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R Recensione

7/10

Galapaghost

Runnin’

Questa è una di quelle storie che possono capitare solo nell’era di internet. Inizia quando Casey Chandler, cantautore americano esordiente, decide di mettere in rete il brano Never Heard Nothin’. La risposta della rete è sorprendente, e in pochissimo tempo il brano raccoglie più di sessantamila ascolti. La sua voce così si diffonde rapidamente e arriva alle orecchie attente di Ruggero Catania, già chitarrista degli Africa Unite e titolare della casa discografica Lady Lovely. Iniziano così i primi contatti via mail, e nasce un rapporto a distanza che porterà il giovane cantautore americano a pubblicare il suo esordio discografico con una etichetta italiana, e sbarcare nel nostro paese per un tour immediatamente successivo all’uscita del disco, all’inizio di gennaio.   

L’esito di questa vicenda è sorprendente, perché vista la qualità di questo Runnin', c’è da stupirsi nel constatare che una piccola indie italiana sia riuscita a strappare a nomi internazionali più importanti una futura promessa della canzone d’autore americana.

I riferimenti musicali di Galapaghost sono abbastanza chiari ed evidenti. Nella title track Runnin’ c’è il meglio del new folk, ma anche Simon and Garfunkel, una voce dolce che si appoggia ad arpeggi di chitarra, una strumentazione acustica e scarna, per un brano che lentamente si apre, per chiudersi in un finale full band (anche se gli strumenti sono tutti suonati solo da lui, che si produce al canto anche alla seconda voce). In Truman sembra quasi di essere al cospetto di un novello Nick Drake, cantata con voce vellutata, accompagnata solo dalla chitarra e un coro, una canzone dolcissima e brevissima. Brani semplici e intensi, come Never Heard Nothin’. in cui si accompagna con il solo ukulele, e si doppia alla seconda voce. In Beauty Of Birds siamo in California anni ’70, una country rock ballad alla Crosby & Nash, solo voce chitarra e tamburello.

Molto bella in Human Unkind la stratificazione delle chitarre e ukulele (sembrano quasi tre, armonica, melodica e ritmica) che da sole reggono un brano davvero toccante. Molto riusciti anche i brani più movimentati, come la allegra e quasi pop Rise & Fall, solo voce e chitarra elettrica fino alla metà del brano, quando si apre con tastiera e  digital synth a riprodurre gli archi, per chiudersi con un crescendo finale con un bel solo di chitarra, o la ritmata Don’t Go & Break My Heart, solo voce e chitarra, più la seconda voce che doppia e sottolinea le frasi più importanti, e una seconda chitarra che pennella e colora il brano con poche note.

Un disco prevalentemente acustico, in cui Casey Chandler scrive testi e musiche, produce, e suona tutti gli strumenti, passando dalle chitarre acustiche ed elettriche all’ukulele, dal basso al glockenspiel, con una voce che accarezza i timpani, un toccasana in questi tempi pieni di rumori assordanti e spesso inutili.

Fosse uscito qualche anno fa, questo disco sarebbe stato inserito nella schiera del neo folk, il cosiddetto New Acoustic Movement. In realtà in questo lavoro ci sono molti spunti e riferimenti diversi e interessanti, non c’è solo il passato, anzi. Galapaghost sembra avere i piedi ben piantati nel presente, un presente fatto di John Grant e Midlake, così come di Elliott Smith e Jeff Buckley.

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Teo 7/10

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