Felpa
Paura
"Dedico questo disco a Enrico, per avermi sempre consigliato e nel bene o nel male anche criticato quando lo meritavo, perchè è sempre stato fonte di curiosità e scoperte, perchè un fratello non è solo questione di sangue, perchè ci sarà sempre anche senza esserci e perchè forse un giorno, anche senza di lui, riuscirò a non aver paura"
Per Daniele Carretti indossare la sua Felpa e scrivere canzoni è una specie di terapia. La musica diventa un modo per sfogarsi, per guardarsi dentro durante la notte, quando gli impegni con gli Offlaga Disco Pax possono attendere. E dentro di sè, Felpa prova a esorcizzare la tristezza ("scrivo di cose tristi perchè quando sono felice esco", dice lui citando Luigi Tenco), l'abbandono e la paura.
La "Paura" compare in tutte le tracce di questo secondo disco di Felpa, e la stessa sensazione, sebbene mitigata da un senso di malinconia e dolcezza, si prova ascoltando le chitarre shoegaze di "Inverno", le distorsioni di "Momenti" o le essenzialità post-rock di "Stanotte". E' un disco di chitarre e pensieri notturni questo "Paura", opera di un cantautore che di fatto crea un ponte tra l'approccio melodico italiano di Colapesce e le stratificazioni degli Slowdive, oppure - più in generale - tra la volontà di scrivere canzoni per cantarle ("Paura Mai") e comporre musica per sfogare le proprie competenze di chitarrista ("Sempre Dopo"). Senza paura di esporsi, di avvicinarsi a certe convenzioni dei Mogwai ("Spazio"), di raccontare troppo di sè stesso, di guardarsi troppo dentro e scoprire di avere paura.
O forse con la paura di tutto questo, ma riuscendo - per una volta - a lasciare che la paura non sia sinonimo di paralisi ma di un nuovo inizio. "Ma resterò accanto a te / per quanto mi sarà concesso / e nel buio non avrai / paura mai"
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