favole in questo angolo sabbioso di pianeta sono destinate ad interrompersi bruscamente, e nel 2007 la seconda ribellione Tuareg sta per essere soffocata nel sangue: Bambino si unisce alla rivolta e due suoi musicisti vengono uccisi. Per lui e per molti altri Tuareg ricomincia la fuga, questa volta in Burkina Faso. Alla fine, come da copione, arriva l’incontro casuale con un bianco artista occidentale e finalmente le cose cambiano: Ron Wyman, regista americano in viaggio in Africa per girare un documentario sui Tamashek, si innamora della musica di Bambino (ormai diventato per tutti “Bombino”) e decide di portarlo in America. Lì iniziano le sessioni di registrazione di “Agadez” che termineranno nel 2010 proprio ad Agadez, tornata alla pace dopo l’accordo tra i ribelli Tamashek ed il governo del Niger.  

La particolarità di Bombino sta tutta nel suo “chitarrismo”, nella sua volontà di essere un musicista prima che un cantante, nella capacità di porre il proprio (amato) strumento al centro della scena, come facevano i suoi idoli, da Hendrix a Jimmy Page. Nella musica di Bombino la chitarra “canta” assai più della voce, la chitarra tesse le trame di tutte le composizioni, e tutto ciò che la circonda è il sostegno (a volte ritmico, a volte vibrante, a volte silenzioso) per lo scorrere delle note della sei corde. Considerazioni tecniche a parte (che lasciamo volentieri agli esperti del settore e a quelli che credono che scrivere una canzone sia applicare l’ultima tecnica imparata), Bombino è un guitar-hero. Ne ha l’attitudine, il carisma, la sfrontatezza, la padronanza “fisica” dello strumento.    

Ahoulaguine Akaline” è l’unico inizio possibile per un disco così, un lungo mantra chitarristico reso celebre nel 1973 da Intayaden (leggendario chitarrista maliano, co-fondatore dei Tinariwen) durante il suo esilio in Libia. Il filo fragile che collega questo brano alla storia di Bombino trasporta le stesse sensazioni in Burkina Faso, nel 2007 (“I greet my country where I left my parents / I greet my country / I greet my country where I left my love / I greet my country / I greet my country where I left my community / I greet my country”). Negli arrangiamenti di “Agadez” c’è la stessa coralità tipica della musica di questo angolo d’Africa, ma la novità introdotta da Bombino è il rifiuto della struttura basata sul “call and response” tra cantante solista e coro (generalmente femminile). Il “response” è invece quasi sempre ad opera dalla chitarra, che interrompe il suo ruolo ritmico per offrire digressioni melodiche in risposta al cantato. Così avviene negli accenti in levare di “Tar Hani” (mai sentito il blues fondersi così profondamente con il reggae) e nelle tracce maggiormente legate alla tradizione africana (“Kammou Taliat”, “Iyat Idounia Ayasahen”), ma la chitarra rimane presenza costante lungo tutto il disco, sebbene in forme e misure più contenute rispetto alle colate laviche registrate nel deserto con gli amici del Group Bombino. Come se Oumara fosse riuscito a mitigare l’impeto blues della sua terra d’origine con le forme rock conosciute negli USA, come se avesse deciso di offrire a noi (da questa parte del mondo) una possibilità in più per conoscere la sua musica. E probabilmente per questo che ci concede – sparse nel disco - una versione acustica del traditional “Tenerè” (con quel battito di mani in sottofondo a sollevare sabbia dal terreno), un mantra ipnotico ricco di fascino “etnico” intitolato “Adounia” e dedicato a Mahamed Sidi (uno dei componenti della sua band assassinati in Niger durante la seconda rivolta Tuareg) e una composizione sovraccarica di bassi che potremmo definire trip-hop acustico (“Azamane”).  

La musica di Bombino è esperienza emotiva prima che sensoriale. È esattamente ciò che il suo soprannome suggerisce, qualcosa che arriva prima al cuore che alla testa. Solo che adesso, quel bambino è diventato il più grande di tutti.

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Voto degli utenti: 7,3/10 in media su 10 voti.
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Wrinzo 7/10
gull 8/10
ciccio 9/10
Gio Crown 7,5/10

C Commenti

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gull (ha votato 8 questo disco) alle 9:28 del 13 aprile 2011 ha scritto:

Che meraviglia! Estasiato da questi suoni!

Wrinzo (ha votato 7 questo disco) alle 12:51 del 16 aprile 2011 ha scritto:

Interessante

gull (ha votato 8 questo disco) alle 12:13 del 17 aprile 2011 ha scritto:

Confermo le prime ottime impressioni. Musicista davvero egregio e disco da non perdere!

Gio Crown (ha votato 7,5 questo disco) alle 20:57 del 13 aprile 2013 ha scritto:

"Nella musica di Bombino la chitarra “canta” assai più della voce, la chitarra tesse le trame di tutte le composizioni, e tutto ciò che la circonda è il sostegno (a volte ritmico, a volte vibrante, a volte silenzioso) ....La musica di Bombino è esperienza emotiva prima che sensoriale....qualcosa che arriva prima al cuore che alla testa.." ecco credo che queste parole riassumano in modo perfetta le sensazioni che questo album mi ha dato. Lo ascolto dopo aver ascoltato Nomad (che però mi piace di più, forse perchè più vicino alla mia sensibilità...come dire... "occidentale") è resta l'impressione che ho avuto al primo contatto con la sua musica: mi prende i sensi e il cuore...mi sento invasa dallo stesso calore del deserto e per una nordica come me non è poco!