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R Recensione

7/10

Epsilon Indi

Crystal Soup

Gli Epsilon Indi sono purtroppo ancora materia oscura anche per coloro che hanno deciso di fare dei propri percorsi di ascolto dei sentieri di ricerca. Quasi un controsenso poiché gli Epsilon Indi sono tutto un moto di ricerca. Una ricerca caparbia e coraggiosa. Una ricerca nonostante tutto. Sono italiani (pressoché romani) e non hanno mai smesso di sperimentare, sin dal loro ormai lontano esordio di “A Distant Return” (doppio CD del 1992), passando per il loro capolavoro “The Stolen Silence” (1994) fino alla composizione di musiche per eventi teatrali. Una esperienza consolidata nell’allestimento di tanti spettacoli dove l’aspetto scenico è ricercato sin nei minimi dettagli ed è di pieno supporto alla musica. Ma nonostante ciò gli Epsilon Indi (prodotti dall’intelligente Franz Andreani, ex-DJ della romana RadioRock) vengono ignorati dai più.

Crystal Soup” è il loro ultimo lavoro e il finale traguardo di una maturità raggiunta già da tempo, che esprime qui in forme altissime. All’epoca le Edizioni Il Manifesto lo pubblicarono anche in versione “doppia” con un CD-rom (che, ricorderete, in quegli anni andava di moda), nel quale il connubio sound+vision veniva portato a compimento. Un delicato, soffuso e pensato acquerello di colori e suoni. Reminescenze del Peter Gabriel di “Birdy” ma ancora di più quello di “Passion” appaiono in Unheard Answer, Past Goes Round and Round. La musa ispiratrice di David Sylvian si rivela in tracce tipo Vulcano, The Temple and The Snail ma anche in altri momenti del disco. Anche i King Crimson degli ultimi anni e dei momenti più arpeggiati (per intenderci quelli di Inner Garden, Walking On Air o One Time) sembrano tornare alla mente. Ma anche echi dei ProjeKCts (ossia quell’esperienza di filiazione in sotto-unità dei King Crimson che vide la luce verso il 1998) sono riscontrabili nella title track e altrove nel lavoro. Forse anche grazie al bravissimo chitarrista/cantante Alessandro Bruno (già chitarrista negli Europa String Choir e oggi nei suoi Desiderata e al servizio dei Solar Orchestra), che da anni è il centro focale delle esperienze italiane che ruotano attorno ai Crafty Guitarists di Robert Fripp.

Inutile dire che le soundscape del Maestro spesso colorano gli orizzonti sonori (la magnetica e pulsante My Land). Ma questi orizzonti non implodono mai in sé stessi come talvolta accade nei dischi del Guru Fripp solista. Sono invece qui ‘asserviti’ all’economia del lavoro. Anche l’estro folk-etnico/elettronico del genio francese Hector Zazou affiora qua e là (fantastica My Secret Love). Il tutto si risolve comunque in una pozione originalissima in cui si intravede subito un piccolo capolavoro in Sea Waves, nel quale digressioni alla Dead Can Dance si fondono a suggestioni alla Steve Reich. Anche se poi il lavoro è tutto un flusso sonoro. Il pianoforte e alcuni evanescenti archi lo scandiscono laddove serve, senza creare sovrastrutture pesanti. Perciò va bene scoprire geniali band geniali da qualsiasi angolo del mondo, ma ciò a patto di non perderci gemme preziose che ci passano sotto il naso. E questo CD è senza ogni dubbio una pietanza rara. Se vorrete lasciarvi trasportare da lucenti evanescenze avete trovato il mezzo di trasporto ideale. Un vimana in volo su panorami intensi, ma dipinti con tinte tenui.

Una gran gioia è sapere che, dopo una estenuante attesa, sta finalmente per uscire il loro nuovo album “Wherein We Are Water”.

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Voto degli utenti: 8/10 in media su 1 voto.
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