R Recensione

7/10

Simon & Garfunkel

Bridge Over Troubled Water

L’ultimo album dell’antico duo newyorkese prima della definitiva separazione discografica, a parte le registrazioni di sporadici concerti celebrativi, è completamente dominato da due celeberrime canzoni, poste a quel tempo in apertura delle facciate A e B del disco in vinile.

La prima, che intitola il lavoro, è una superballad intrisa di gospel, condotta inizialmente dal solo pianoforte di Larry Knechtel, ma che si immerge progressivamente in un riverberoso e ciclopico arrangiamento orchestrale: correvano i tempi del cosiddetto wall of sound del produttore Phil Spector e dei suoi seguaci, andava quindi di moda farcire anche le ballate più tenui con bordate sinfoniche ed echi da giudizio universale… Questa elegia all’amicizia ed alla solidarietà nei momenti difficili fu però, ironicamente, la goccia che fece traboccare il vaso e determinò la rottura della coalizione fra i due musicisti: il tiramolla “Cantala tu!”, “No, tu!” fra di loro si era infatti risolto col riluttante Garfunkel a farsi carico dell’interpretazione…

Col risultato che il buon Art deve il suo piccolo, ma imperituro posto nella storia della musica per buona parte a questi suoi cinque minuti di bel canto su di un brano concepito, come sempre d’altronde, dal suo socio. Simon ancora rosica per questo, e spiega: “La gente ci vedeva insieme, lui alto, biondo, magro, bellino e cogli occhi azzurri, io invece scuro, tracagnotto e paffutello, e quasi ci rimaneva male a scoprire che ero io il compositore, il paroliere, il chitarrista ed il cantante principale, e lui solo la seconda voce!”.

Il secondo episodio che dà lustro all’album s’intitola “The Boxer”. L’impianto musicale è in qualche modo simile a “Bridge…”: un inizio sommesso che via via deflagra in una cattedrale di archi e di echi. Qui vi è però l’abile fingerpicking del chitarrista Fred Carter jr. a condurre per mano la cordiale voce di Simon, ben presto doppiata dall’angelico Art. L’infettivo ed ostinato “Lie La Lie” del coro di ritornello, inizialmente vissuto come ripiego dato che non si era riusciti a trovare effettive parole per cantarlo, si rivela invece il punto di forza del brano, ciò che lo rende definitivamente accessibile, nonché distinguibile da qualunque altro pezzo di musica leggera.

Altra canzone di cui parlare specificatamente è “El Condor Pasa”, primo esempio della passione di Simon per le culture musicali “etniche”, una ricerca che negli anni ottanta porterà ad interi e molto incensati suoi lavori solisti. Il tema è in questo caso un traditional andino, vecchio di cent’anni. Simon lo fa eseguire strumentalmente dal gruppo cileno dei Los Incas, sovrapponendo poi un testo e doppiando con la sua voce la bella melodia descritta dai flauti: grandissimo successo ai tempi.

Ancora ritmi esotici per la seguente “Cecilia”, scritta da Simon per… la sua cagnetta di allora! Ma poi il resto dell’album si rifugia, per gran parte, in canzoncine dall’evidente influenza beatlesiana, fra l’altro ricolme di arrangiamenti fiatistici piuttosto aspri ed invasivi. È il caso di “Keep The Customer Satisfied”, di “Baby Driver” e di “Why Don’t you Write Me”.

So Long, Frank Lloyd Wright” onora proprio il celebre architetto statunitense ed è nuovamente cantata da Garfunkel, in contrapposizione alla finale, brevissima e molto bella “Song For The Asking”, puro Paul Simon, chitarra e voce ed un poco di violini. “Bye Bye Love” è invece la brillante cover del disco, un omaggio agli Everly Brothers, gruppo fra gli ispiratori del duo.

Questo disco fu fra gli album più venduti al mondo nel 1971, riuscendo a prevalere commercialmente su tanti altri ottimi dischi, quindi. Sinceramente l’ho sempre trovato piuttosto farcito di riempitivi, troppi per la fama ed il successo effettivamente ad esso legati. Vale la solita regola: meglio un album con due o tre episodi epocali ed il resto a fare minutaggio o quasi, che un lavoro costantemente di ottimo livello ma senza “punte” di assoluta eccellenza. Comunque, storico.

