V Video

R Recensione

8/10

Pendragon

Passion

Per il "popolo del prog" costituito dagli adolescenti degli Anni '80 e non dai loro fratelli più grandi di dieci anni prima, i Pendragon hanno costituto insieme a Marillion, IQ, Pallas, Twelfth Night, Galahad una delle reincarnazioni di un verbo che non esisteva più in purezza, essendo i vari gruppi storici sopravvissuti ai 70s, salvo rare eccezioni (King Crimson fra tutti), persi nell'inseguire un successo troppo spesso dal dubbio sapore pop. E così questa "nuova" generazione di bands (a volte definita “New Wave of Progressive Rock”) ha contribuito ad infondere nuovi sogni e, con il senno di poi, ad alimentare pie illusioni di rivoluzioni musicali, proprio mentre il post-punk prima e la new wave subito dopo avevano realmente contribuito a dare alla Storia della Musica quello scatto di reni che il Prog fisiologicamente non poteva più fornire o almeno non poteva più fornire ripetendo stanche formule intrise di virtuosismo, magniloquenza, teatralità giocate sulle lunghe distanze. Però a credere nel NewProg e nelle sue milizie c'erano appunto tutti quei teenagers che negli Anni ‘70 erano a malapena in fasce e che quindi per godere, in diretta, di quelle formule che a loro naturalmente parevano, per la giovane età, tutt'altro che stantie, avevano bisogno di nuovi idoli "incorrotti".

Sembra quasi incredibile eppure alcune di queste realtà sono sopravvissute fino ad oggi, attraversando cambi di line-up, di songwriting e di umore, ma con la grande convinzione di avere sempre e comunque un consistente credito da parte di quella gioventù orfane del "Grande Prog in diretta dai 70s", anche se da quella “diretta” sono passati 40 anni e che per ben altre “dirette” ci sarebbe stato spazio e tempo, se solo quella "gioventù" avesse accettato di crescere e invecchiare, bandendo la nostalgia dal proprio DNA musicale, accettando finalmente la loro "contemporaneità" con altre e alte forme sonore. Ma ora basta con la filosofia comportamentale del progfan. Quello che ora conta è la sostanza contenuta in questo ennesimo lavoro degli inglesi capitanati da Nick Barrett. Senza tentare inutili paragoni con i loro precedenti album, sarebbe ipocrita non scrivere del sincero stupore che mi ha travolto ascoltando "Passion": francamente non credevo che per la loro miscela artistica i Pendragon avrebbero potuto architettare un aggiornamento così attendibile. Eppure proprio quella miscela fatta di melodie floydiane e pomposità tastieristiche a cavallo fra Yes (Wakeman) e Genesis (Banks), senza troppe devozioni romantiche, si è imbevuta alla fonte dei Dream Theater (senza indulgere in analoghi sterili tecnicismi) e a quella dei Porcupine Tree (era Lava Atlantic/ Roadrunner, tanto per intenderci), innestando elementi elettronici di egregia funzionalità (secondo le modalità dei Riverside).

Se stessi leggendo io stesso questa recensione come voi ora, per la prima volta, forse nutrirei ancora qualche dubbio, allo scorrere i nomi tirati in ballo: eppure il risultato di questa sommatoria di elementi è superiore al puro esito matematico. Nonostante ogni premessa, il disco è talmente ben costruito da convincere in ogni passaggio, senza essere desueto o puramente rievocativo, muovendosi sapientemente nell'area del buon gusto: dinamica e potenza vengono coniugate in modo da assicurarsi un mutuo soccorso proprio nel momento esatto in cui una delle due componenti avrebbe rischiato di prendere il sopravvento. I lunghi brani, ovviamente inclini ad aprirsi in ampie sezioni strumentali, non presentano momenti di stanchezza, raggiungendo talvolta uno stato di sbalorditiva bellezza formale (Skara Brae è sicuramente un pezzo che sfiora questo ideale di perfezione). Credo che la band abbia arduamente lavorato in fase di produzione, riuscendo ad incastonare suoni dal sapore edito ed inedito, forgiando le transizioni tra essi con tecnica sapiente. Su tutto emerge la maestria di elaborare melodie efficaci e di dare ad esse priorità su tutto (esemplare la sequenza iniziale delle concatenate Passion /Empathy).

