R Recensione

7/10

Son Volt

The Search

Se qualcuno entrasse in un negozio di dischi e dovesse sentir girare un qualsiasi brano di The Search non avrebbe dubbi: penserebbe di stare ascoltando un pezzo dei R.e.m., vuoi per una miscela sonora vicina a quella proposta dalla band di Athens, vuoi per il timbro vocale di Jay Farrar, praticamente identico a quello di Michael Stipe. In realtà la discendenza dei Son Volt è un’altra: nipotini degli Uncle Tupelo (da cui provengono lo stesso Farrar e il batterista Mike Heidorn) e cugini neanche troppo alla lontano dei Wilco di Jeff Tweedy.

E in effetti si sente fortissima la matrice country-rock dello storico gruppo di St.Louis, con tutte le sue contaminazioni pop e folk. E si sente che è musica americana. USA fino al midollo. Infatti prima citavamo i R.e.m., ma potremmo tranquillamente tirare in ballo anche Neil Young e i Black Crowes. Non per niente a rimanerti in testa alla fine dell’ascolto sono quelle ballatone strappalacrime come Methamphetamine, Phosphate Skin e Underground Dream, pezzi malinconici e introspettivi che scavano un fossato tra il cuore e la realtà rumorosa di ogni giorno. Sono questi brani l’essenza pura del disco. L’ingresso di Derry Deborja alle tastiere si fa notare proprio nella sua capacità di aggiungere pathos ad un ottimo pop d’autore.

Così brani come L Train godono di un suono più corposo e intenso, mentre altri, come Slow Hearse e Adrenaline And Heresy poggiano su una struttura scarna di poche note con risultati decisamente più che accettabili. Canzoni che puzzano di già sentito lontano un miglio, su questo non c’è dubbio, ma a questo punto pare chiaro che The Search non è album originale né innovativo. È solo una raccolta di antiche canzoni nostalgiche invecchiate molto bene. L’unico difetto è che sono state fatte nel 2007 e non trent’anni prima. Non è una cosa da poco ma su cui si può passare sopra.

Che poi, come si fa a non rimanere indifferenti a romanticherie emozionanti come il duetto di Highway And Cigarettes?

E pazienza se poi ci sono pezzi riempitivi banali come The Picture, Automatic Society e The search che scivolano via senza lasciare altra impressione, se non quella di un evidente calo di creatività.

Satellite mostra che il gruppo ha voglia di lasciare in giro qualche spina pungente e quando si ascoltano i vagiti primordiali della chitarra acida molto Neil Young di Circadian Rhythm non si può fare a menodi godere di questo breve excursus psichedelico, pronti a questo punto a perdonare a Farrar di aver rovinato la graffiante Action con un ritornello vocale a dir poco orribile.

The Search è un buon disco. Niente di eccezionale, per carità, ma un ascolto decisamente godibile che traspare sincerità e risulta ideale per un pomeriggio di primavera.

Ascoltando Beacon Soul, però, nonostante tutto nella mente continua a ronzare la stessa domanda: ma siamo sicuri che non ci abbiano passato un outtake dei R.e.m.?

V Voti

Voto degli utenti: 7/10 in media su 1 voto.
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