V Voti

Voto degli utenti: 8,3/10 in media su 20 voti.

C Commenti

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benoitbrisefer (ha votato 9 questo disco) alle 23:43 del 10 marzo 2009 ha scritto:

Un po' ingenerosa la votazione. Talvolta la produzione è eccessiva e autoindulgente (Bridge over troubled water), ma quanti brani che lo rendono un disco eccezionale (peraltro come tutti gli altri ciascuno a suo modo): The Boxer è uno degli apici della produzione di S&G con quelle sonorità quasi "elettroniche" in un finale ai limiti della sperimentzione (e sperimentali già lo erano stati in Bookends); e poi che dire di The Only Living Boy in New York meravigliosa ballata di un Jerry (Simon) lasciato solo a N.Y. a causa di una gamba rotta, mentre il fido (ma ormai per poco) Tom (Garfunkel)se ne vola in Messico a fare l'attore; e citiamo pure la brillantezza melodica e ritmica di Cecilia, che nasconde dietro l'esuberante ironia un bel sottofondo di amarezza... Potrei continuare... ma meglio staccare il voto: un bel 9!!

braian-ino (ha votato 9 questo disco) alle 13:25 del 30 gennaio 2016 ha scritto:

quoto in tutto.

REBBY alle 8:37 del 11 marzo 2009 ha scritto:

Bella recensione PierPaolo. D'accordo anche col Don. Forza Juve (ehm scusate).

swansong (ha votato 9 questo disco) alle 14:28 del 11 marzo 2009 ha scritto:

Capolavoro!

La sola "Bridge over Troubled Water" a mio parere vale una carriera...e loro l'hanno cocepita alla fine del sodalizio..incredibile! Se poi penso a quanti Baglioni de noartri si sono abbeverati senza un briciolo di stile a questa gemma, mi cascano le palle! Due artisti straordinari, a mio modo di vedere sottostimati da un certo filone di critica benpensante che ai loro tempi cocepiva la parola folk solo accanto ai nomi altisonanti come quelli di Dylan, Baez, Coen (tanto di cappello, per carità, però!). Quest'album, poi, è il loro bellissimo saluto, il loro miglior saluto possibile! Quando avevo all'incirca 9-10 anni, ascoltavo questo disco e magari chessò, i Pooh di allora (primi anni ottanta, che andavano molto di moda con la loro Buona Fortuna del cazzo!), e...beh..capivo subito da che parte stava la classe!

Mr. Wave (ha votato 9 questo disco) alle 14:52 del 11 marzo 2009 ha scritto:

Bridge Over Troubled Water, discreto? O_O Mah... vabbè, per quanto mi riguarda, esso rappresenta il capolavoro assoluto della discografia di Paul Simon e Art Garfunkel. Sarà che splenda di una certa velatura smaccatamente 'commerciale', e di svariate furbizie e argute destrezze in termini di arrangiamenti, ma aldilà di questo futili dettagli, è difficile non considerarlo tra i più grandi classici della 'popular music'. Veramente pochi album riescono tuttora a ornarsi dell'aggettivo "trascendentale", nell'ascolto delle loro splendide ballate, con tanta facilita' e spontaneità.

REBBY alle 16:08 del 11 marzo 2009 ha scritto:

Bridge over troubled water, The boxer, The sound of silence e Mrs. Robinson; mah, così a memoria non mi viene in mente altro, ... non serve altro di questo duo. Oltre ai nomi "carbonari" citati da

Junio tutto ciò che si suonava a quell'epoca (1966/1970), o quasi, era meglio di ciò che scriveva Paul Simon. Hanno avuto un successo planetario facendo musica leggera americana, ma

per mia fortuna, in quegli stessi anni negli USA

si "creava" e suonava musica ben più eccitante.

Gia nel momento stesso in cui usciva la loro era

musica "da vecchi" (di quaranta anni fa).

