Dead Cat In A Bag
Lost Bags
Disco d’esordio per artisti dal passato recente piuttosto impegnativo, visto che hanno aperto i concerti per colleghi quali Bonnie Prince Billy e Hugo Race, oltre ad avere tra gli ospiti del disco Liam McKahey dei Cousteau. Nati come duo e diventati velocemente un quintetto, i Dead Cat in a Bag si presentano con un disco intenso, ottimamente suonato, e molto vario, in cui i testi e le musiche partecipano alla pari alla riuscita del lavoro. La cifra del disco è infatti la perfetta commistione delle radici della canzone d’autore con la musica rock e folk-blues. Non a caso uno dei riferimenti possibili potrebbe essere Nick Cave, le cui atmosfere emergono in Wasteground of Your Lips, dove la chitarra acustica, la voce sussurrata, e il suono del violino che drammatizza il ritornello, costruiscono un brano davvero avvincente, come in Old Dog, un canto corale, un blues sporco con piano e chitarra, e una base ritmica creata solo con l’hand clapping, e quell’unica frase nel testo: I’m an old dog.
Suoni sporchi emergono in Wither; intro solo voce e chitarra acustica, il brano si trasforma lentamente in un country sporco e deviante, che potrebbe essere uscito dalla penna di Tom Waits. Anche qui, colpisce l’uso di una strumentazione ricchissima, che denota una notevole preparazione musicale, come in A Rose & a Knife, dove archi e chitarre dissonanti si uniscono per una ballata acida e oscura, chiusa dal suono toccante di un violoncello. Altrove dominano i suoni ariosi del Messico, come in No Lust Left, una grande interpretazione alla voce, suoni scarni, tastiere e batteria, e poi la canzone che cresce lentamente, entrano gli altri strumenti, una seconda voce doppia quella di Luca Andriolo, e il solito prezioso violino di Andrea Bertola che colora il ritornello. Brano affascinante, molto poco italiano nei suoni, che nell’uso delle trombe ricorda i migliori Calexico.
Suoni che ritornano in Dawn: chitarra, mandolino, armonica, banjo, per un brano dall’andamento ritmato, country & western di frontiera, con le praterie sullo sfondo, Sergio Leone nel cuore, e nelle orecchie i migliori Calexico e Ennio Morricone, per questo strumentale davvero ottimo, con tromba e violino che entrano nello svolgimento del brano amalgamandosi alla perfezione. E quando questi suoni, di derivazione americana, si uniscono alla musica europea, i Dead Cat in a Bag fanno centro. Succede in The Stow-Away Song (a Sea Shanty), dove batteria, chitarra elettrica e sezione fiati si uniscono a violini vagamente tzigani e fiati quasi da banda di paese, creando un rock meticcio, un suono multiculturale.
Molto riuscite anche le ballate The Gipsy Song, contrappuntata da fisarmonica, mandolino e armonica, lenta, acustica, quasi uno Springsteen epoca Nebraska, I Can’t Row No More, brano che per il pathos ricorda le intense interpretazioni di Leonard Cohen, e Sleeping Fields altro brano acustico e intenso, giocato solo su piano, voce, harmonium e violini. Il risultato di questo lavoro è un insieme di suoni di provenienza diversa, che si amalgamano alla perfezione. La scuola di musicisti quali Cave, Waits e Calexico ripresa in maniera originale e inserita nella nostra tradizione musicale. C’è molta America in questo disco, ma anche molta Europa. Un lavoro che segna anche il ritorno della catanese Viceversa Records: in programma ottime iniziative discografiche, tra cui una collana in vinile che si propone di presentare in versione acustica i nomi più interessanti della canzone d’autore.
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