V Video

R Recensione

6,5/10

Il Babau & I Maledetti Cretini

Fonodramma I - La Maschera Della Morte Rossa

La prima volta che lessi “The Masque Of The Red Death” è stato molto, molto tempo fa. Anni. Ne rimasi terrorizzato. E non perché vi sia quasi la necessità morale di doversi impaurire, sotto i colpi delle parole del re delle short stories horror, tutt’altro. Si arriva alla fine del racconto – strutturalmente secco, privo di grossi preamboli, una sciabolata in pieno volto – con un senso di impotenza interiore, con la consapevolezza che non sarebbe potuto finire in altro modo che non fosse quello descritto. Ecco, la grandezza di Poe, aldilà degli indubbi meriti iconografici e fantastici senso strictu, sta nella perfetta compiutezza della sua scrittura, anglosassone e lateralmente germanica nel suo arrivare dritto al gist, nell’esplicazione definitiva di un punto di vista che diventa l’unico punto di vista, nella quadratura infallibile di un cerchio misterico che si esplica nell’aldilà, pur rimanendo ben fisso nell’aldiqua.

Breve ed essenziale, come il testo che accompagnano, è il fonodramma imbastito da Il Babau & I Maledetti Cretini, monicker dietro cui si nasconde un power trio attivo, da un decennio o poco più, in area meneghina. “La Maschera Della Morte Rossa” si propone di essere il primo atto di un’annunciata trilogia di musicazioni (la “Trilogia del Mistero e del Terrore”) che, immaginiamo, si sposi perfettamente con l’estetica ostinatamente portata avanti dal gruppo. Franz Casanova è la voce portante – e teatrale – attraverso la quale si snoda un serrato, tetro reading ben spalleggiato da una controparte musicale ascendente gotica, barocca altrove, certamente scura e fosca. Alle chitarre, Damiano Casanova rivela una formazione artistica quasi demodé, nel suo pronunciarsi senza paura in progressioni (è il caso di dirlo) che dai Goblin “originali” – quelli non argentiani, ma di episodi meno conosciuti come “Il Fantastico Viaggio Del Bagarozzo Mark”, per capirci – derivano la posizione armonica e dalla scena goth anni ’70 (Antonius Rex, Jacula) la decadente prestanza scenica. “Danza Macabra” è quindi il rincorrersi del Dies Irae sfregiato dal fuzz, come i Jethro Tull assaliti dai vampiri, mentre “Il Ballo Mascherato” imbastisce una sequenza di arpeggi à la chanson medievale di grande pulizia sonora, e la “Dissoluzione Finale” si snoda attraverso strati di flanger e riverberi, in un indefinito noise ambientale in sfumare che accompagna anche i toni rochi di Casanova in “La Pestilenza” e “La Morte Rossa”. L’elemento parlato prende il sopravvento su quello musicale solo nella centrale “Dodici I Rintocchi”, snodo fondamentale e del racconto e del fonodramma: un accumulo di tensione chiaramente percepibile che, tuttavia, non arriva mai al suo culmine di rottura.

Il disco – registrato a Cantù e Inzago tra il dicembre 2009 e il luglio 2010 – esce accompagnato da un ricco e curato apparato illustrativo, con artwork ed impaginazione a cura di Siro Garrone. Tutto così antiquato, tutto così amabile.

V Voti

Nessuno ha ancora votato questo disco. Fallo tu per primo!

C Commenti

Non c'è ancora nessun commento. Scrivi tu il primo!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.