Totalblamblam (ha votato 7 questo disco) alle 16:47 del 11 marzo 2009 ha scritto:

adoro il duo ma questo è il più debole della loro quasi perfetta discografia

paul simon come liricista e songwriter è stato un maestro e "secondo" a pochissimi (dylan e cohen sti cazzi)

i loro capolavori sono bookends, sounds of silence, parsley tre dischi che i qui citati fred neil, tim hardin, ma anche tanti altri, non hanno mai eguagliato (secondo me)

simone coacci (ha votato 8 questo disco) alle 17:01 del 11 marzo 2009 ha scritto:

Per me è un ottimo disco. Simon aveva sensibilità lirica e gran gusto per le melodia. Una visione del pop che, a grandi linee, collima con la mia.

REBBY alle 17:37 del 11 marzo 2009 ha scritto:

In quegli anni in cui incise il duo tra i songwriters e affini non c'erano solo Dylan e

Cohen (2 "mostri" convengo con Stock) ma anche

Tim Buckley, Nick Drake, Shawn Phillips, Donovan,

De Andrè, Neil Young, Pearls before swine (Tom Rapp), Buffie St. Marie, Scott Walker, Joni Mitchell, Van Dyke Parks e poi ancora Eric Andersen, Country Joe, Phil Ochs, David Peel, ...

ne dimentico di sicuro (sento Fabio che urla Cash). E non c'erano solo i songwriters ...

minchia era il 1966/1970! Dopodichè è chiaro

che ognuno si gode la musica che gli piace.

REBBY alle 18:14 del 11 marzo 2009 ha scritto:

Gene Clark Gram Parsons

Acc... l'avevo detto che dimenticavo qualcuno ...

Sono sicuro di dimenticarne altri.

Nella discoteca di mio padre i dischi del duo erano in bella mostra insieme a Demis Roussos,

Santo & Johnny, Sergio Endrigo, Fausto Papetti,

... (tutti dischi che vendevano molto all'epoca).

TheManMachine (ha votato 7 questo disco) alle 18:34 del 11 marzo 2009 ha scritto:

Eh eh vuoi vedere che si arriverà alla rissa per un disco di Simon & Garfunkel? Il massimo! Cioè, finché si tratta di Guns 'n Roses, è tutto più comprensibile, ma qui... va be' dai, mi schiero anch'io, visto che son qui, e devo dire che questa volta mi trovo in piena sintonia con l'analisi e il giudizio finale e complessivo di PierPaolo, l'imbarazzo che Simon provava in questo duetto mi è sempre sembrato evidente, fin da quando ascoltatavo queste canzoni negli anni Settanta, belle ma, come dire, prevedibili e fin troppo mansuete, un folk da boy scout. Garfunkel era più la palla al piede di Simon che l'altra metà del duo. Molto più interessante, per me, il Simon solista, "Graceland" è un disco che non è ancora stato messo nella giusta luce, come invece meriterebbe.

Totalblamblam (ha votato 7 questo disco) alle 18:45 del 11 marzo 2009 ha scritto:

man machine ma tu bookends l'hai ascoltato tutto?

io non voglio arrivare a nessuna rissa ma S&G sono la storia della musica popolare e voi potete farci poco

anche dylan è stato fatto in versione boyscout con blowing in the wind e con questo?

sound of silence è davvero prevedibile come song davvero prevedibile che potevi anche scriverla tu

Mr. Wave (ha votato 9 questo disco) alle 18:46 del 11 marzo 2009 ha scritto:

RE: Stokerilla

"ma S&G sono la storia della musica popolare" ...straquoto

REBBY alle 19:37 del 11 marzo 2009 ha scritto:

Scaruffi a me, semmai Bertoncelli (sono

più vecchio)eheh Guarda Stock che comunque io ho

citato Buckley, Drake, ... e i "favolosi anni 66/70. Comunque nessuno vuole imporre ragioni.