E' lecito dire che questi Pendragon, che hanno imboccato una nuova stagione compositiva già dal precedente ed ottimo "Pure" (2008, pubblicato in occasione delle celebrazioni del trentennale della formazione), mi piacciono decisamente di più di quei pallidi paladini che non avendo le armi per evocare la sacra magia del Progressive "classico" si limitavano a far buon viso a cattiva sorte imitando gli aspetti più pleonastici dei grandi maestri (siano stati essi i Genesis, i Camel o i Pink Floyd), ignorando che il prog era anche fatto anche di quella componente sperimentale ideologizzata da King Crimson, Henry Cow, Soft Machine. Non che oggi i Pendragon siano diventati infine un gruppo di experimental/alternative rock, ma almeno hanno sicuramente superato cliché troppo restrittivi, riuscendo laddove altri nomi più altisonanti di loro falliscono (una Feeding Frenzy i Dream Theater di oggi possono solo sognarsela), riuscendo ad updatare il quadro d'insieme e comprendendo che nessun assolo può mascherare i cali emotivi di una composizione e che quindi solo il gioco di squadra (anche durante il missaggio) può costituire quel quid che in altri lavori ha latitato. Solo ciò che è funzionale serve. Della formazione originale (nel lontano 1978 il nome era Zeus Pendragon) rimangono il compositore, cantante chitarrista Nick Barrett e Peter Gee al potente basso: Clive Nolan, uno dei tastieristi più attivi dell'intera scena newprog (ShadowlandArenaCaamora), si è aggregato subito dopo il cambio di ragione sociale in Pendragon, nel 1986, mentre Scott Higham si è aggregato alla batteria solo nel 2008. E quasi in punta di piedi, in punta di dita su di un pianoforte, appena un filo di struggente chitarra elettrica (gilmouriana) che questo album si congeda dagli ascoltatori con una gemma come Your Black Heart: e una malinconia attanaglia l’anima al salutare gli ultimi riverberi sonori di “Passion”. Una malinconia alla quale abbandonarsi, lasciandosi cullare da questo vasto mare di note, da questa canzone, da questo album, da questo gruppo, da questo filone musicale dal quale credevo di aver reciso ogni cordone ombelicale di appartenenza. Cos'è questa malinconia che mi prende, arrivando in fondo a "Passion"? Solo sentimento rievocativo di una fase della vita nella quale la musica si ascoltava con il palpito del cuore senza la mediazione del cervello, nella quale si imparavano i testi a memoria, nella quale si voleva appartenere a qualcosa di unico e di disconnesso dalle mode del momento? Penso sia solo questione di emotività appagata e null'altro. Non credo tuttavia il che il prerequisito per provare sintonia con un disco del genere sia essere stati quindicenni nel 1985, o essere dei viscerali fan di progessive.

Che questo sia un lavoro onestamente partorito nel solco della tradizione progressive non vi è dubbio alcuno, però potrebbe riservare sorprese anche a chi si affanna ostinatamente a trovare per forza la "next best thing" in imberbi pseudo-artistoidi che i giornalisti e i siti di tendenza "from UK" si arrogano il diritto di indicare alle masse. Sarebbe proprio un bel modo di osare e di rompere gli schemi, mandando le tendenze e principalmente i creatori di tendenze sonoramente affanculo, prediligendo per una volta tanto un gruppo di cinquantenni che se ne sbatte di essere etichettato come vetusto quando la musica prodotta è oggettivamente così bella e intensa. Il presente è costituito da piani che si intersecano e che originano da lontano: e così anche la voglia di modernità a tutti i costi non può e non deve diventare un patibolo negazionista, analogamente alle sciabolate, sul fronte opposto, di chi ciecamente ribadisce che il Vero Rock è morto con il finire degli Anni ‘70. In questo senso "Passion" costituisce paradigma e paradosso.

 "I cordoni ombelicali di tutti sono legati l'uno all'altro nel passato. Cavointrecciato di ogni carne. Ecco perché i monaci mistici. Volete essere simili a dei? Contemplatevi l'omphalos"

James Joyce, "Ulisse"

  

TOUR ITALIANO 2011

26/04 - Verona - Club Il Giardino - Italy http://www.clubilgiardino.org/

27/04 - Rome - Stazione Birra - Italy http://www.stazionebirra.biz

V Voti

Voto degli utenti: 6/10 in media su 3 voti.
10
9,5
9
8,5
8
7,5
7
6,5
6
5,5
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
Teo 8/10

C Commenti

Ci sono 4 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.

Viz alle 22:48 del 27 aprile 2011 ha scritto:

Passion? No, non ho detto Passion... Ma noia noia noia

Siamo onesti... Per quanto mi dispiaccia ammetterlo... Non è questione di suoni (più cupi, duri del solito, in linea con Pure) o di atmosfere... Qui mancano le canzoni... Mi dissocio completamente dalla recensione soprastante.

I Pendragon sono dei bravissimi musici ad eccezion fatta del noiosissimo Clive Nolan (che da anni ci propina i soliti bolsi arpeggi e i soliti tappeti scelti dai preset delle sue korg), ma se escludiamo il primo The Jewel, a mio modesto avviso ancora oggi il loro masterpiece (dove forse proprio per la presenza di Rik Carter le cose giravano in modo decisamente fresco e appassionante) e il buonissimo The Masquerade Ouverture (disco coloratissimo, dove sono riusciti ad affinare tutte le loro tensioni sinfoniche trovando un bell'equilibrio tra soluzioni intelligenti, armonicamente brillanti e la loro "carta" neo-prog), quelli che sono considerati gli alfieri del neo prog britannico hanno in realtà prodotto una serie di dischi decisamente mediocri e prevedibili. Tutti i lenti o ancora peggio tutte le parti "ballad" dove compare il classico solo di 5 minuti si assomigliano in modo imbarazzante sia nel groove, sia nei cori pinkfloydiani e spesso anche nella melodia, la maggior parte dei momenti veloci dove la batteria tende al tecnicismo, pagano debito a The Last Man on Earth (su The window of live, scuola Fudge Smith)...

