Dolorean
You Cant Win
I Dolorean vengono da Silverton, Oregon, ma sono ormai da anni parte integrante della scena colta e letterata di Portland. Quella, per capirsi, che ha come fiori all’occhiello gli ormai celebri Decemberists. Vicini geograficamente, i Dolorean distano però musicalmente anni luce dal gruppo di Colin Meloy: il loro è un rock melanconico e docile, dalle forti venature folk e country, sui solchi dell’Americana già battuta da tanti country rockers alternativi e cantautori, avvicendatisi negli anni a raccontare storie di sconfitte e di rassegnazione.
Una rassegnazione che traspare fin dal titolo, quel You Can’t Win ripetuto come un mantra nell’omonima traccia iniziale del disco e che avvolge col suo alone impalpabile l’intero disco, a rallentarne e strascicarne il passo, incrinarne la voce, rivestirne l’anima con colori seppia. Soffia una malinconia agrodolce, uno spleen crepuscolare, qua dentro, che riesce a far brillare, paradossalmente, un disco che pure, musicalmente, non fa altro che seguire la tradizione dei grandi cantori del rock dall’aroma country: Neil Young, la Band, i R.e.m. più soffusi, le mille stelle e stelline dello slowcore.
E pure, probabilmente, ci sorprenderemo spesso a scaldarci con il dolce incedere del piano di Winter Wrens o con le spazzole che accarezzano delicatamente Buffalo Gal, ad abbeverarci presso il country dall’animo gospel di What One Bottle Can Do e di 33559 North, a passeggiare in punta di piedi insieme al gruppo sulle scarne e dolci note di My Still Life, quando i nomi caldi della stagione, finiti i saldi delle riviste di settore, saranno dimenticati in soffitta ad impolverarsi e sentiremo il bisogno di qualcosa che suoni caldo e vero, nel suo procedere etereo e corrucciato lungo le cicatrici profonde scavate, lungo il suo passaggio, dal tempo.
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