Chiaro che sono nella storia della musica popolare

(insieme a musica ben peggiore peraltro), ma a te

piacciono (e anche a Benoit, Swan, Wave, Simone,

mio padre, ...) a me no. E a mio parere mentre

loro facevano le loro canzoncine il mondo della musica (nllo stesso tempo) per fortuna si muoveva anche in modo diverso (e non solo con tizio o con caio). Amici come prima anche se siete fun del duo.

simone coacci (ha votato 8 questo disco) alle 19:38 del 11 marzo 2009 ha scritto:

Ripeto: aldilà dei testi, comunque notevoli nell'ispirazione crepuscolare-intimista e nello storytelling, la cosa meravigliosa, musicalmente, era quella loro capacità di prendere come spunto (o come pretesto) la chimica del folk per filtrarne un estratto melodico pop etereo, aereo onirico e al contempo orecchiabile e contagioso, mai banale. Un talento che li pone a ridosso dei grandissimi del pop. In my very personal opinion.

Mr. Wave (ha votato 9 questo disco) alle 19:44 del 11 marzo 2009 ha scritto:

RE: Simone

"...quella loro capacità di prendere come spunto (o come pretesto) la chimica del folk per filtrarne un estratto melodico pop etereo, aereo onirico e al contempo orecchiabile e contagioso, mai banale. Un talento che li pone a ridosso dei grandissimi del pop..." descrizione del 'sound' di S&G esemplare, dettagliata, minuziosa, ma allo stesso tempo concisa. Esemplare. complimenti Simo

lev alle 20:16 del 11 marzo 2009 ha scritto:

ehilà, qui ha commentato quasi tutta la crema del sito, sarei curioso di sapere cosa ne pensa anche loson. io (che più che crema sono un budino) non è che possa dire gran chè, visto che del duo conosco solo "parsley, sage..." che per me resta un gioiellino inattacabile. chissà magari questo è meglio. beh, naturalmente conosco anche the sounds of silence (la canzone, non il disco).

ozzy(d) alle 23:34 del 11 marzo 2009 ha scritto:

Su ragazzi non litigate, è un gran giorno..l'inter è fuori dalla champions ahah....cmq io Paul Simon l'ho sempre trovato soporifero, poi non ho mai capito cosa facesse garfunkel, sembrava la versione ante litteram del tipo degli 883 ah ah....

Dr.Paul alle 23:46 del 11 marzo 2009 ha scritto:

quante storie per un disco di simon & garfunkel...

Totalblamblam (ha votato 7 questo disco) alle 0:05 del 12 marzo 2009 ha scritto:

RE:

dr paul c'era bisogno di ribadirlo due volte?

ahahaah non ti ci mettere pure tu

parla del disco come dice simone(intervento impeccabile il suo ultimo) altrimenti andiamo OT

se non ti piacciono non dire nulla denkiu

TheManMachine (ha votato 7 questo disco) alle 0:06 del 12 marzo 2009 ha scritto:

Stokerilla be' se avessi saputo scrivere canzoni come Paul Simon a questo punto sarei milionario... Guarda, Simon & Garfunkel io li ascoltavo negli anni Settanta, quando ero un bimbetto e nella musica cercavo emozioni, se la musica che ascoltavo me le trasmetteva queste emozioni, allora ero felice, altrimenti passavo ad altro, oppure, più semplicemente, rimuovevo, trascuravo. Di "Bookends" ricordo che quelli più grandi di me mi raccontavano che il disco era uscito molto sperimentale, perché S&G in quel periodo avevano cominciato a farsi di qualcosa e in questo modo avevano spalancato le loro doors of perception. In realtà, per me cambiò poco, emozioni quasi zero anche da questo disco che ascoltai sì, anche per intero. Quindi diventando più grande non sentii più il desiderio di tornare su qulle fequentazioni musicali. Poi, all'inizio degli anni Ottanta scoprii il synth pop (attraverso Franco Battiato con La Voce del Padrone anche se non era synth pop ma ci aveva parecchio a che fare, Giuni Russo, e poi soprattutto i Depeche Mode, immensi, poi gli Human League, stratosferici, e gli Heaven 17...)e mi parve musica di un altro pianeta, musica che non era stata mai fatta prima, da nessuno, quindi Simon & Garfunkel (sempre importantissimi eh, sempre presenti con i loro album in tutti i negozi di dischi e in tutte le radio con le loro canzoni) con i loro sperimentalismi, le loro droghe e quelle facce e quel look un po' nerd, diciamolo, cominciarono allora a farmi sinceramente un po' di tenerezza. Ma la solidità degli impianti melodici di queste canzoni non mi sognerei mai di metterla in discussione. E nemmeno il songwriting. La prevedibilità di una melodia può essere anche un pregio: facilita la memorizzazione. Ed è anche per questo che una canzone come "Sound of Silence" la cantano in ogni angolo del pianeta, tutti, dal bambino al fornaio all'avvocato. Per il resto, non era mia intenzione stilare graduatorie, non faccio il giochino di stabilire se un artista x è più importante di un artista y e meno d un artista z. Avevo solo cercato di esprimere il mio stupido parere su questo disco recensito.