Si trova qualche brano accettabile nella loro discografia, certo, ma non si va mai molto oltre la sufficienza e sicuramente mai brani così importanti al punto di dover necessariamente acquistare un disco.

Passion non si discosta, ahimè, da questo trend. Solita produzione, solito Karl Groom (che potrebbe tranquillamente limitarsi a suonare la chitarra... Nessuno ne sentirebbe certo la mancanza in cabina di regia), solito Clive Nolan coi suoi tappeti e le sue finte voci synth, solita buonissima prova chitarristica/batteristica/bassisitica, solite canzoni, solita assenza di emozioni. Tutto banale e suonato esattamente come e dove ce lo si aspetta.

In buona sostanza un disco più inutile che brutto. Lo dimenticherete in velocità.

Il consiglio che vorrei dare ai nostri (e che difficilmente arriverà o verrà mai ascoltato) sarebbe di prendersi un bel po' di tempo stavolta e non i canonici 2 anni + tour, di pagarsi un bel produttore coi controcazzi, magari fuori dal circuito prog (magari dalle parti del pop, chi lo sa? Magari un Tony Hoffer, magari qualsiasi cosa che possa essere lontano da Karl Groom), di prendersi anche un bel po' di coraggio, di smetterla di pensare ai fans 40/50enni irriducibili e spesso fossilizzati sulla solita pappa e di stupire un po' tutti. Fare i progressivi davvero, come si suol dire.

Se volete acquistare qualcosa dei Pendragon andate a cercarvi The Jewel e the Masquerade Overture. Se volete per forza spenderci altri soldi cercate anche The Window of Life, Believe e Pure (ma non è davvero necessario).

Passion, voto: 4. Giudizio: hanno tutte le capacità per arrivare all'8, potrebbero applicarsi di più.

Utente non più registrato alle 21:27 del 14 novembre 2012 ha scritto:

Si, beh, insieme ad IQ e Pallas erano i "peggiori" dell'epoca. Anch'io quando uscirono, acquistai sull'onda dell'entusiasmo new prog The Jewel e The window of life, ma li ho poi venduti. Li ho sempre trovati troppo manieristi e freddi.

swansong alle 12:51 del 15 novembre 2012 ha scritto:

Non lo conosco questo, ma è stata una piacevolissima sorpresa Pure del 2008..hanno saputo reinventarsi molto bene! A voler essere cattivi si potrebbe dire che negli 80 copiassero abbastanza bene Camel Yes Genesis e Pink Floyd e adesso invece facciano il verso ai Porcupine così da catalogarli fra i cosidetti gruppi copioni-derivativi..ma chi non lo è (o non lo è mai) stato in effetti? Comunque siccome non sono cattivo dico solo che a me la loro proposta è sempre piaciuta..più degli IQ per dire.. e del periodo precedente apprezzo in particolare Masquerade ed il sottovalutato, ma ispiratissimo Not of this World che chiude la prima loro fase artistica..Believe e soprattutto il citato Pure (che fra l'altro si possono entrambi reperire con facilità in ottimi formati e low cost) invece segnano una piacevolissima ed inaspettata svolta hard rock, su quest'ultimo ancor più accentuata forse per merito dell'ottimo nuovo batterista..io consiglio a tutti gli amanti porcupiniani (vero VDGG?) di dar loro una meritatissima chance. E bravo Stefano che li ha "riesumati"!

Utente non più registrato alle 13:54 del 15 novembre 2012 ha scritto:

Ciao swansong. Una "chance" a questo gruppo, e a molti altri stranieri ed italiani, te lo garantisco, la diedi molti anni fa.

Di quel "periodo storico", a mio parere, nonostante io sia sempre stato un vorace ascoltatore di musica, soprattutto progressive (mio genere preferito in assoluto), rimane ben poco. Marillion e Twelfth Night, su tutti, per rimanere all'estero. Questi due gruppi però, hanno saputo rendere personale una proposta musicale che era sicuramente debitrice dei mostri sacri del prog. In altri casi, molti, troppi, tra questi quelli citati nel precedente msg, questo non avveniva. Troppo presi a tentare di replicare freddamente lo stile dei maestri, finendo spesso per diventare degli onesti scimmiottatori...infatti si parlava, giustamente, di "regressive".

Allora come adesso, ci sono gruppi, praticamente tutti, che si rifanno a qualcuno/qualcosa di ormai trenta/quarant'anni fa, ma c'è qualcuno che lo sa fare con personalità, aggiungendoci qualcosa di proprio, altri assolutamente no...

P.S. cmq questo non lo conosco neanch'io, li ho lasciati perdere molti anni fa...Curiosando nel sito sono incappato in questa recensione, e mi è sembrato molto strano vedere un voto abbastanza alto...considerando anche voti più bassi dati ad altre uscite ben più meritevoli...