Madame Lingerie
D'amore, Soldi e Vendetta
I Madame Lingerie sono un trio romano formato da Alessandro Di Luca (voce, chitarre, batteria), Luciana Luccini (basso) e Luca Cartolano (chitarre) e, come si suol dire in termini non propriamente aristocratici, spaccano i culi come pochi altri gruppi rock italiani.
Esagero, ma è vero che in realtà l'interesse che suscitano sta in una serie di brani sfolgoranti e nell'idea in sé molto semplice ma efficace di unire la potenza del Teatro degli Orrori a certe tecniche e sonorità tipiche dei primi Interpol. Il tutto miscelato con la necessaria varietà ovviamente, così da rimanere abbagliati dall'opener Più niente, notevole sia per ritmo, caparbietà e dimensione massiccia, che per testualità nichilista e disfattista, evidente conseguenza di una tragica delusione d'amore:
“non conta più niente, non conta l'amore,
non conta più quello che pensa la gente
non resta più niente di quello che un tempo provavo per te
Non contano i giorni, non contano i mesi, non contano gli anni
e tu non sai quanti
non contano i pesi che portano il cuore fino ad esplodere
Non conta più niente per me”
Il tema sentimentale-amoroso, espresso con un livello di potenza lirica unita a rabbia musicale che rievoca la Sfortuna dei Fine Before You Came, risuona in molti brani, tra cui la successiva D'amore, soldi e vendetta:
“Quando ti trovo ti strappo di capelli, ti privo della facoltà
di pavoneggiarti di fronte agli altri [...]
Quello che ti farò non è niente paragonato al male che fa
essermi fidato di te, delle tue parole e dei modi gentili
Non siamo pari, non siamo pari, no!”
Il tutto espresso stavolta sullo sfondo di un bel giro wave di basso sincopato, e di una chitarra che si lascia andare ad acidità noise varie, offrendo qua e là perfino sprazzi di punk-funk “noir” (sprazzi che risuonano anche nella meno brillante 16:15).
C'è spazio però anche per un brano decisamente di protesta (Ponciarello), anche se le invettive vengono lanciate in maniera ironico-indiretta:
“Mi fido dell'industria farmaceutica che si prende
cura di noi con tanto amore
mi fido della tv e guardo con sospetto i libri”.
La relazione sentimentale viene calata in un ambiente ostile e cupo, da cui si vuole scappare per andare in un mondo “dove il cielo è senza scie” e dove non “ci tengono impegnati con preoccupazioni, il fine mese, la famiglia e cento esigenze nuove”, dove si possa “imparare a guardare i soldi con la giusta dose di superficialità”. Si torna per l'occasione ad noise-rock sferragliante di ottima fattura alla Teatro degli Orrori. A chiudere il sorprendente inizio di disco è Hollywood, tentativo più malinconico in cui si gioca molto su un intreccio di chitarre alla Interpol.
E' soprattutto il gruppo newyorkese che riecheggia spesso nei successivi brani, ora alternati a melodie indie-pop (La cartomante, Disco inverno), ora ad un profondo e placido malessere esistenziale (E/R/R/E).
Non mancano però episodi variegati ed interessanti come lo strumentale Il centro commerciale di notte (degno di stare in un disco dei Calibro 35), l'irruenza un po' frenetica di Titanioc, e la ricerca espressiva di un clima più rilassato e morbido, ora nello stile degli Afterhours più introspettivi (“Avrei distrutto solo il mondo solo per avere un tuo sorriso / Avrei tirato giù il pianeta solo per te” da Non avrò paura), ora calandosi in un ambiente più tetro e fragile grazie al prezioso supporto di Leonardo Li Vecchi (viola e violino; uno dei molti ospiti del disco) in Prima o poi, che si apre con due versi ambigui e di duplice interpretazione:
“Resisteremo per secoli come alberi
prima o poi ci butterai giù, ma anche no”
Complessivamente però si deve registrare un certo calo nella seconda parte del disco, che non riesce a ripetere i fasti della prima metà. Un peccato che però non cancella la sensazione di poter aggiungere nel listone dei grandi gruppi alt-rock italiani un nome che per il futuro merita di essere tenuto in stretta considerazione.
Tweet