REBBY alle 0:21 del 12 marzo 2009 ha scritto:

Scusami Swan se non ti ho risposto nel precedente

intervento, lo scrivevo ignaro della tua domanda.

Ti rispondo volentieri ora. Che c'entra Tim Buckley con Paul Simon, poco in effetti. A parte

il fatto che negli stessi anni componevano musica che loro stessi eseguivano, effettivamente i loro "prodotti" erano tra loro distanti "anni luce", come lo erano S&G dai dischi di Drake, Phillips, ... Ma il mio discorso non si limitava ad un confronto tra cantautori o affini . In diretta, cioè mentre le cose avvenivano, Simon e il belloccio avevano utenti (oggi si dice così)

molto diversi rispetto a quelli che ascoltavano

Frank Zappa, Pink Floyd, Bob Dylan, .... o Tim

Buckley o Gene Clark, erano due mondi appunto

come dici tu "distanti anni luce". E gli anni,

per me e in questo caso, non hanno cambiato il mio parere. Comunque tranquilli io e junio ( e

Gulliver) sembriamo in minoranza. (Ma chi sarà

mai quel signore? Io non ho capito.)

ozzy(d) alle 7:51 del 12 marzo 2009 ha scritto:

be' simone, il tuo intervento in teoria si potrebbe copia-incollarenella rece dei guns quando hai definito ( giustamente!) "use your illusion" album "cripto-fascista".....chiaro che quando si parla di album strafamosi a un certo punto si da' per scontata l'analisi musicale ( anche perchè c'è pur sempre una recensione) e magari ci si confronta sul contorno....

loson (ha votato 7 questo disco) alle 19:38 del 19 marzo 2009 ha scritto:

In generale ho trovato i post del buon Simone molto corretti e condivisibili nel modo in cui impostano la questione "Simon & Garfunkel". Mi limito perciò a qualche considerazione di contorno... 1) Paragonare Paul Simon a Fred Neil o Tim Hardin ci può stare, ma teniamo sempre presente che il suo talento si esplica più nel versante pop che in un ipotetico formato folk/jazz di vaga derivazione Greenwich. In questo senso, ho sempre trovato una certa affinità con Tom Rush, per quel suo modo di coniugare intimità del racconto, grazia melodica, creatività negli arrangiamenti... Perchè anche questo è da rilevare: "Bookends" e "Bridge" sono stupendamente arrangiati, vari nelle soluzioni sonore, molto ammiccanti al versante più baroque dei cantautori (Cat Stevens se li ascolterà bene). 2) A livello compositivo Simon era per certi versi anomalo se rapportato al contesto di provenienza. Canzoni come "April Come She Will", "Sound Of Silence" o "Old Friends" guardano più al folk britannico che alla tradizione americana, e nel resto della sua produzione con Garfunkel non c'è traccia del folk-blues nero che resta la base del cantautorato impegnato alla Greenwich Village. Regna anzi una varietà stilistica tipica di un autore squisitamente pop: abbondano richiami alla bossa in stile Astrud Gilberto (basti solo "So Long, Frank Lloyd Wright"), soul, doo-wop, ragtime, etc. E tutto questo senza mai smarrire la grazia del suo songwriting, quella delicatezza complice, la serena padronanza del materiale troppo spesso confusa col mestierato o - peggio - la banalità. E altro che due-tre canzoni buone: il suo repertorio di classici è ben fornito, e conta - restando al materiale inciso con Garfunkel - almeno una ventina di capolavori assoluti, a mio giudizio; 3) Nessuno ha parlato dell'unicità del canto di Paul Simon, del suo fraseggio libero, scattante, agile, eppure saldamente legato al disegno melodico (a differenza di Dylan non usa l'espediente dello spoken word). Chiaro, questo verrà fuori più nella sua carriera solista, ma è un altro punto a suo favore in una ipotetica disamina in cui si valuti esclusivamente l'originalità del "prodotto" 4) "Bridge" è un ottimo disco, ma continuo a preferirgli "Bookends", secondo me il loro apice. "America" dovrebbe essere eletto a pietra miliare del songwriting moderno, struggente analisi del sottotesto "escapista" dei tardi anni '60 con conseguente crisi dei valori condivisi da un'intera generazione. E anche qui occhio a considerarla una canzone semplice, perchè l'armonia (parte discendente, poi si gioca fra tonica e dominante con conseguente cambio di tonalità in prossimità del ritornello) è piuttosto ingegnosa, compresa la piccola sezione posizionata a 2/3 del brano: troppo scissa dal resto per poter essere definita bridge, eccessivamente ristretta per porsi come strofa "anomala"; 5) "Graceland" furbetto ci può stare, ma ricordiamoci che un'operazione di quel tipo gridava creatività da ogni poro, e si poneva in un preciso contesto intellettuale dell'epoca. Chiudo notando che il miglior album del Simon solista non mi piare sia stato citato da nessuno: "The Rhythm Of The Saints", il suo più grande azzardo artistico e crocevia importantissimo nella definizione di uno storytelling "totale" in cui confluiscano vocaboli e stili di ogni parte del mondo. Brani come "Can't Run But" (lo Steve Reich di "Drumming" perso in un rito africano), "Further TO Fly" o "The Cool, Cool River" restano conquiste avanguardistiche paragonabili soltanto a quanto fatto da Gabriel o Sylvian in campi affini. Nessun altro cantautore del periodo - almeno quelli che io conosco, siamo nel 1990 - ha osato fare una cosa simile. Peace, brothers.

Totalblamblam (ha votato 7 questo disco) alle 21:13 del 19 marzo 2009 ha scritto:

RE:

loson santo subito

io preferisco altri lavori solisti di Simon come il bellissimo folk pop di There Goes Rhymin' Simon o l'omonimo Paul Simon fermo restando che Hearts and Bones per me è il suo capolavoro solista: The Late Great Johnny Ace con quella coda finale di Glass è sublime

DonJunio (ha votato 6 questo disco) alle 21:48 del 19 marzo 2009 ha scritto:

Matteo, hai detto benissimo. Simon “ammiccava al versante più baroque dei cantautori”. Per me ( e penso per Rebby) semplicemente non è il versante preferito eh eh...”America” comunque è tra i pezzi migliori del duo, non ci piove.

PierPaolo, autore, alle 9:25 del 20 marzo 2009 ha scritto:

Bel dibattito

Sono lusingato dall'appassionato dibattito che questa rece ha creato. Considero Simon uno dei grandi cantautori d'America (il mio preferito: Randy Newman). Do ragione a Stokerilla su "Heart and Bones",del quale "Johnny Ace" e "Renè and Georgette..." sono da brividi, ad ogni ascolto. Mi compiaccio con Matteo per il suo sottolineare quanto lo "swing" vocale di Simon sia ficcante e raffinato, personale e di classe. Questo rimane nella mia considerazione un disco sopravvalutato, il Simon che preferisco è quello senza Garfunkel, ma pre-etnico, quindi più o meno i suoi anni dal 1973 al 1985.

REBBY alle 10:07 del 20 marzo 2009 ha scritto:

Confermo le parole del Don. Questa non è la mia

musica, anche se rispettabile come tutte (o quasi). War & love (eheh)

Totalblamblam (ha votato 7 questo disco) alle 11:51 del 20 marzo 2009 ha scritto:

scusate ma dove è questo ammiccamento al versante barocco nei dischi di S&G o anche solo di Simon?

dove sono le ampollose orchestrazioni zuccherose tipiche di quel sound? nel complesso della loro discografia non ci sono e infatti non li trovate nei credits dei dischi archi fiati ecc ecc

l'aspetto folk acustico prevale con semplici delicati accompagnamenti di piani elettrici a mo di clavicemablo molto in voga nei sessanta in alcuni brani

e questo è tutto

oppure elencatemi i brani che ammiccano al pop barocco così ci intendiamo che non ci sto a capì più na mazza

Lobo alle 10:15 del 26 marzo 2009 ha scritto:

Che palle sti due. Li ho sempre detestati. Ma lo sapete come si facevano chiamare all'inizio della carriera? Tom & Jerry!!! No dico, Tom & Jerry! Ahahaha. Bella recensione comunque. Bravo.

Lezabeth Scott (ha votato 8 questo disco) alle 12:13 del 26 marzo 2009 ha scritto:

Vero di "barocco", in senso stretto, hanno proprio poco, a parte qualche intrico vocale, ma anche lì molto lineare, pennellato, soffice.

Musicalmente mi sembrano decisamente frugali.

loson (ha votato 7 questo disco) alle 21:34 del 26 marzo 2009 ha scritto:

RE:

Lezabeth, Stoke, etc. "Bookends" è la quintessenza del cantautorato barocco, da "Old Friends" e il suo quartetto d'archi vagamente romantico, dalle soffuse orchestrazioni sparse un pò per tuto il disco, dalla concezione delle melodie, dall'imprinting favolistico di una "Faking It" che sarebbe da santificare e poi non ho tempo per continuare...

Totalblamblam (ha votato 7 questo disco) alle 13:16 del 27 marzo 2009 ha scritto:

RE: RE:

loson devo riascoltarlo allora non me lo ricordo più!!! se ne parla a natale non ce l'ho sotto mano

se dici addirittura la quintessenza del cantautorato barocco devo riascoltarlo e ripensarci che magari hai ragione, magari no visto che tu ne mastichi tanto di quel genere e ti rintrona forse troppo nelle cervella ahahhaha

mah per me pop barocco ( se è questo che intendi per cantautorato barocco) è bacharach quel sound lì per capirci

un quartetto o le soffuse orchestrazioni sono anche tipiche del folk barocco, quindi per stringere potrei dire bookends quintessenza del cantaurato folk barocco ( mi rosica inserire S&G tra i culi di pippo franco)

loson (ha votato 7 questo disco) alle 16:58 del 27 marzo 2009 ha scritto:

RE: RE: RE:

eheheh, ma lascia stare i culi di Pippo Franco valà... Beh, diciamo che quintessenza è forse esagerato, hai ragione, ma senza dubbio "Bookends" ha molto di quel folk-pop barocco che dici tu. Ripeto: prendi Tom Rush e poi raffrontali, secondo me trovi interessanti punti di contatto. Pop barocco è tanto Bacharach quanto gli Zombies o i Left Banke, almeno per me. Cantautorato barocco è invece qualcosa che conserva una matrice di derivazione folk o crooner al suo interno (Scott Walker, Judie Sill, il Nick Drake di "Five Leaves Left" e "Bryter Layter", qualcosa di Cat Stevens, roba così), e in mezzo ci metto anche il "Bookends" della nostra cara coppietta. Vabbè dai, ne riparliamo a Natale quando te lo riascolti...;D

ozzy(d) alle 13:00 del 26 marzo 2009 ha scritto:

se non e' barocca "bridge over troubled water"...sembra di ascoltare baglioni LOL...lo stesso recensore ha elegantemente tirato in ballo phil spector, un modo come un altro per dire che il pezzo fa schifo eheheh....

ozzy(d) alle 13:03 del 26 marzo 2009 ha scritto:

o meglio, il phil spector di quel periodo, lo stesso che rovino' let it be....non certo il phil spector di qualche anno prima.

Totalblamblam (ha votato 7 questo disco) alle 18:27 del 26 marzo 2009 ha scritto:

RE:

beh gulliver un pezzo o pochi non inficia(no) tutto il resto dai...spector si ha rovinato alcune cose ma altre le ha sublimate in arte come il primo solista di lennon (dicembre 1970 quindi poco prima che uscisse bridge) per non dire che anche imagine resta sempre un gran bel disco:

nel complesso della loro produzione di barocco S&G hanno pochissimo

che se in questo lp abbiamo l'enfatica bridge poi c'è anche el condor pasa siamo agli antipodi

cerchiamo di restare equilibrati e con quello che dice la critica terrestre che quella extraterrestre ancora non è approdata on planet earth

simone coacci (ha votato 8 questo disco) alle 17:44 del 27 marzo 2009 ha scritto:

Mi so' perso... che è 'sta storia del culo di Pippo Franco (deh ih ih oh...rabbrividisco)?

loson (ha votato 7 questo disco) alle 19:09 del 27 marzo 2009 ha scritto:

RE:

Eheheh, è una fissa di stoke, non chiedermi perchè...

Totalblamblam (ha votato 7 questo disco) alle 11:52 del 28 marzo 2009 ha scritto:

RE: RE:

più che altro era una battuta del pluribannato mitico lassigue sul pop barocco associato, non so perché, al culo di pippo franco e forse anche a quello di telegram (LOL)

purtroppo non la trovo ma era da schiattarsi

loson su youtube c'è una versione intima di old friend che non fa culo barocco

ascoltala

simone coacci (ha votato 8 questo disco) alle 12:26 del 28 marzo 2009 ha scritto:

RE: RE: RE:

ihihihih a dir poco visionaria come metafora, ma adesso che ho capito in quali basse regioni della fantasia umana è stata concepita, non mi stupisco più di niente. Mi pareva di averla già sentita da qualche altra parte, in effetti. Onore a Lassigue. ihihihih Il culo di Pippo Franco, dio bono...

ozzy(d) alle 14:42 del 28 marzo 2009 ha scritto:

be il commento piu' carino e' quello di benoit..."Jerry (Simon) lasciato solo a N.Y. a causa di una gamba rotta, mentre il fido (ma ormai per poco) Tom (Garfunkel)se ne vola in Messico a fare l'attore; "...azz, che tormenti indicibili dell'anima, che profondita'! A meno che tra i due non ci fosse del tenero...ghghghgh

benoitbrisefer (ha votato 9 questo disco) alle 10:46 del 29 marzo 2009 ha scritto:

Se ci fosse del tenero non so... tutto è possibile, si sa che gli artisti amano una vita sessuale sregolata!! Certo che molto più normalmente Simon era geloso del fatto il bello, biondo, ariano e un po' "puzza sotto il naso" Art facesse la star senza invece fare un c**** musicalmente parlando. Ache a me sarebbero girati vorticosamente gli attributi....

dalvans (ha votato 8 questo disco) alle 15:48 del 23 settembre 2011 ha scritto:

Buono

Buon disco

lauramariotti alle 15:41 del 30 aprile 2012 ha scritto:

Un disco semplice quanto bello. Questa si che dovrebbe essere la musica di tutti...un saluto

Mattia Linea (ha votato 9 questo disco) alle 12:27 del 14 agosto 2014 ha scritto:

Delicato. Coinvolgente. Cullante. Da ascoltare in macchina lungo le strade di montagna, lasciandosi cullare dalla voce dei due menestrelli. Emozionante. Prova del fatto che non servono musicisti incredibili o virtuosismi per creare qualcosa di eterno.

Utente non più registrat (ha votato 6 questo disco) alle 21:58 del 14 ottobre 2020 ha scritto:

The Boxer canzone della vita, anche vista la mia grande passione, ma il resto è spesso inascoltabile. Simon fa la magia di cui è capace in Bridge (va bè cantata dal socio ok lo so) e soprattutto in The Only Living Boy. È ahimè un esempio di come alcune idee eccellenti siano annegate in un mucchio di canzoncine di merda. Un gran peccato.

Giuseppe Ienopoli alle 13:45 del 8 gennaio 2022 ha scritto:

Come non sottoscrivere almeno le ultime due parole di questa recensione ... togliendo la prima con la virgola e lasciando la seconda con il punto fermo!